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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
19.08.2008 David Grossman presenta il suo nuovo romanzo
parlando della perdita di suo figlio e del futuro di Israele

Testata: Corriere della Sera
Data: 19 agosto 2008
Pagina: 43
Autore: Cristina Taglietti
Titolo: «Grossman: ci salveranno le donne»
Dal CORRIERE della SERA del 19 agosto 2008:

CORVARA (Bolzano) — Saranno le donne a salvare Israele e a fare la pace? David Grossman, scrittore capace di rendere come pochi altri la complessità dei sentimenti umani e allo stesso tempo intellettuale impegnato, spesso critico nei confronti del governo del suo Paese, un po' ci crede. Ne ha parlato ieri sera a Corvara, in Alta Badia, con Corrado Augias, nell'ambito della manifestazione «Un libro, un rifugio». Lo ha fatto rispondendo a una domanda sul suo nuovo libro, Una donna in fuga,
uscito in Israele ad aprile, che Mondadori manderà nelle librerie italiane in ottobre. «Forse può sembrare semplicistico, ma ho scelto di parlare attraverso una voce femminile perché penso che una donna collabori in modo meno entusiastico all'impostazione aggressiva del governo, dell'esercito e rimanga più fedele ai figli, al sangue, alla vita».
Il punto di vista in cui Grossman si cala è quello di Ora: siamo durante la guerra dei Sei giorni e suo figlio Ofer, soldato, accetta di partecipare a un'incursione in Cisgiordania nei suoi ultimi giorni di leva. Ora, che aveva programmato di partire per una gita a piedi proprio insieme al figlio, decide di andare lo stesso, per non essere presente quando, come presagisce, verranno a svegliarla nel cuore della notte per annunciarle la sua morte. «Il suo modo di proteggerlo — ha spiegato Grossman — è quello di raccontare nei minimi dettagli a un amore di gioventù, che la accompagna durante il viaggio, tutta la vita di questo ragazzo, dal concepimento alla nascita, all'infanzia all'adolescenza. È una sorta di pensiero magico, come se parlare di lui fosse l'unico modo per proteggerlo e tenerlo in vita». Grossman fa una pausa, poi, guardando la moglie seduta in seconda fila, aggiunge: «Ho cominciato questo libro cinque anni fa, tre anni e mezzo dopo la mia storia e la mia vita si sono intrecciate in un modo terribile». Della morte del figlio ventenne Uri, il 12 agosto 2006, nelle ultime ore della guerra in Libano contro Hezbollah, non aggiunge altro, anche se del rapporto genitori-figli dice: «È difficile leggere nella mente dei nostri figli e capire quanto alcuni aspetti siano una nostra responsabilità e quanto altre parti invece esistano malgrado noi. Guardare negli occhi dei nostri ragazzi è come guardare il sole, può essere molto doloroso, si rischia di restare accecati. Per questo, nella letteratura, ci sono molti più libri sui genitori che sui figli».
Grossman ha fiducia nelle donne, ma su Tzipi Livni, ministro degli Esteri e candidata alla successione del dimissionario Olmert alla guida del partito Kadima e del governo, non si sbilancia. «Da quello che so, i negoziati tra Israele e Palestina sono più vicini che mai a un accordo che potrebbe essere accettato da entrambe le parti. Il problema è che spesso i leader arrivano alla conclusione quando non hanno più il potere per realizzarla, come Olmert in questo caso. Non so dove ci potrebbe portare la Livni. Non è nemmeno detto che venga eletta. Secondo alcuni sondaggi Netanyahu sarebbe in vantaggio. Ed è dimostrato che quando si è vicini a una soluzione, prevale la paura che fa scegliere la via più conflittuale. Ci sono molte ragioni per nutrire speranze, ma anche molte per non nutrirne affatto». Si tratta, in fondo, di guardare le cose Con gli occhi del nemico, come dice il titolo del libro di Grossman, edito anch'esso da Mondadori, che ha offerto lo spunto per l'incontro di Corvara. «Si provano un tale piacere e una tale dolcezza quando si riesce veramente a capire ciò che compone un altro essere umano, quando si coglie il filamento profondo della sua esistenza».
Ma si può veramente capire il nemico quando si vive in una realtà di conflitto che dura da così tanto? «Se tutta la vita è all'insegna della violenza e della paura — dice Grossman — si è continuamente in contatto con i propri pregiudizi, i cliché riguardanti l'altro, si aderisce a un linguaggio rituale che è fatto di slogan, di propaganda. La guerra continua anche per questo: i mass media trasformano gli individui in massa, quando non in folla irrazionale, alimentando così la radicalizzazione. Il risultato è che non viviamo la vita che meriteremmo di vivere. Non è solo questione di terra, di avere due Stati, ma anche di dignità. Dobbiamo tornare a vivere come esseri umani. Quando critico Israele lo faccio per il grande amore che ho verso il mio Paese, perché sono convinto che continuiamo a vivere una vita parallela, di distruzione di risorse, di energie buttate nella paura e nel bisogno di difendersi. La vita vera è un'altra cosa».

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