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Non credo sia il caso di "mascherare" l'insegnamento della religione cattolica con l'educazione civica 08/09/2008

Sono sempre stata d’accordo nel parlare di radici ebraico-cristiane per quanto riguarda l’Europa, ma ieri ho avuto un sussulto leggendo un articolo a firma di Andrea Sartori, sul sito di Magdi Allam (www.magdiallam.it), che addirittura parlava di “religione giudaico-cristiana” citando poi soltanto episodi legati al cattolicesimo e più direttamente ai papi o a monarchi cattolici tra l'altro ferocemente antisemiti, come se l'ebraismo fosse stato interamente assorbito all'interno del cattolicesimo, come se nel 1492 - episodio citato per dimostrare la contrapposizione tra la cristianità e l'islam - dalla Spagna, insieme ai musulmani, non fossero stati cacciati anche tutti gli ebrei.

Non dimentichiamoci – se vogliamo essere fedeli alla Storia, con la S maiuscola, come ci chiede lo stesso Sartori – che nella teologia cattolica gli ebrei fino a non troppo tempo fa erano gli uccisori di Cristo! E che già nella Didachè, uno dei testi più antichi della fede cristiana risalente al I secolo d.C., gli ebrei erano definiti “ipocriti”. Situazione, questa, che col passare dei secoli non fece che peggiorare, come dimostrano le leggi antigiudaiche di Teodosio o le prediche di Giovanni Crisostomo, per non parlare delle persecuzioni medioevali basate su accuse come l’omicidio rituale o l’avvelenamento dei pozzi.

Credo che la stessa espressione "giudaico-cristiana" che pure io talvolta ho adoperato meriterebbe una seria riflessione. Ma se parliamo di radici “giudaico-cristiane” comuni solo per avere la scusa di OBBLIGARE tutti i bambini, come vuole fare l’assessore Elena Donazzan di AN, a seguire l’insegnamento della RELIGIONE CATTOLICA a scuola, allora io non ci sto. Non voglio che mio figlio, né che i figli di altre madri non cattoliche (ebree, valdesi, testimoni di geova, islamiche,...) diventino, come Edgardo Mortara, prigionieri di Papa Re. Non voglio che mio figlio, né che i figli di altre madri..., vengano indottrinati a quella che altri ritengono la “vera” fede, quale che essa sia. Non voglio che mio figlio, né che i figli di altre madri..., si sentano diversi, vengano derisi perché non cattolici, perchè non fanno la comunione o la cresima, perchè il 25 dicembre non arriva Gesù Bambino a portar loro i doni sotto l'albero.

Nella scuola pubblica non si dovrebbe, a mio parere, insegnare alcun particolare credo, ma se proprio lo si vuole fare – in onore della maggioranza – almeno si lasci la libertà di dire di no e non si faccia come pare voglia fare la regione Veneto la quale, per bocca dell’assessore dice: “Io vorrei che l'ora di religione cristiana cattolica diventasse obbligatoria all'interno dell'orario dedicato all'educazione civica italiana.”

Personalmente non mi sento "disturbata" dal crocifisso appeso nell'aula, né dall'albero di Natale o dal presepe. Come non mi disturba un bambino con la kippà o una ragazzina con il velo (purchè non integrale). Mi disturba e molto, come cittadina italiana, che si voglia imporre i valori di "una" determinata religione mascherandoli all'interno dell'insegnamento dell'educazione civica, che nulla ha o dovrebbe avere a che fare con la fede. E mi disturba che lo si voglia fare in nome delle radici "ebraico-cristiane".

In realtà, quanto a radici, la storia degli ebrei “italiani” è incominciata a Roma ben prima della nascita di Cristo, forse nel 300 a.C., anche se le prime tracce ufficiali della loro presenza risalgono al 168 a. C., quando la Giudea chiese al Senato romano un’alleanza nella guerra contro i Seleucidi. Tra il 168 e il 139 a. C. Gerusalemme mandò a Roma diverse ambascerie e dietro gli ambasciatori vennero i mercanti, gli artigiani, gli studiosi, i viaggiatori. A loro si aggiunsero, dopo il 63 a. C., i prigionieri di guerra fatti da Pompeo nella campagna militare romana conclusa con l’occupazione di Gerusalemme.

Gli ebrei presenti in Italia intorno a quegli anni (forse 30.000 nella capitale e 40/50.000 in tutto il paese su una popolazione globale di 4 o 5 milioni di abitanti) avevano in comune non tanto una "nazionalità", concetto che doveva farsi strada nel mondo assai più tardi, quanto una religione. Osservanti di precetti rigorosi là dove era diffuso un certo lassismo, gli ebrei costituivano un interrogativo e un problema. Interrogativo per quanto riguarda i loro usi e costumi, così diversi da quelli romani, problema per quanto riguarda, ad esempio, l'osservanza del sabato, che include tra gli obblighi anche quello di non effettuare alcun lavoro. Tuttavia gli ebrei s'inserirono bene nella società romana, offrendo sostegno politico a Giulio Cesare, che ricambiò questa simpatia e, quando assunse il potere, riconobbe alla comunità ebraica il diritto di osservare liberamente i precetti religiosi e di seguire le norme alimentari rituali (per maggiori dettagli si veda www.ucei.it; www.morasha.it da dove ho tratto queste brevi note).

