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Il serpente biblico. L’on Riccardo Luzzatto
In Friuli fra culto della patria, antisemitismo
e politica (1892-1913) Valerio Marchi
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Un tipo sanguigno, proverbiale per le sue sfuriate, tanto da meritarsi il soprannome di “onorevole del calamaio”, perché “nei momenti burrascosi, aveva spesso minacciato di farne argomento persuasivo sulla testa di qualche oppositore”. In realtà, Riccardo Luzzatto quel calamaio non lo tirò mai, o almeno del lancio non è rimasta notizia nelle cronache del Parlamento, dove l’avvocato friulano sedette dal 1892 al 1913.
Luzzatto veniva da una vecchia famiglia ebraica di origini ashkenazite, che si era radicata fra Veneto e Friuli già dal XV secolo. Il padre Marco era stato un convinto sostenitore degli ideali risorgimentali, ed era finito anche in una galera austriaca. Il fratello Adolfo aveva combattuto nella battaglia a San Martino, tra le file dei bersaglieri, e Riccardo, per non essere da meno, si era imbarcato coi Mille a Quarto, a soli diciotto anni.
Irredentista e attivo nelle file della massoneria, militò tra i radicali e poi coi repubblicani, appoggiò l’intervento italiano in Libia nel 1911-12, e allo scoppio della Grande guerra si arruolò come volontario, meritandosi, lui settantenne, una medaglia d’argento.
Si può ben dire che Luzzatto riassuma in sé il pathos risorgimentale del giudaismo italiano. Tra le molte luci vi fu però anche qualche ombra. Fu infatti implicato nello scandalo connesso alla costruzione del nuovo Palazzo di Giustizia di Roma, e si parlò di somme di denaro ricevute in cambio di favori a ditte appaltatrici. Forse le frequentazioni politiche lo avevano coinvolto in un gioco più grande di lui, ma certo è che, nel 1913, fu costretto a dimettersi da deputato. Qualche anno prima di morire, nel 1923, Luzzatto si avvicinò poi a Mussolini, e prese parte all’adunata del 23 marzo 1919 a piazza San Sepolcro, a Milano, da cui nacquero i Fasci italiani di combattimento.
Ce n’è quanto basta per disegnare un profilo a toni forti dell’Italia ebraica tra Otto e Novecento. In effetti, Valerio Marchi fa della biografia di Luzzatto un percorso nella vita civile e religiosa del Paese nell’autunno del Risorgimento. E’ un volume documentatissimo, anche se qualche sforbiciata avrebbe reso più piacevole la lettura. Il filo conduttore è offerto dal giudaismo laico del deputato friulano, visto in controluce nelle polemiche che accompagnarono la sua attività politica.
Luzzatto era un convinto anticlericale e la sua focosa eloquenza sembrava fatta apposta per suscitare reazioni violente nella parte avversa.
Gli attacchi più polemici vennero dalla stampa cattolica friulana. Quegli articoli un po’ sgrammaticati, in cui antisemiti di vecchio o di nuovo conio fanno volare parole grosse e se la prendono con Luzzatto ebreo e massone, ci raccontano di un’Italia divisa e rancorosa.
Erano gli anni del non expedit – il divieto di votare e di essere eletti imposto dal papa ai cattolici italiani – e l’attivismo dei parlamentari ebrei urtava la sensibilità religiosa, alimentando il fuoco di antichi pregiudizi.
Fu così che un giornale giunse addirittura a scrivere che Riccardo Luzzatto era “il serpente biblico” ovvero un politicante malizioso con attributi quasi demoniaci. Ci fu anche chi riesumò l’antica accusa dell’omicidio rituale, sebbene non mancassero voci più specificamente politiche: “Ma che ebreo d’Egitto! – rispondeva un altro foglio – Non è l’ebreo che si vuol combattere: si combatte il deputato, che votò in Parlamento per la scuola laica”.
Problemi di allora e di adesso, anche se il sipario sul gran teatro del Risorgimento è calato già da un pezzo.
Giulio Busi
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