Quando la fiction sostituisce la realtà con l'obiettivo di attaccare Israele
Testata: La Repubblica Data: 01 settembre 2008 Pagina: 36 Autore: Laura Putti Titolo: «Il pentimento in musica di Israele»
Un soldato israeliano che "ha ucciso due militari palestinesi per rappresaglia" si confessa, dietro una maschera in un documentario del regista israeliano Avi Mograbi, presente al Festival del cinema di Venezia. Laura Putti scrive del film su La REPUBBLICA del 1 settembre 2008. Nel suo articolo non c'è traccia di alcuni dubbi che, in base al suo stesso racconto del film, ci sembrano più che ragionevoli: la "confessione", di fatto anonima, del soldato israeliano è veritiera ? I "militari" palestinesi sono stati scelti a caso o erano implicati in attività terroristiche ? La "rappresaglia" a quale precedente azione di parte palestinese rispondeva ? Che questi dubbi siano assenti dall'articolo è per altro più che comprensibile. La recensione di Z32 è stata evidentemente l'occasione di un ennesimo pezzo di propaganda contro Israele, presentato come un paese colpevole e bisognoso di pentimento, che spinge i soldati alla violenza e a praticare il "tiro all'arabo". In realtà, l'esercito israeliano segue un preciso codice etico e indirizza le sue azioni contro i terroristi non contro "gli arabi" Ecco l'articolo:
Z32, il documentario israeliano che sarebbe stato bello vedere in concorso (invece è in Orizzonti), mostra un uomo mascherato. È un giovane soldato che ha ucciso due militari palestinesi per rappresaglia. Avi Mograbi, regista politico per autodefinizione, ha chiesto al soldato di raccontare la sua storia. Lui ha accettato, a patto che il suo viso fosse coperto. «Con un cappuccio nero, bucato sugli occhi, sarebbe parso un terrorista» dice Mograbi. Allora, siccome la difficoltà aguzza l´ingegno, il regista ha fatto appello a Avi Mussel, mago degli effetti speciali. Al soldato è stata applicata (in post produzione) una maschera fatta al computer, anzi una per ogni situazione nel quale Mograbi lo ha posto. Giocato sull´intreccio di tre racconti - uno in casa del regista, l´altro sul luogo del massacro e un terzo con la fidanzata davanti a una telecamera fissa - più uno musicale nel quale il regista stesso esprime la sua opinione cantando con orchestra (canzoni brechtiane, più Eisler che Kurt Weill), Z32 ha come sottotitolo «una tragedia musical-documentaristica» («Z32» è un numero di dossier nell´archivio di «Shovrim Shtika-Rompendo il silenzio», associazione di giovani ex soldati israeliani che raccolgono testimonianze su atti militari commessi nei Territori, nella quale il regista milita). Il cinema israeliano sembra chiedere attenzione con ogni mezzo: dopo il cartone animato su Sabra e Chatila ("Un valzer con Bashir" di Ari Folman) arriva il soldato mascherato. All´inizio vediamo soltanto gli occhi e la bocca: il resto del viso è completamente sfocato, mentre il ragazzo racconta di come alcuni corpi speciali dell´esercito israeliano vengano tenuti disoccupati proprio per caricarli ancor più di energia e di odio. Poi una maschera gli copre il viso; ma solo quando si tocca il mento o fuma si capisce che quel volto non è il suo (perché la mano scompare dietro alla maschera). Arriva dove si sono svolti i fatti. Non trova più la casa del massacro, ma ricorda che il cadavere, il primo che toccava in vita sua (per controllare se fosse stato armato, non lo era), gli aveva fatto schifo perché «aveva una consistenza gelatinosa». Il tono cambia quando è con la sua ragazza, una pacifista, una che non sa spiegarsi un atto del genere. Entrambi sono coperti dalla maschera fatta al computer ed entrambi sembrano a viso scoperto. Lei gli chiede di spiegare e lo provoca anche. Gli dice che il tiro all´arabo è quello che i soldati israeliani preferiscono. Lui non risponde, ma poco prima aveva affermato di essere pronto, dopo l´astinenza militare, a tirare su tutto, «anche su un bambino di 5 anni». «All´inizio pensavo di trasformare il film in un´opera, poi ho optato per le canzoni. A scriverle ci ho messo un anno» ha detto il regista durante l´incontro con la stampa. «È già difficile, per un regista, esprimere in un film un´opinione diretta. Figuriamoci in musica. Ma dovevo spiegare. Il dilemma era: che cosa sto facendo? Sto coprendo un criminale di guerra?». Come è stato accolto il film in Israele? «Credo che quelle maschere su una sola persona abbiano posto anche un problema di identità personale. Dopo la prima proiezione a Tel Aviv, un signore mi si è avvicinato e mi ha detto: il soldato è qui in sala, sono sicuro di averlo visto».
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