Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Fissata la data d'inizio per il ritiro dei soldati americani dall'Iraq dovrebbe essere il giugno del 2009
Testata: Corriere della Sera Data: 22 agosto 2008 Pagina: 14 Autore: Michele Farina Titolo: «Rice a sorpresa in Iraq «Da giugno via al ritiro»»
Dal CORRIERE della SERA del 22 agosto 2008:
GERUSALEMME — Giù l'elmetto, fuori i sigari? Il generale Tommy Franks accese il suo «Avana della vittoria» pochi giorni dopo la caduta di Saddam, aprile 2003 ovvero 4127 caduti fa, facendosi immortalare con i suoi generali: «Ok ragazzi, tra una settimana sbaracchiamo ». Scongiuri legittimi, dunque, come le cautele di queste ore. L'accordo tra Washington e Bagdad è «in dirittura d'arrivo» ma non è ancora «completo» ha ripetuto ieri il Segretario di Stato Condi Rice durante la visita a sorpresa nella capitale irachena, mentre l'affaticato comandante delle forze Usa David Petraeus ricordava che «i progressi sono evidenti ma ancora fragili». Eppure, per la prima volta dall'inizio della guerra, si definisce una data per l'inizio del ritiro americano. Entro il 30 giugno 2009 i soldati lasceranno le città per concentrarsi nelle basi fuori dei centri abitati, mentre per la partenza di tutte le unità da combattimento si dovrà aspettare fine 2011. Questo è il calendario anticipato dal vicepremier Mohammed Amood, capo dei negoziatori iracheni. E questo è quanto confermano alla stampa Usa fonti anonime della Casa Bianca. Back home? Sono 5 anni che il presidente George Bush rifiuta di mettere scadenze all'Operation Iraqi Freedom «per non fornire armi al nemico». L'orizzonte del giugno 2009 è ancora lontano, ma almeno è un punto fisso. Tra i 147 mila soldati operativi in un centinaio di basi c'è chi comincia ad assaporare l'aroma del ritorno. Nel sandbox, lo scatolone di sabbia (l'Iraq nel gergo dei G.I), si aprono buchi tipo zucche di Halloween. Il mandato Onu che garantisce la presenza militare Usa scade a fine anno. Da mesi americani e iracheni discutono i termini di un nuovo accordo. Washington sperava di chiudere a luglio, ma il premier Nouri al-Maliki ha fatto trincea. Prima ha strappato il sì di Bush alla fine dell'immunità per i 40 mila contractor civili in caso di infrazioni alla legge locale(sul tavolo c'è ancora il nodo dell'immunità per i militari). La questione di una data per il ritiro, voluta da Bagdad e osteggiata da Washington, dovrebbe essere a una svolta. Anche perché — come dice al Corriere il curdo Mahmoud Othman, eminenza grigia del Parlamento di Bagdad — Bush «adesso ha fretta: vuole lasciare la Casa Bianca facendo balenare agli americani la fine del tunnel. Magari per tirare la volata al candidato repubblicano John McCain» togliendo frecce all'arco di Barack Obama, fautore di un rapido disimpegno. Certo il giugno 2009 è ancora lontano: Othman non è sicuro che, nella sostanza, gli americani accetteranno scadenze definitive. In calce a ogni accordo ci sarà sempre la postilla in «militarese»: «ogni decisione dipende dalle condizioni sul terreno». Sul «terreno», nelle vie di Bagdad, l'estate è migliore di quella prima. Sui terreni incolti tra i quartieri, fino a un anno fa obitori a cielo aperto, i giovani hanno aperto baretti con la musica, dove si beve birra e si guardano le Olimpiadi. «Gli americani si ritirano? Mah, per il momento girano con automezzi ancora più grossi», dice Ahmed, panettiere di Schole. Sono i cosiddetti «bisonti», supercorazzati che resistono alle bombe artigianali più dei gipponi Humvee. In Iraq gli Usa hanno almeno 45 mila mezzi (compresi gli elicotteri), almeno 10 depositi di munizioni, 18 basi solo per il combustibile. I russi (con 120 mila uomini) impiegarono 9 mesi per abbandonare l'Afghanistan negli anni '80 (e nella ritirata persero 500 soldati). Anche per gli americani non sarà uno scherzo. In un anno gli attacchi (come le vittime civili) sono calati dell'80%. A luglio 13 soldati morti, il bilancio più basso dal 2003. È abbastanza per tirar fuori i sigari? Forse no. Ma è abbastanza per far cessare l'emergenza trombe nelle grandi basi Usa: nel 2006 non c'erano abbastanza strumenti per le cerimonie funebri che si accavallavano nelle stesse ore. I trombettieri portavano alla bocca cornette finte, con le note del «silenzio» che partivano schiacciando un bottone.
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