In quest’ottica, almeno per l’Italia, sarebbe più corretto parlare di radici “romano-giudaiche”.

Un cambiamento nella vita della comunità ebraica italiana si produsse nel 70 d. C., quando cessò in Giudea ogni parvenza di sovranità. Gerusalemme ribelle era stata rasa al suolo dalle legioni di Tito e il Tempio era stato distrutto. I prigionieri affluirono a Roma a migliaia. La fine della Giudea trasformò gli ebrei da cittadini in profughi.

Così, quando insorsero le prime dispute tra gli ebrei-cristiani (convertiti al cristianesimo) e gli ebrei-ebrei, i disturbi provocati all'ordine pubblico provocarono l'espulsione da Roma dei primi e dei secondi, senza distinzione. Con Diocleziano la "carta dei privilegi" di Cesare venne un pò alla volta mutilata. Infine, se la Roma politeista e pagana poteva tollerare tutte le credenze, dopo Costantino, la Roma monoteista e cristiana non accettò più alcuna concorrenza, perché la nuova religione rappresentava al meglio l'elemento politico unificante di un impero incrinato.

E’ incominciato così il lungo calvario ebraico nei secoli.

Le prime discriminazioni statuali contro gli ebrei vennero adottate dall'imperatore Costantino che vietò le conversioni all'ebraismo e proibì agli ebrei di avere schiavi cristiani. Vennero vietati i matrimoni misti e agli ebrei s'imposero le corvées. La propaganda antiebraica portò immancabili frutti. Venne data alla fiamme una sinagoga a Tortona, in Piemonte, poi, nel 368, una a Roma e un'altra ad Aquileia. Nel 476, quando cadde l'Impero Romano d'Occidente, gli ebrei si trovavano sparsi in tutta Italia, a Bologna, Ferrara, Trieste, Torino, e in molti centri minori. Meglio andò a Sud, particolarmente in Sicilia e particolarmente durante il periodo di dominio arabo!

Nel 1120 la "bolla" di Callisto II, Constitutio pro Judaeis, vietò agli ebrei di erigere nuove sinagoghe, o abbellire quelle esistenti. Né potevano tenere servi o balie cristiane.

Sarà Federico II, lo Svevo, che finirà però scomunicato, a promulgare nel 1231 a Melfi una serie di leggi, raccolte nel Liber Augustalis, che garantivano agli ebrei la parità con gli altri cittadini. Il Papato visse tutto ciò come una sfida: altro che “religione giudaico-cristiana”!

Nel 1267 Papa Clemente IV, nella sua bolla Turbato corde, incitava domenicani e francescani a una maggiore severità nei confronti degli ebrei. E a Napoli, verso la fine del 1200, si scatenò quello che molto più tardi verrà chiamato, con parola russa, un pogrom: case assaltate, sinagoghe date alle fiamme, botteghe saccheggiate, uomini uccisi e donne violentate. Una serie di violenze che verranno ricordate a Napoli con il nome dato a una strada: "Via Scannagiudei".

L'alba del XIV secolo vedeva in Italia, su una popolazione di 8 milioni di abitanti, 40.000 ebrei. Incalzati da decreti vessatori, da frequenti aggressioni e saccheggi, molti lasciarono l'Italia per cercare rifugio provvisorio al di là delle Alpi, da dove per le stesse ragioni altri ebrei compivano il cammino inverso. Si calcolano in 100.000 gli ebrei uccisi al passaggio dei Crociati nelle città tedesche del Reno.!!! Nella sola Salisburgo vennero mandati al rogo ben duemila ebrei.

Come dimenticare poi la peste nera… gli ebrei vennero accusati di esserne gli "untori" e di voler uccidere tutti i cristiani.  

 E con il peggiorare delle condizioni degli ebrei in Spagna, fino alla definitiva cacciata (perché è bene ricordarlo: non vennero cacciati SOLO gli islamici, ma anche gli ebrei…anche questi erano considerati dei “conquistatori”?), anche gli ebrei siciliani, calabresi e napoletani videro volgere al termine un plurisecolare periodo di tolleranza e di relativa tranquillità. La scoperta dell'America nel 1492 coincise con l'espulsione, decretata dai sovrani spagnoli Ferdinando e Isabella, di tutti gli ebrei dalla Spagna e da tutti i dominî spagnoli, Sicilia inclusa! A tutto il 1492 furono almeno 200.000 gli ebrei espulsi dalla Spagna e 40.000 dalla Sicilia, dove finì così una presenza durata quindici secoli.

Fu così che persino Lutero, da cui nacque la Riforma cristiana, poté rafforzare il suo antisemitismo a partire dal 1505, quando entrò nel convento agostiniano di Erfurt. Dal Sedicesimo secolo, infatti, i Papi avevano confinato gli ebrei nei ghetti, come a limitare un contagio, e a nessun cristiano era permesso entrare in una casa ebraica.

