Così l'archivio di Arthur Schnitzler fu sottratto ai roghi nazisti sono quarantamila pagine che comprendono diari, opere e lettere a Freud, Mann, Herzl e Zweig
Testata: La Repubblica Data: 21 agosto 2008 Pagina: 40 Autore: Lorenzo Bellettini Titolo: «Schnitzler le carte in salvo»
Da La REPUBBLICA del 21 agosto 2008:
«Per favore, agite immediatamente!» La lettera contente questo accorato appello, destinata al bibliotecario dell´università di Cambridge, proveniva da un luogo lontano, aveva un autore improbabile e una richiesta singolare. Aggiungeva: «Cambridge potrà essere fiera di averlo salvato dall´oblio». Era l´inizio di una corsa per il salvataggio avventuroso - ad opera di uno studente, una vedova in fuga per l´America, un bibliotecario e un diplomatico - di uno dei più importanti lasciti letterari d´Europa. Si trattava dell´archivio privato di Arthur Schnitzler (1862 - 1931), lo scrittore viennese tra le cui conoscenze, intense e difficili, spiccano i nomi di Sigmund Freud (che in una famosa lettera lo definì il suo «doppio»), Theodor Herzl, Stefan Zweig, Thomas Mann e molti altri. Nota oggi anche in Italia grazie all´impegno di tanti germanisti, l´opera di Schnitzler ha influenzato grandi contemporanei, dal drammaturgo Tom Stoppard al regista Stanley Kubrick, il cui ultimo film, Eyes Wide Shut, è ispirato al romanzo di Schnitzler Doppio sogno. Il suo vastissimo lascito - quarantamila pagine tra diari, opere e lettere che offrono uno spaccato di un´epoca tra le più affascinanti della nostra storia - esiste tutt´oggi quasi per miracolo. Quando nel 1933 i nazisti giunsero al potere in Germania, le opere dello scrittore ebreo vennero condannate come «decadenti» e rischiarono il rogo. L´antisemitismo prese piede rapidamente anche in Austria. Nel 1935 il Burgtheater, il principale teatro di Vienna, smise di rappresentare drammi di Schnitzler. Quando nel marzo 1938 la Germania occupò l´Austria nel cosiddetto «Anschluss», il pericolo che le carte dello scrittore cadessero nelle mani dei nazisti e venissero distrutte divenne concreto. In quel momento cruciale, la vedova dello scrittore, Olga Schnitzler, anch´essa ebrea, era ansiosa di lasciare Vienna. Non potendo portare con sé l´imponente lascito del marito, si rivolse d´urgenza a uno studente inglese che si trovava nella capitale, Eric Blackall, raccomandatole come persona di fiducia. Questi, successivamente professore alla Cornell, era allora un ventitreenne laureato a Cambridge. Aveva appena consegnato la sua dissertazione, quando fu avvicinato da Olga con una pressante richiesta di aiuto, a cui egli reagì con prontezza sorprendente. La corrispondenza tra Blackall e l´allora bibliotecario dell´università di Cambridge, Alwyn Scholfiedl, ci permette oggi di ricostruire a grandi linee la cronologia degli eventi. Sebbene eviti per prudenza qualunque riferimento alla minaccia nazista, l´epistolario conserva tracce traumatiche: «Nessuno che non fosse a Vienna in quei mesi», scrive Blackall, «può anche solo immaginare le difficoltà nelle quali queste persone vivevano». Fu in queste circostanze drammatiche che si svolse l´avventuroso salvataggio del lascito di Arthur Schnitzler. Il 21 marzo 1938, appena una settimana dopo l´ingresso dell´esercito tedesco in Austria, il bibliotecario di Cambridge ricevette una lettera da Blackall nella quale il giovane chiedeva con urgenza se egli fosse disposto ad accettare l´intero lascito dello scrittore come donazione di Olga Schnitzler. La lettera si chiudeva con le parole: «Per favore, agite immediatamente!». Il bibliotecario inviò senza indugio un telegramma a Vienna e accettò l´offerta. Ciò permise a Blackall di firmare una dichiarazione, di cui fu testimone il Console britannico, Capitano John Taylor, che sanciva il passaggio di proprietà all´università di Cambridge. Nella villa dello scrittore, lo studio con tutto il suo contenuto erano ora proprietà inglese, e il Console li fece prontamente sigillare. Un´esitazione di appena pochi giorni sarebbe stata fatale. Furono infatti proprio i sigilli britannici