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Il Manifesto Rassegna Stampa
26.08.2008 I propagandisti antisraeliani vanno a pesca
nelle loro reti, tante medaglie di Hamas

Testata: Il Manifesto
Data: 26 agosto 2008
Pagina: 10
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Gaza getta le reti. E Israele non spara»

 Il MANIFESTO appare deciso a sfruttare il più possibile gli effetti propagandistici del viaggio di "Free Gaza" e "Liberty", le due navi che hanno portato un gruppo di attivisti antisraeliani a Gaza.

Il 26 agosto 2008 il quotidiano comunista pubblica un'intervista a
Laureen Booth, giornalista e cognata di Tony Blair.

L'argomento dell'intervista è la pesca intorno a Gaza, cui i propagandisti hanno partecipato, violando le limitazioni israeliane. Naturalmente, né l'intervistatore (Michele Giorgio) né l'intervistata fanno cenno al fatto che dal mare a Gaza, in assenza delle limitazioni imposte da Israele, giungerebbero carichi d'armi, e da Gaza via mare partirebbero missioni terroristiche. Le limitazioni alla pesca imposte a Gaza hanno per obiettivo, sostiene la propaganda antisraeliana, sottrarre ai palestinesi i loro mezzi si sostentamento.

Laurren Booth non si ferma qui. "Dov'è il coraggio arabo" si chiede retoricamente prima di auspicae che
"gli egiziani, i tunisini, i libici " seguano l'esempio dei pacifisti occidentali e forzino il blocco israeliano. Se ciò avvenisse, è ovvio, sarebbe impossibile avere la certezza che le navi non trasportino armi. Quella delineata dalla "pacifista" Laureen Booth è dunque la ricetta perfetta per una guerra.

Giorgio conclude l'intervista chiedendo un bilancio dell'operazione, e in una frase svela il "trucco" di operazioni come quella di "Free Gaza" e "Liberty", la loro natura interamente mediatica e propagandistica, politica e non "umanitaria":  "Qualcuno sostiene che l'attenzione verso la Free Gaza e la Liberty è stata inferiore alle attese perché Israele vi ha lasciato passare"
si lascia scappare.
Laureen Booth ritiene però che tutto sommato il sucesso ci sia stato, considerando le forze soverchianti che i coraggiosi pacifisti hanno dovuto affrontare:

" non è stato facile superare il muro di scetticismo e le critiche che venivano da Israele "
I nostri eroi contro "il muro dello scetticismo" e le "critiche".
Fossero andati in Iran, avrebbero dovuto affrontare solo i guardiani della rivoluzione.
Invece, hanno osato sfidare "scetticismo" e "critiche". E hanno trionfato. Troppo modesta, Laureen Booth non ne parla, e Michele Giorgio, chissà perché non glielo ricorda, ma alla fine il "muro dello scetticismo" è crollato, e gli attivisti hanno avuto il meritato riconoscimentio:gliel'ha dato il
 capo di Hamas Ismail Haniyeh, che ha loro concesso la “cittadinanza onoraria” palestinese, con passaporto e medaglia. Come riferisce Al Jazeera (fonte israele.net).

Ecco il testo dell'intervista di Giorgio:

