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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Michael Sfaradi Il sorriso della morte 22/08/2008

Michael Sfaradi Il sorriso della morte
Fratelli Frilli editori

 

Un viaggio nel tempo e nello spazio. Numerosi flashback e continui spostamenti da Israele al Libano, dalla Francia agli Usa. Una storia di spionaggio che coinvolge il Mossad, l’Fbi e tutto il mondo dei servizi segreti. Ma non solo; perché “Il sorriso della morte” è anche gonfio di sentimenti amorosi e amicali, rivalità, ossessioni e avidità. Un’avidità estrema, aspra, rivestita di involucro nichilista volto all’autodistruzione. Dal titolo, con la contemporanea presenza di due termini quasi opposti, si evince come l’autore abbia voluto “giocare”con il suo lettore dando, da una parte dei contorni meno amari a una tappa dolorosa dell’esistenza umana e dall’altra mostrare l’ineluttabilità della morte, che si compiace del suo essere così oscura. L’intreccio narrativo è quello tipico del giallo con l’evento scatenante all’inizio e la scoperta dello stesso alla fine. Il libro inizia con l’apparizione in un ospedale di Haifa di uomo privo di conoscenza e senza generalità. Il Colonnello dell’esercito Avraham Luz ha l’arduo compito di togliere l’alone di mistero che avvolge la vita del giovane. La sua unica guida è l’istinto e la dedizione al lavoro, che talvolta sfocerà nel coraggio e talvolta nell’incoscienza. Un’esperienza rivelatrice non solo sul piano professionale, ma anche su quello sentimentale. Ed è proprio quando incontra una ragazza, Meital, che la narrazione ha uno snodo decisivo. Il suo innamoramento fa da sfondo all’elemento principale del testo: chi sia veramente quello “sconosciuto”. E’il rivolo centrale del romanzo, che porterà l’utente a percorre due diversi binari: uno proseguire alla risoluzione del caso, l’altro appassionarsi alla storia d’amore.  I personaggi sono molti delineati attraverso i loro pregi, difetti, vizi e virtù. Ma è nella descrizione delle donne che Michael Sfaradi tipizza le sue “creature” e determina come vuole essere “letto” l’attante. La signora Landau, una madre all’apparenza forte che alla fine si comporterà come tutte “…le mamme ebree...”. La doppia vita di Margareth Levy Burt, la quale si difenderà dal mondo con lo scudo della sua bellezza per poi vedersela ritorcere contro. Meital Dvash, il cui fardello del passato che prima la ostacola, la istraderà inseguito su una via inaspettata. Ognuna delle tre può essere “vista” seconda un’ambivalenza, che è la caratteristica principale di questa opera prima. Il messaggio conclusivo rende manifesta la speranza latente iniziale, che come il rumore sordo di un tappo quasi si vergogna di uscire dalla bottiglia. Una speranza che però via via perderà la sua timidezza e dimostrerà al mondo la possibilità del cambiamento. Una speranza che verrà capita solo da chi vuole sognare. Una speranza pura, candida, serafica che si può vedere solamente attraverso gli occhi di un bambino.

 

 

David Spagnoletto

 

 

da Shalom dell' agosto 2008

 


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