alla porta dello studio ad impedire alla polizia nazista, che nei giorni seguenti perquisì la casa, di entrare e confiscarne il contenuto. Il lascito era salvo. Il passo successivo era organizzarne il trasporto in Gran Bretagna attraverso un´Europa ostile. Deve essere stata un´operazione assai delicata se Blackall, in un momento critico, firmava con un nome in codice le proprie lettere dirette a Cambridge («Tiarks», dal nome della borsa di studio di cui aveva beneficiato a Cambridge e che solo il suo professore e il bibliotecario potevano conoscere). Blackall reperì una compagnia di trasporti affidabile e il Console offrì la sua protezione. Il giovane studente trascorse l´aprile 1938 nella casa di Schnitzler in un´atmosfera di alta tensione (si sospettava che anche il telefono fosse sotto controllo), stilando febbrilmente un inventario e sopraintendendo all´imballaggio. Presto i pacchi sarebbero stati spediti secondo precise misure di sicurezza: in scatole provviste di lucchetto; le chiavi sarebbero state inviate separatamente. Il 23 maggio una dozzina di enormi scatole chiuse giunse in Gran Bretagna. Nel frattempo, Olga, ottenuto un visto, era in viaggio per l´Inghilterra. Il 25 maggio incontrava il bibliotecario a Cambridge e poteva telegrafare a Blackall che lei e i documenti erano sani e salvi in Inghilterra. Quella stessa sera Blackall scrisse al bibliotecario che avrebbe presto inviato anche le chiavi. Quando queste arrivarono a Cambridge all´inizio di giugno, i pacchi furono aperti per la prima volta. La quantità del contenuto era sbalorditiva. Olga dovette restare, con uno speciale permesso del Ministero dell´Interno, per coadiuvare l´archiviazione. Blackall, che pur collaborava a distanza, non poté essere presente allo stesso momento a Cambridge. Si era infatti nel frattempo addottorato e trasferito in Svizzera per una cattedra all´università di Basilea. Ma al momento di lasciare Vienna era riuscito a portare con sé, in maniera assai pittoresca, un cimelio: il prestigioso anello che il Burgtheater aveva conferito a Schnitzler nel 1926. Poiché un attacco di poliomielite nell´infanzia lo aveva lasciato con un piede più corto dell´altro, Blackall poté, al momento di lasciare l´Austria, nascondere l´anello nel suo calzino destro per consegnarlo al figlio di Schnitzler, Heinrich, alla stazione di Zurigo. Heinrich era in viaggio per l´America, dove sua madre lo avrebbe raggiunto nel 1939. L´esodo dei manoscritti era appena cominciato: esso avrebbe in parte seguito le vicissitudini dei personaggi coinvolti. Quando partì per l´America, Olga portò con sé parte dei documenti, in sèguito a un accordo secondo cui i più personali, tra cui i diari e il grosso della corrispondenza, sarebbero rimasti con la famiglia. Affidatane la maggior parte a Heinrich, Olga tenne per sé solo alcune carte, che riportò in Europa quando si trasferì in Svizzera. I ritagli di giornale riguardanti la ricezione dell´opera furono donati all´università di Exeter; il resto, dopo la sua morte nel 1970, tornò, tramite Blackall, a Cambridge. Heinrich, rimasto per decenni in America prima di tornare a Vienna, si prese cura del lascito paterno, in parallelo alla carriera di regista e accademico. Fece microfilmare i documenti, ne pubblicò diversi e, grazie alla sua conoscenza di prima mano del mondo di suo padre nonché della sua ostica grafia, incoraggiò sempre personalmente la ricerca internazionale. Alla sua morte nel 1984, i documenti in suo possesso andarono per testamento all´archivio di Marbach in Germania. Oggi i protagonisti di questa storia, Olga e Heinrich Schnitzler, Eric Blackall, il Console e il bibliotecario, sono tutti scomparsi da tempo. Ma i loro sforzi e le loro decisioni hanno lasciato un segno importante e duraturo. È grazie a loro, che hanno saputo agire «immediatamente», se l´imponente lascito di Arthur Schnitzler ci è giunto nella sua interezza e ricchezza: uno straordinario tesoro, monumento a uno scrittore, a un´epoca e alla letteratura, nonché al coraggio di questi avventurosi protagonisti.