La tenda di Gheddafi al Quirinale l'idea del l'idea del "Vecchio Cronista", che dimentica i morti e ignora la dittatura
Testata: La Stampa Data: 05 settembre 2008 Pagina: 28 Autore: Igor Man Titolo: «Un invito in Italia per Gheddafi»
"Da 40 anni si dice e si scrive che Gheddafi è un dittatore", invece "il Colonnello ha inventato la «Terza Teoria» forma e faro della Jamahirjia, il «governo delle masse» del quale Gheddafi sarebbe semplicemente al Qaid, la Guida. Guida, non dittatore". Il "Vecchio Cronista", vale a dire, naturalmente, Igor Man, ci crede. E per frenare le masse libiche, di sentimenti antitaliani, che Gheddafi, poverino, fatica e tenere a freno, ha un suggerimento: non bastano i soldi regalati al colonnello e e le scuse per il colonialismo, no: " potrebbe funzionare un invito ufficiale in Italia. Amore e odio, questo il sentimento di Gheddafi per l’Italia. Un protocollare invito, magari con tenda piantata nei giardini del Quirinale".
Del tutto dimenticati, naturalmente, i morti degli arei che Gheddafi, quand'era sponsor del terrorismo internazionale, ha fatto abbattere. Il Colonello è "soprattutto un beduino", non è un dittatore, ma l'inventore della "Terza teoria", veniamo persino informati di quale libro abbia sul comodino, ma non dei suoi crimini.
Ecco l'articolo:
Già spiazzati dall’accordo Roma-Tripoli, neocon italiani e foresti, politici in perdita di velocità attaccano l’articolo 4 dell’accordo assumendo ch’esso sia una sorta di patto leonino poiché condannerebbe l’Italia all’immobilismo se la Nato fosse costretta a «punire» un Gheddafi bellicoso. Una nota della Farnesina chiarisce che l’accordo «fa, come ovvio, salvi tutti gli impegni assunti precedentemente dall’Italia». Insomma: «gli impegni Nato non si toccano». Il viaggio della Signora Rice a Tripoli è una sorta di imprimatur a un accordo per molti versi inappuntabile; non poteva essere altrimenti quando a distribuire le carte al «tavolo» è un signore chiamato Gianni Letta, saggio praticante del low profile. Per il Vecchio Cronista che frequenta la Libia da mezzo secolo l’accordo Roma-Tripoli apre un nuovo capitolo nel libro mastro del complicato rapporto con la Jamahirjia libica. Tuttavia. Tuttavia ci sembra lecito smorzare la legittima soddisfazione governativa. Vediamo. Da 40 anni si dice e si scrive che Gheddafi è un dittatore. Il Colonnello ha inventato la «Terza Teoria» forma e faro della Jamahirjia, il «governo delle masse» del quale Gheddafi sarebbe semplicemente al Qaid, la Guida. Guida, non dittatore. Epperò nel disegnare il «governo delle masse», il Colonnello s’è preoccupato di lasciare ampio margine diremo ideologico-operativo ai Comitati Popolari, piccoli parlamenti disseminati nell’immenso territorio libico. Nell’intenzione di Gheddafi dovrebbero ispirare la Guida. Nel tempo codesti Comitati son diventati una sorta di «coscienza critica» immanente, invadente. Trent’anni fa ero con Enrico Recchi, il non dimenticato costruttore di strade e ponti nel Terzo Mondo e dunque anche in Libia, quando telefonano da Tripoli: «Hanno arrestato il Vescovo Martinelli». Ebbene, dissi a Enrico, chiama Jallud che metta fine a questa cavolata. Ma all’allibito Ingegner Recchi, Jallud (allora potente Numero 2) disse: «Bisogna aver pazienza, i Comitati son difficili da gestire, diamo tempo al tempo». Monsignor Martinelli venne banalmente interrogato durante 11 giorni e infine rilasciato. Ad attenderlo all’uscita dalla «prigione», lui, la Guida, Gheddafi, il beduino dalle sette vite e dalle 700 uniformi. Il Vecchio Cronista vorrebbe raccomandare a chi di pertinenza di non farsi troppe illusioni. Non nascondiamoci dietro un dito: non ci preoccupa tanto il rifornimento energetico (è un florido capitolo a parte) quanto ci angustia lo sbarco ininterrotto dei clandestini smistati dai porti libici. È la nostra freccia nel fianco. Che i Comitati Popolari possono moltiplicare quando e come vogliono. Il 17 di febbraio di due anni fa, per fermare un «attacco popolare» contro il Consolato d’Italia guidato dai Comitati di Bengasi (provincia ribelle), il Colonnello fu costretto a far sparare l’esercito. Trentuno morti. Fra interviste ufficiali, colloqui informali eccetera, il Vecchio Cronista avrà incontrato il Colonnello almeno otto volte. Gheddafi è soprattutto e soltanto un beduino; «il nemico viene dal mare», lo ammoniva sua madre. Per fugare la fastidiosa, per noi, diffidenza di al Qaid, per farne un interlocutore affidabile, potrebbe funzionare un invito ufficiale in Italia. Amore e odio, questo il sentimento di Gheddafi per l’Italia. Un protocollare invito, magari con tenda piantata nei giardini del Quirinale, non muterebbe il lupo in agnello ma darebbe ai rapporti con l’Italia una valenza seria, pesante, spegnendo gli erratici fuochi dei Comitati Popolari, timonieri dei barconi della morte. Il libro da comodino di Gheddafi è una biografia di Mitridate
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