Giornata di pesca per i pacifisti giunti sabato scorso dal mare. Non per divertimento naturalmente, ma ancora una volta all'insegna della sfida al blocco navale israeliano di Gaza. Una decina dei 44 pacifisti giunti sabato da Cipro sono usciti in mare con la più grande delle loro due navi, la Free Gaza, scortando sei barche di pescatori palestinesi. La nave e i pescherecci sono giunti fino a una distanza dalla costa di 10 miglia nautiche, superiore alle 6 miglia imposte da Israele come limite per i pescatori palestinesi. Unità della marina israeliana si sono limitate a sorvegliare le imbarcazioni. Così per la prima volta da alcuni anni a questa parte, i pescatori di Gaza hanno potuto calare le loro reti in acque dove il pesce è più abbondante e di qualità più pregiata. Il mare è così tornato, grazie alla scorta dei pacifisti - 14 pescatori sono stati uccisi dal fuoco delle motovedette israeliane in questi ultimi anni e nel 2007 una settantina sono stati arrestati - a essere una grande risorsa naturale per i palestinesi.
Fino all'inizio dell'Intifada, nel 2000, i pescatori di Gaza potevano allontanarsi fino a 12 miglia nautiche - una distanza comunque inferiore alle 20 miglia stabilita dagli accordi di Oslo - e riuscivano a pescare anche 3mila tonnellate di pesce ogni anno. Oggi questo settore è moribondo, come ha denunciato anche la vicepresidente del Parlamento europeo Luisa Morgantini. Lo scorso anno sono state pescate appena 500 tonnellate di pesce e dei 3.500 pescatori solo 700 sono ancora impiegati in un settore che prima dava lavoro a migliaia di persone. A ciò si aggiunge la penuria di carburante - frutto dell'embargo israeliano - che ha costretto i pescatori a ricorrere ai trucchi più fantasiosi, come usare l'olio da cucina usato invece della nafta, per poter uscire in mare. Poco più di due mesi fa i pescatori di Gaza avevano tenuto una manifestazione in mare per evidenziare la loro condizione e per sollecitazione l'attenzione della comunità internazionale. Avevano in quella occasione ottenuto la solidarietà e il sostegno anche di associazioni di pescatori italiani, ma quella protesta non ebbe alcun effetto su Israele che ha continuato ad attuare il blocco navale di Gaza e, in non pochi casi, anche ad aprire il fuoco sui pescherecci palestinesi, «colpevoli» di violare, anche solo di poche decine di metri, il limite delle 6 miglia nautiche.
«Scortare i pescatori è uno dei compiti che ci siamo dati al momento della nostra partenza e intendiamo mantenere l'impegno ma la nostra permanenza è limitata mentre questi lavoratori hanno bisogno di pescare ogni giorno per sostenere le loro famiglie e per rilanciare il loro settore», ha spiegato Huwaida Arraf, la portavoce dei 44 pacifisti che intendono restare a Gaza una decina di giorni prima di riprendere il mare per Cipro con dieci studenti palestinesi ammessi ad università straniere, a cui Israele rifiuta il permesso di partire. Oggi l'unico israeliano ebreo che ha partecipato al viaggio Cipro-Gaza, Jeff Halper, tenterà di tornare a casa passando per il valico terrestre di Erez.
Intanto, tra i pacifisti, Lauren Booth si è fatta portavoce del malumore che il gruppo prova per l'atteggiamento dei regimi arabi verso la condizione di Gaza. Booth, una giornalista, nota anche per essere la cognata dell'ex premier britannico Tony Blair, ha accolto con sentimenti contrastanti l'applauso giunto dal segretario generale della Lega araba Amr Musa. L'abbiamo intervistata a Gaza city.

Il segretario della Lega Araba Amr Musa ha parlato di una «iniziativa molto coraggiosa», voi però scuotete la testa.
Non siamo soddisfatti. Musa e altri leader arabi parlano di «coraggio» e allora noi chiediamo dov'è il coraggio arabo? Dove sono gli egiziani, i tunisini, i libici che condividono il Mediterraneo con i palestinesi? E' facile parlare ma la situazione di Gaza richiede interventi urgenti e azioni analoghe alla nostra.

Suggerite agli arabi di inviare aiuti a Gaza via mare, quindi di seguire la vostra scia?
Certo, al più presto. E non lo diciamo solo agli arabi ma a tutti. Il blocco navale israeliano è illegale, i palestinesi hanno il diritto di usare le loro acque per scopi pacifici. Penso all'arrivo a Gaza di navi cariche di aiuti per la popolazione palestinese e all'avvio di un traffico commerciale. Certo, Israele fa le sue minacce ma non può aprire il fuoco su navi che portano cibo e medicinali ai palestinesi e non mettono in alcun modo a rischio la sua sicurezza. Chi ha intenzioni pacifiche può e deve osare.

Come giudica il risultati ottenuti dalla vostra iniziativa? Qualcuno sostiene che l'attenzione verso la Free Gaza e la Liberty è stata inferiore alle attese perché Israele vi ha lasciato passare.
I risultati sono molto positivi. Appena quattro giorni fa nessuno, tra di noi, credeva che gli israeliani ci avrebbero consentito di raggiungere Gaza e invece abbiamo raggiunto la meta. Direi che tutto sommato la copertura mediatica dell'evento è stata buona. Giornali e televisioni importanti hanno dato spazio all'iniziativa, hanno riferito il nostro punto di vista. Bisogna tenere conto che all'inizio tanti in giro per il mondo avevano parlato di una missione velleitaria, inconsistente, e che non è stato facile superare il muro di scetticismo e le critiche che venivano da Israele. Alla fine però abbiamo avuto ragione noi.

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