Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Solo McCain può affrontare la crisi iraniana l'opinione di Lawrence Eagleburger, consigliere per la politica estera del candidato repubblicano
Testata: Corriere della Sera Data: 05 settembre 2008 Pagina: 8 Autore: Paolo Valentino Titolo: ««John unica soluzione Se vincono i democratici Israele è già pronto ad attaccare l'Iran»»
Dal CORRIERE della SERA del 5 settembre 2008:
SAINT PAUL (Minnesota) — «Io credo che il problema più drammatico sia quello delle armi nucleari. Se non cominciamo ad agire sulla strada maestra della non proliferazione e in ultima analisi del disarmo atomico, io posso dirvi che in uno dei prossimi decenni da qualche parte del mondo verrà lanciato un ordigno nucleare. E allora sarà troppo tardi. Ma per far questo abbiamo bisogno di un presidente come John McCain». Come il candidato repubblicano di cui è uno dei consiglieri di politica estera, Lawrence Eagleburger ama lo straight talk, il parlar chiaro. Anche a dispetto del mal di schiena, che lo tortura e lo costringe a star seduto il meno possibile. L'ex segretario di Stato considera l'eventuale elezione di Barack Obama, «un senatore dell'Illinois senza alcuna esperienza internazionale » come una «prospettiva disastrosa» per l'America e il mondo. Un esempio? L'Iran. Eagleburger è arcisicuro che se Obama vincesse le elezioni, «prima del suo insediamento, Israele lancerebbe un'azione militare contro Teheran, per colpirne le installazioni nucleari, perché non si sentirebbe garantita da un'amministrazione democratica». L'ex capo della diplomazia americana dice comunque che «anche se noi non lo faremo, l'opzione militare è l'unica rimasta per impedire che l'Iran si doti di armi atomiche». Al panel sulla «Sicurezza nazionale nell'era globale» organizzato dall'International Republican Institute in margine alla Convention di Saint Paul, Eagleburger e alcuni tra i più celebri guru di politica estera repubblicani hanno provato a dare un'idea generale di cosa significherebbe per il mondo l'avvento di John McCain alla Casa Bianca. Sul podio c'erano fra gli altri Brent Scowcroft, l'ex consigliere di Bush padre per la Sicurezza nazionale; Richard Burt, che nell'era Reagan guidò la delegazione americana ai negoziati sul disarmo nucleare con l'Urss e l'ex deputato repubblicano, Jim Kolbe. «John McCain sa che gli Stati Uniti da soli non sono più la soluzione dei problemi del mondo, ma sono quelli che possono dare il contributo maggiore per affrontarli e risolverli. Quindi lavorerà con gli altri Paesi e con le istituzioni internazionali, il suo approccio sarà necessariamente multilaterale», ha spiegato Eagleburger. Un approccio condiviso da Scowcroft, il quale ha però messo l'accento sulla necessità di una riflessione generale sulle nuove condizioni generali del pianeta: «Dobbiamo fare i conti con l'inadeguatezza degli Stati—nazione a raccogliere le sfide globali, come il terrorismo, l'ambiente, l'immigrazione, o con l'obsolescenza delle istituzioni internazionali, come l'Onu o la Nato, pensate per la Guerra Fredda. A cosa servono oggi, come dobbiamo cambiarle?». In effetti, McCain ha più volte accennato all'idea di una Lega delle Democrazie, come alternativa alla paralisi dell'Onu, se l'ipotesi della riforma si rivelasse impraticabile. Per Richard Burt, la futura amministrazione repubblicana dovrebbe concentrarsi sul modo in cui fare della Cina «uno degli azionisti del nuovo ordine mondiale, senza cambiare le regole di fondo vigenti adesso». Tutti concordano che se fosse eletto, John McCain affronterebbe la questione irachena non in modo isolato, ma in quanto parte dell'assetto complessivo del Medio Oriente: «Dobbiamo fare del-l'Iraq un centro di stabilità nella regione », ha detto Scowcroft, secondo cui la Mesopotamia dovrà essere in cima all'agenda del nuovo presidente. La nuova fase di tensione con la Russia sarà affrontata con fermezza, ma tutti sono d'accordo che l'uso della forza non sia un'opzione. «Il solo modo di agire sono sanzioni economiche contro Mosca — ha spiegato Eagleburger —, insieme agli alleati o anche da soli». Infine l'Unione Europea. Burt ha lamentato che non sia ancora riuscita ad approvare una Costituzione, che prevede fra l'altro la gestione comune della politica estera: «Il famoso dilemma di Kissinger, qual è il numero di telefono dell'Europa, è ancora irrisolto». Ma Scowcroft ha ricordato che «se l'Europa è strategicamente esausta avendo combattuto due guerre mondiali in una generazione, ci sono cose che gli europei fanno meglio di noi, quindi dobbiamo accettare una certa divisione dei compiti: ciò non significa che non dobbiamo più chieder loro contributi militari, ma occorre impegnarli dove sono più bravi».
Per inviare una e-mail alla redazione del Corriere della Sera cliccare sul link sottostante lettere@corriere.it