"McCain non ha mai parlato della mia fede musulmana": la frase di Obama che fa discutere negli Stati Uniti la cronaca di Maurizio Molinari
Testata: La Stampa Data: 09 settembre 2008 Pagina: 12 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «Obama in confusione Sono musulmano»
Da La STAMPA del 9 settembre 2008:
Barack Obama ha paura di perdere e reagisce correggendo la rotta su tasse, aborto e calendario elettorale, ma l’eccesso di autocritica lo fa scivolare sulla fede musulmana. La gaffe è andata in onda sugli schermi dell’Abc quando l’intervistatore George Stephanopoulos, ex portavoce di Bill Clinton, gli ha ricordato che McCain «non ha mai suggerito che lei ha legami con l’Islam». La risposta di Barack è stata: «Lei ha ragione, McCain non ha mai parlato della mia fede musulmana». A quel punto Stephanopoulos lo ha interrotto precisando «vorrà dire la sua fede cristiana...». E Obama di rimando: «La mia fede cristiana». Ma oramai il danno era fatto. L’immagine di Obama che dice in tv, anche solo per errore, «la mia fede musulmana» significa avvalorare le voci e i veleni in materia contenuti nel libro «Obama Nation» di Jerome Corsi, secondo cui durante la gioventù passata in Indonesia il piccolo Obama frequentava con il padre acquisito le sale di preghiera islamiche a Giakarta. Il passo falso di Barack tradisce il nervosismo del candidato democratico alle prese con un settembre terribile: se dopo la Convention di Denver era avanti di 4 punti, ora UsaToday-Gallup assegna al repubblicano 10 lunghezze in più fra gli elettori sicuri, per Cnn e Rasmussen c’è parità totale e la media dei più recenti sondaggi, calcolata da RealClearPolitics, assegna a McCain un vantaggio di 3,2 punti. Dalla conclusione delle primarie, in giugno, è la prima volta che Obama si trova a rincorrere McCain, e nel tentativo di recuperare terreno si affida a rischiose inversioni di rotta. La prima riguarda l’aborto. Se durante l’intervista nella chiesa di Saddleback, in California, aveva evitato di rispondere alla domanda su «quando inizia la vita» (mentre McCain aveva detto «al momento del concepimento») affermando che «dirlo è sopra le mie possibilità», ora precisa che «come cristiano ho grande umiltà nel pronunciarmi sulle questioni che concernono l’anima». L’intenzione è di parlare a quell’elettorato religioso indeciso tentato dal voto per Sarah Palin, vice di McCain e antiabortista convinta. L’altra marcia indietro è sulle tasse. Se fino a questo momento Obama aveva sostenuto con vigore la necessità di abolire i tagli fiscali ai super-ricchi approvati dall’amministrazione Bush, ora fa capire che ci sta ripensando: «Dobbiamo tenere conto delle condizioni dell’economia, se dovessimo trovarci in recessione l’aumento delle tasse per chi guadagna oltre 250 mila dollari l’anno potrebbe essere rimandato a una fase di minore fragilità». La correzione di rotta non mira tanto ad accattivarsi i super-ricchi quanto i titolari delle piccole e medie imprese che, secondo il piano-Obama, fatturando oltre 250 mila dollari dovrebbero anche loro versare maggiori contributi. Oltre a correggere i contenuti, la campagna di Obama rimette mano anche al calendario dei comizi. L’impatto delle folle che circondano McCain e Palin in Wisconsin e i sondaggi in Pennsylvania fanno temere uno sfondamento negli Stati di fede democratica e, poiché fra questi il più a rischio è il Michigan, Obama accelera i tempi e vi sbarca in anticipo sui rivali. «Quanto stiamo vedendo si spiega con il fatto che la Convention repubblicana è andata meglio del previsto grazie al fattore Palin - riassume Larry Sabato, politologo dell’Università della Virginia -, ma le difficoltà di Obama potrebbero essere temporanee».
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