Certo, la Riforma costituì uno scisma nella cristianità, ma l’odio cristiano antiebraico rimase lo stesso. Anzi, proprio la Riforma indusse il Papato a un generale irrigidimento. Per gli ebrei italiani la Controriforma cattolica ha un nome: la bolla Cum nimis absurdum emessa dal papa Paolo IV il 15 luglio 1555. In essa si dice che "è assurdo e sconveniente al massimo grado che gli ebrei, che per loro colpa sono stati condannati da Dio alla schiavitù eterna, possano, con la scusa di essere protetti dall'amore cristiano e tollerati nella loro coabitazione in mezzo a noi, mostrare tale ingratitudine verso i cristiani da oltraggiarli per la loro misericordia e da pretendere dominio invece di sottomissione". Questi ebrei, si legge ancora, osano "vivere in mezzo ai cristiani" e perfino "nelle vicinanze delle chiese", si vestono come gli altri, senza perciò potersi fare riconoscere, comprano case, assumono balie cristiane, insomma, commettono questi e "numerosi altri misfatti a vergogna e disprezzo del nome cristiano".

 La bolla papale impose agli ebrei di abitare in una o più strade, dove non ci fosse possibilità di contatto con i cristiani: è l'istituzionalizzazione del ghetto. Gli uomini furono obbligati a portare un berretto che li distinguesse; le donne un velo o uno scialle, sempre con caratteristiche tali da rendere subito nota la loro identità. Ogni contatto con i cristiani, di lavoro o di amicizia, era vietato. Agli ebrei venne vietato ogni tipo di lavoro, d'arte o di commercio che non fosse il traffico di stracci e di abiti usati - "sola arte strazziariae seu cenciariae".

 Nel 1559 morì papa Paolo IV, ma le leggi antiebraiche del suo predecessore restarono in vigore.

 Col succedersi dei papi, Pio V, Gregorio XIII, Sisto V, Clemente VII, le condizioni di vita imposte agli ebrei non mutarono. La politica della Chiesa ebbe conseguenze negative anche negli Stati che non erano direttamente dominati dal papato.

Potrei continuare ancora per molto a raccontare la guerra dei papi contro gli ebrei, ma non è questo il mio scopo. Se il parlare di radici “ebraico-cristiane” è un modo per riconoscere l’apporto che gli ebrei – pur se pesantemente perseguitati dai cristiani – hanno dato all’Italia va bene (nel corso dei secoli, infatti, gli ebrei non hanno mai smesso di produrre cultura: dal filosofo, medico e astrologo Shabbatai ben Avraham Donnolo, vissuto nel X secolo nel Mezzogiorno, al pugliese Achimoaz da Oria che nel 1054 ha lasciato una preziosa Cronaca, agli anonimi estensori del dotto Sefer Josipon, è lunga la lista degli ebrei illustri. O dei grandi stampatori, come i Soncino, come Avraham di Chaim de' Tintori, da Pesaro, o il mantovano Avraham Conat. O dei medici come i Portaleone da Mantova, dei filologi come Azaria de' Rossi, dei commediografi come Leone de' Sommi Portaleone, dei musicisti come Salomone de' Rossi… ecc.).

 Se invece si parla di radici “ebraico-cristiane” in opposizione all’islam allora no. Semplicemente perché si tratta di un’unione puramente strumentale, inglobante e acculturante. Non è mai esistito in Italia e/o in Europa un accordo ebraico-cristiano per combattere l'islam. La Storia - con la S maiuscola, come piace a Sartori - ci insegna che la cristianità, cattolica e riformata, ha sempre combattuto contro l'islam così come ha combattuto contro gli ebrei. Nel 1939 il dott. Linden, teologo affermato e non proprio nazista, scriveva che: "E' una delle deplorevoli mancanze della scienza tedesca il non aver praticamente mai trattato la storia del popolo ebraico e la storia del conflitto mondiale tra Occidente e giudaismo". Un Occidente per nulla giudaico-cristiano in opposizione all'islam, quanto piuttosto un Occidente opposto all'ebraismo. 

 Di conseguenza, gentile dott. Sartori, le sue parole mi paiono nascondere un altro pensiero. Come a dire: “ormai siete quasi cristiani, tanto vale che i vostri figli a scuola – durante l’ora di educazione civica – imparino un po’ di cattolicesimo… che male non gli fa”. Mi dirà che ho frainteso le sue parole e l'intento dell'assessore Dorazzan, che il provvedimento è “pensato” per gli islamici. Ma non va bene lo stesso. Stato e Chiesa, in Italia, sono ancora due entità distinte: nel momento in cui la religione cattolica entrasse in classe, mascherata da educazione civica, quale differenza ci sarebbe tra “voi” o "noi" che dir si voglia e “loro”?

 E l’associazione cattolica “Aiuto alla Chiesa che soffre” - che ha inserito Israele insieme alla Giordania, alla Siria, agli Emirati Arabi e all’Iran tra i Paesi in cui vi è una limitata libertà religiosa – dove inserirebbe l’Italia?

 Con cordialità,

Daniela Santus.


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