Improbabile come l'11 settembre: il terrorismo non è il vero problema la tesi stravagante ( e irresponsabile) di Loretta Napoleoni
Testata: Avvenire Data: 03 settembre 2008 Pagina: 25 Autore: Paola Springhetti Titolo: «Benladen non fa più paura?»
Siccome le propabilità di morire in un attentato terroristico (nell’Europa occidentale e nell’America del Nord) sono relativamente basse, non dovremmo preoccuparci del terrorismo, ma piuttosto della "guerra al terrorismo". E' la stravagante tesi di Loretta Napoleoni, intervistata da Paola Springhetti per AVVENIRE del 3 settembre 2008.
In attesa del prossimo 11 settembre, dovremmo tutti dormire sonni tranquilli, dimenticando i legami tra i terroristi e gli stati che li finanziano e addestrano e trattandoli come "normali criminali".
Perché AVVENIRE conceda spazio a una simile tesi, è francamente difficile da comprendere. Ecco il testo:
L e probabilità di morire in un attentato terroristico, nell’Europa occidentale e nell’America del Nord, era molto più alta negli anni SettantaOttanta che non negli anni Novanta e nei seguenti. Dal 1968 ad oggi in Italia ci sono stati più di quattordicimila attentati terroristici, ma dal 2000 sono state solo due le vittime del terrorismo nel nostro Paese, e non c’è stato nessun attentato di matrice islamica. Ma allora, perché la paura del terrorismo islamico è così diffusa e condiziona tanto fortemente l’opinione pubblica? « Perché siamo condizionati dalla politica della paura » , risponde Loretta Napoleoni, esperta di terrorismo e di economia internazionale, autrice di vari libri sul tema. L’ultimo l’ha scritto insieme a Ronald J. Bee, direttore dell’istituto Charles Hostler per gli Affari internazionali alla San Diego State University; si intitolaI numeri del terrore. Perché non dobbiamo averne paura ed è pubblicato da Il Saggiatore ( pagine 143, euro 12,00). « La politica della paura ha ormai una lunga storia alle spalle – prosegue –, perché nasce nel ’ 49 con la corsa agli armamenti nucleari da parte degli Usa e dell’Urss. Quella della Guerra fredda, però, era una paura fondata perché esistevano le premesse per una guerra nucleare. Però con la costruzione del Muro di Berlino, prima, e con la crisi di Cuba, poi, ci si è resi conto che in realtà nessuno poteva usare quelle armi: erano diventate uno strumento diplomatico. Dopo l’ 11 settembre torna la paura, e questa volta è una paura globalizzata, per il fatto che tutti abbiamo visto la distruzione delle Torri gemelle in tempo reale. Da quel momento tutto si è enfatizzato, e oggi dobbiamo chiederci quanto sono reali i pericoli che temiamo » . Perché in Italia non ci sono mai stati attentati terroristici di matrice islamica? « Credo che, prima di tutto, i sistemi di sicurezza italiani siano molto buoni, anche perché abbiamo avuto trenta anni di terrorismo interno e la criminalità organizzata, per cui c’è una professionalità ed un’esperienza che in altri Paesi, come l’Olanda, non ci sono. L’altro motivo è che non è assolutamente vero che il terrorismo islamico è radicato in Europa. Ci sono stati dei focolai che hanno portato agli attacchi di Londra e di Madrid. Ma se uno li analizza a fondo, si accorge che non si tratta un terrorismo organizzato e strutturato, come erano ad esempio l’Ira o le Brigate rosse. È piuttosto un terrorismo improvvisato, in cui conta moltissimo la fortuna » . Non sembrava improvvisare alQaeda, quando ha organizzato l’attacco alle Torri gemelle... « In realtà già allora al- Qaeda era divisa e molti capi, per diversi motivi, non erano d’accordo con Benladen. Chi ha organizzato l’attacco alle Torri gemelle aveva senza dubbio intelligenza, molto denaro, ma soprattutto molta fortuna, visibile sia nel modo in cui i terroristi sono sfuggiti ai controlli, sia nelle conseguenze di quello che hanno fatto. Neanche Benladen si aspettava che le Torri crollassero. Il risultato è stato talmente enorme che ci ha fatto credere che dietro ci fosse un sistema che invece non c’era » . Ma al- Qaeda non potrebbe ricompattarsi e tornare sulla scena? « L’attuale generazione di jihadisti, attiva nei Paesi occidentali, è sostanzialmente incompetente. Ma, soprattutto, i terroristi islamici non hanno l’appoggio popolare, neanche nei Paesi islamici. Che il mondo musulmano abbia gioito davanti alle immagini del crollo delle Torri gemelle probabilmente è vero, ma questo non significa che abbia voglia di prendere le armi e sottomettersi a Benladen. Anche in Iraq gli attentatori suicidi sono diventati eccezioni. Il desiderio di immolarsi, che molti sauditi sembravano avere, è scemato dal momento in cui l’Arabia ha superato le difficoltà economiche che ha attraversato negli anni Novanta e ha cominciato a ridistribuire reddito. Non c’è un’ideologia forte a sostenere l’insurrezione islamica e nelle motivazioni la componente economica ha un forte peso » . Nel libro lei sostiene che la lotta al terrorismo è una follia economica, che è stato calcolato che la guerra in Iraq costerà agli Usa 2.267 miliardi di dollari fino al 2016 e che l’ 11 settembre ha contribuito alla svalutazione del dollaro e ad indebolirne l’economia. « Io penso che gli Stati Uniti avrebbero fatto meglio a concentrarsi sulla cattura di Benladen piuttosto che fare la guerra in Iraq. Se non avessero «In Italia non ci sono mai stati attentati di matrice islamica perché i nostri sistemi di sicurezza sono molto buoni, affinati da trent’anni di mafia e Brigate rosse» speso tanti soldi in Iraq, oggi sarebbero in grado di affrontare meglio la crisi dei mutui e le sue conseguenze. Il vero obiettivo di Benladen era quello di indebolire gli Usa tanto che non potessero più sostenere la monarchia saudita o il governo egiziano. Non c’è riuscito, ma resta il fatto che la lotta al terrorismo e la guerra in Iraq sono costate talmente tanto che hanno indebolito l’economia americana e occidentale in genere » . Ma l’Occidente come avrebbe dovuto reagire? « Come ha reagito sempre: sono dei criminali, trattiamoli come tali, senza creare miti e senza strumentalizzazioni ideologiche. È vero che dopo l’ 11 settembre il mondo è cambiato, ma chi ci ha guadagnato di più è stato l’Oriente: è dal quel momento che il petrolio ha cominciato a crescere » .
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