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Il Foglio Rassegna Stampa
21.08.2008 La svolta "irachena"di Al Qaeda in Algeria
voluta da Abdelmalek Droukdel, allievo di al Zarqawi

Testata: Il Foglio
Data: 21 agosto 2008
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Chi è l’uomo di Zarqawi che riporta le stragi in Algeria»
Da Il FOGLIO del 21 agosto 2008

Algeri. Ieri, alle sei del mattino, due autobomba sono saltate in aria a Bouira, a est della capitale. La zona è nel pieno del quadrilatero della morte degli anni Novanta, quando le bande del Gruppo islamico armato tagliavano la luce ai villaggi isolati nel pomeriggio e poi aspettavano il buio per entrare e fare strage di civili. Le due esplosioni hanno colpito un autobus che portava ingegneri canadesi verso i lavori di una diga vicina e la caserma delle guardie. Tredici morti. Il giorno prima un attacco suicida aveva fatto 43 morti tra i cadetti di una scuola di polizia a Issers. Domenica, un maggiore dell’esercito e otto agenti della polizia antiterrorismo erano caduti in un’imboscata a Skikda, nell’est del paese. I guerriglieri li hanno uccisi, hanno preso le armi e hanno bruciato le auto. Tutti gli attacchi fanno parte della nuova svolta “irachena” di al Qaida nel Maghreb, che segna una grande frattura con gli anni di inerzia e immobilismo precedenti. L’ideatore del cambiamento è un laureato in matematica di 36 anni, Abdelmalek Droukdel, nome di battaglia Abu Mussab Abdel Wadoud: Abu Mussab come Abu Mussab al Zarqawi, il comandante militare di al Qaida in Iraq, ucciso dagli americani due anni fa. Fino al 2006, il gruppo di combattimento islamista era ripiegato su se stesso. Senza finanziamenti, senza armi, con pochissime simpatie tra gli algerini: “Nessuno voleva unirsi a noi”, ricordano i luogotenenti, che oggi – proprio come al Qaida nel resto del mondo – cercano l’attenzione dei giornali, mandano foto e video e si fanno intervistare dai grandi network. Nel 2005, quando il capo di al Qaida in Iraq, Abu Mussab al Zarqawi, elogiò le azioni del gruppo algerino in un comunicato ripreso da tutti i siti islamisti del mondo, quelli ringraziarono e poi si scusarono perché potevano rispondere soltanto in ritardo, con un desolato comunicato scritto: “Non abbiamo mezzi tecnici, siamo nascosti nella parte più montagnosa del paese, lontano da tutto, perché i soldati del governo ci danno la caccia”. Al gruppo mancava anche l’orizzonte internazionale: alla fine degli anni Novanta, quando Osama bin Laden fu espulso dal Sudan, cercò ospitalità presso di loro, conosciuti per essere una fazione di irriducibili: c’erano anche 1.500 cosiddetti “arabi-afghani”, reduci della guerra in Afghanistan contro l’Armata rossa sovietica. Il gruppo rifiutò, il saudita era troppo ingombrante, aveva piani troppo diversi: “A noi interessa la nostra lotta nazionale, non il sogno del jihad globale”. Sotto la guida di Abdel Wadoud, lo Zarqawi algerino, è cambiato tutto. Per prima cosa, il comandante ha accettato di cambiare il marchio del gruppo e lo ha rinominato al Qaida nel Maghreb. Ha accettato di rappresentare il messaggio di Bin Laden nel Nordafrica, e di essere considerato soltanto un fronte tra gli altri del jihad globale, ma è anche uscito dai panni stretti della guerricciola locale, che non aveva alcun appeal sui giovani arabi. Ora le reclute pronte a sacrificarsi sono tornate, e gli permettono il secondo grande cambiamento rispetto agli anni del declino. Gli algerini non compiono più azioni isolate di brigantaggio contro la polizia e l’esercito nelle zone più impervie del paese, operazioni di piccolo cabotaggio che non riescono a fare notizia al di fuori dei confini nazionali: ricorrono a grandi attentati suicidi, contro caserme, obiettivi occidentali e bersagli politici. E’ uno scenario pachistano, per le molte similitudini: un governo e un esercito autoritari ma poco efficaci, zone isolate fuori controllo, spirali di violenze in accelerazione. La differenza con il Pakistan è che l’Europa è distante soltanto un braccio di mare. Negli ultimi due anni membri del gruppo algerino sono stati arrestati in Francia, Svizzera, Germania e Italia. Abdel Wadoud comunicava volentieri con Zarqawi. Prima della sua morte, chiese al giordano aiuto per prendere ostaggi francesi, da scambiare con uno dei suoi comandanti catturato in Chad. In un altro messaggio, si dichiarò pronto a collaborare nella campagna di terrore contro le vignette danesi, come chiesto dal leader in Iraq. Ora che la rete di Zarqawi in Iraq è stata smantellata dagli americani, i sopravvissuti algerini, come dopo l’Afghanistan, tornano con il loro carico di esperienza e fanatismo.

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