L'offensiva del terrorismo islamico l'analisi di Fiamma Nirenstein
Testata: Il Giornale Data: 21 agosto 2008 Pagina: 14 Autore: Fiamma Nirenstein -la redazione Titolo: «La santa alleanza degli integralisti: tutti insieme all’attacco dell’Occidente - Hamas minaccia di uccidere Shalit»
Da Il GIORNALE del 21 agosto 2008, l'analisi di Fiamma Nirenstein:
Gli attentati che si sono susseguiti nelle ultime ore segnalano un’escalation del terrorismo che in questa fase di riassestamento mondiale segnala la volontà dell’estremismo islamico di essere un attore centrale del nuovo gioco. E non si tratta solo dell’evidente revival di Al Qaida che ritiene sia tempo per l’organizzazione di mostrarsi di nuovo, dopo un periodo di eclisse. Tutta la costellazione terrorista approfitta, salafiti e sciiti, della confusione che regna sotto il sole, fa progetti, si prepara e vede, in quella che per comodità chiameremo «nuova guerra fredda» senza che ci sfuggano le grandi differenze con quella antica, una grande opportunità per rendere decisiva la terza forza in campo. Esistere, mostrarsi, è oggi più del solito la prima regola del terrorismo; la seconda è che quando l’America e la Russia sono fissamente impegnate l’una con l’altra, il terrorismo è oggetto di minore attenzione. L’Europa è vista dallo jihadismo come sfondo inerte, talora compiacente, talora più reattivo, ma soprattutto come teatro di rappresentazione per i più importanti giocatori: a meno che i governi europei non si piazzino in una posizione che scoraggi con determinazione questo atteggiamento. Le organizzazioni ostili alla cultura occidentale e agli Stati Uniti cercano (e non è detto che la trovino) una sola sponda, quella russa, e sperano che si configuri una qualche alleanza, anche se non esplicita, con Putin. Quattro situazioni (oltre all’evidente espansione di Al Qaida nell’Africa occidentale, e persino in Marocco, dove ormai il problema preoccupa grandemente la classe dirigente filo-occidentale) mostrano, insieme al crescere degli attentati, la grande agitazione su cui possono crearsi nuove minacce legate al terrorismo: all’Hotel al Safir di Beirut due giorni orsono gli hezbollah, sciiti e khomeinisti, si sono presentati insieme ai rappresentanti di vari gruppi salafiti, sunniti, e hanno firmato un patto di alleanza, cosa che mai nessun analista avrebbe potuto prevedere. Sciiti e sunniti collaborano contro l’Occidente e Israele, come hanno dichiarato, mettendo da parte tutte le antiche ruggini; il giornale kuwaitiano Al Siyassa del 18 agosto racconta che pasdaran iraniani e hezbollah già esercitano gruppi salafiti in Libano per «dispiegarli nella grande battaglia che si prepara contro gli Usa e i suoi alleati». Nasrallah seguita ad essere armato molto pesantemente dalla Siria con armi iraniane. Intanto Bashar Assad, il presidente siriano stretto amico degli hezbollah, ha compiuto ieri un’urgente visita a Mosca e ha dichiarato a una tv russa che il suo scopo è quello di stringere con Putin, a seguito della notizia che Israele ha aiutato i georgiani a costruirsi l’esercito, un’alleanza militare più forte: per questo Bashar intende acquistare dalla Russia i temibili sistemi di difesa Pantsyr S1, e sistemi Bukmi di medio raggio, oltre a aerei militari. Assad si è detto fiducioso che ogni difficoltà possa essere superata perché la Russia dovrà riesaminare i suoi rapporti con Israele alla luce dei nuovi eventi e «aumentare il suo impegno verso i Paesi arabi in conflitto» con Israele. Si è parlato in segreto anche di una presenza di sottomarini russi nel porto siriano di Tartus. Insomma, la Siria richiede una nuova situazione di preminenza russa, che dati i rapporti di Bashar con gli hezbollah, Hamas e altre organizzazioni terroriste di stanza a Damasco, può farsi enormemente più pericolosa se la Russia decide di giocare il ruolo richiestole. Gli hezbollah insieme ai pasdaran iraniani hanno anche costruito quattro basi in Irak per preparare terroristi suicidi e guerriglieri. Lontana, ma forse ancora più vicina, la questione delle 90 bombe atomiche in possesso del Pakistan, cui tutto il mondo estremista pensa come alla bomba islamica: le dimissioni di Musharraf lasciano intravedere il fallimento di una politica che avrebbe dovuto ridurre ai minimi termini Al Qaida col guanto di velluto. Le 90 bombe del Pakistan sono divenute un oggetto alla deriva nel mare della brama islamista per un’arma definitiva, già pronta al contrario di quella che Ahmadinejad persegue con tutte le sue forze. Adesso, oltre a figurarci una corsa che coinvolga formazioni locali talebane e qaidiste e un interessamento diretto dell’Arabia Saudita a una cooperazione nucleare con il Pakistan, spunta la possibilità, ombreggiata dall’accordo di Beirut fra sciiti e salafiti, di un avvicinamento iraniano-pakistano in funzione antioccidentale, con tanto di bomba islamica già pronta. È uno scenario lontano, ma che potrebbe incontrare l’entusiasmo delle masse antiamericane. E, del resto, nella visita di Ahmadinejad in Turchia, ovvero in quello che dovrebbe essere il Paese islamico più moderato, sono stati usati toni così forti da preoccupare l’Occidente. In conclusione, l’Europa deve tenere alta la fiaccola della ragione antiterrorista aprendo bene gli occhi anche sulle prospettive più scabrose mostrando alla Russia la imprescindibilità della strada che peraltro aveva imboccato, quella della democrazia come scelta strategica. Occorre determinazione e severità per risultare convincenti.
Sempre dal GIORNALE, una breve sul ricatto di Hamas sulla vita di Gilad Shalit:
Abu Obeida, portavoce delle Brigate al Qassam - l'ala militare di Hamas - ha minacciato di uccidere il soldato israeliano rapito nel 2006, Gilad Shalit, se Israele non ottempererà alle richieste del movimento islamista palestinese di rilasciare un maggior numero di prigionieri palestinesi. A Shalit sarà riservata la stessa sorte di Ron Arad, ha dichiarato Obeida, riferendosi all'aviere israeliano scomparso subito dopo lo schianto del suo aereo in Libano nel 1986. Intanto, oggi, il fragile cessate il fuoco concordato fra Israele e Hamas è costretto a subire un nuovo test a seguito del lancio di un razzo kassam da Gaza nel sud di Israele che ha reagito chiudendo le frontiere.
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