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Avvenire Rassegna Stampa
09.09.2008 Passaporti non solo ai nazisti, ma anche a degli ebrei
dal Vaticano di Pio XII

Testata: Avvenire
Data: 09 settembre 2008
Pagina: 31
Autore: Lorenzo Fazzini
Titolo: «Pio XII aiutò gli ebrei a fuggire in America»
 AVVENIRE del 9 settembre 2008 pubblica un articolo in difesa di Pio XII. Nessuno nega la veridivcità degli aiuti di PIo XII agli ebrei, ricordati dal quotidiano cattolico.
Giova ricordare però, che il Vaticano aiutò anche i criminali nazisti, fatti fuggire verso rifugi sicuri da Roma e da Genova. Una pagina di storia che testimonia del perdurare dell'ambiguità dei vertici della Chiesa cattolica verso il nazismo, già manifestatasi con i "silenzi" sullo sterminio, altro fatto storico troppo facilmente ignorato dagli apolegeti di Papa Pacelli.

Ecco il testo:


Una rete intercontinentale di collegamento tra diverse nunziature vaticane per « mettere in salvo – su diretto ordine di Pio XII – il maggior numero di ebrei possibile » . Che, una volta arrivati in Centroamerica, prendevano la strada del Messico e quindi degli Stati Uniti, il « sogno proibito » dei fuggiaschi dalla persecuzione hitleriana. Monsignor Giovanni Ferrofino oggi ha 96 anni, vive a Maussane Les Alpilles, in Provenza, ospite di una famiglia di amici. Nonostante l’età avanzata ricorda ancora molto bene, e dettagliatamente, tutti gli sforzi che la Santa Sede operò – durante la Seconda guerra mondiale – per portare in salvo gli ebrei perseguitati dal regime nazista. Ferrofino ha terminato la sua esperienza al servizio della diplomazia vaticana nel 1970 come nunzio apostolico in Ecuador; è stato amico di monsignor Helder Camara, il « vescovo dei poveri » di Recife: « Fu lui ad accogliermi, il 26 dicembre 1950, quando arrivai in nave in Brasile come addetto di nunziatura » . Questo arcivescovo in pensione, nato nel 1912 ad Alessandria, ricorda come Pio XII « diede indicazioni molto precise per salvare gli ebrei. Avevamo l’ordine dal Vaticano di salvarli in tutte le maniere possibili. Ogni rappresentante vaticano nel mondo aveva ricevuto questa comunicazione: l’ordine era generale per ogni luogo, poi si lasciava a ciascuno la facoltà di decidere come operare a seconda delle situazioni particolari » .
  Monsignor Ferrofino partecipò in prima persona alle operazioni del nunzio in Haiti e nella Repubblica Dominicana, monsignor Maurilio Silvani ( deceduto nel 1946), per ottenere visti di ingresso per gli esuli fuggiaschi dall’Europa. « La città di Santo Domingo era sulla strada di Cuba – racconta al telefono Ferrofino –, al tempo uno dei Paesi dove gli ebrei volevano andare. Il generale Trujillo ( a quel tempo presidente delle Repubblica Dominicana) concedeva la possibilità di questi visti di ingresso solo al nunzio in
persona su richiesta del Papa.
  Alcune navi portavano poi gli ebrei a Cuba, quindi in Messico: tutti avevano il desiderio di arrivare in Messico perché da lì, visti i duemila chilometri di frontiera con gli Stati Uniti, in qualche modo sarebbero entrati – anche illegalmente – in America, dove a quel tempo non erano accettati » .
  Una proibizione, quella degli Stati Uniti, che fece più volte perdere la pazienza a Pio XII. Lo testimonia in prima persona
Ferrofino medesimo in un’intervista alla
 Pave the Way Foundation,
ente culturale e interreligioso di New York, presieduto dall’ebreo Gary L. Krupp, che a breve terrà a Roma un convegno storico dedicato agli sforzi di Papa Pacelli per salvare gli ebrei durante l’era buia dell’Olocausto. « In un’udienza privata il Papa, che era un uomo misurato, ad un certo punto mi batté così la mano e mi disse: ' Ma non capiscono gli Stati Uniti che bisogna salvare il più possibile di ebrei?' » . In quell’intervista monsignor Ferrofino rievoca anche il suo viaggio dal Portogallo a Santo Domingo sulla « Serpa Pinto » , una nave dell’ex impero austro­chiedevano ungarico carica di ebrei esuli: « Eravamo 7 cattolici e 800 ebrei: io mi ero imbarcato come cappellano. A Lisbona c’erano 10- 12 mila ebrei che cercavano di scappare » . E il Vaticano fece la sua parte: « C’era tutta una trafila precisa: dal Vaticano partiva l’indicazione di aiuto, poi in nunziatura ad Haiti si i visti per gli ebrei in Portogallo, che partivano da Lisbona grazie all’interessamento del rappresentante vaticano locale.
  Quindi, quando arrivavano a Port- au- Prince, alcuni restavano nella Repubblica Dominicana, alcuni ( pochi) ad Haiti, i più andavano a Cuba, dove si interessava della cosa anche il nunzio locale, che era di Malta, e poi in Messico o in Florida.
  Noi della nunziatura di Santo Domingo chiedevamo ai cattolici e alle parrocchie del posto di aiutare questi fuggiaschi. Diversi di loro sono venuti a ringraziarci di quanto facemmo per loro: tutti gli ebrei sapevano che ad aiutarli era il Vaticano su indicazione di Pio XII. Era un traffico enorme di persone! » . Ma tutto questo era illegale, si fa notare all’anziano monsignore. Che non trattiene un sorriso: « Beh, a quel tempo il Centroamerica era terra di immigrazione! Gli ebrei avevano anche gruppi organizzati che aiutavano nell’accoglienza: alcuni restavano lì per lavorare, visto che parlavano il francese.
  Uno dei migliori fotografi ebrei si è fermato a lavorare a Santo Domingo; la festa per il centenario dell’indipendenza della Repubblica Dominicana nel 1944 venne organizzata per lo più da ebrei » . Ferrofino aggiunge: « L’ordine di Pio XII arrivò all’inizio della guerra, nel 1939, e bastò per sempre, una volta per tutte. Appena gli ebrei iniziarono a scappare dalla persecuzione nazista, egli diede l’indicazione di salvarne il maggior numero possibile. Tutti i visti richiesti al generale Trujillo li ho segnati nei registri della nunziatura nella Repubblica Dominicana: non so se sono ancora là, quelle carte… » . Come si presentavano i messaggi dal Vaticano su questi temi? « Attraverso messaggi cifrati, con un alfabeto numerico che
faceva da codice. Ero io a decifrarli: le spie non potevano scoprirli perché pensavano che, venendo dal Vaticano, fossero scritti in italiano. E invece non era così » . A chiedergli cosa pensi della diceria che vede in Papa Pacelli un « amico di Hitler » , monsignor Ferrofino non trattiene lo sdegno: « Assurdo, per un semplice fatto: un Papa non poteva fare qualcosa contro gli ebrei. Si è dato da fare nei loro confronti chiedendo sempre di salvarne il maggior numero possibile » .

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