Cattocomunisti, terroristi palestinesi, Brigate Rosse: tutti nel mazzo! le polemiche sul "lodo Moro" nell'analisi di Federico Steinhaus
Testata: Informazione Corretta Data: 18 agosto 2008 Pagina: 1 Autore: Federico Steinhaus Titolo: «Cattocomunisti, terroristi palestinesi, Brigate Rosse: tutti nel mazzo!»
Non si placa la piccola tempesta mediatica suscitata dalle rivelazioni (?) di un leader del Fronte Popolare per la liberazione della Palestina (FPLP) e dell’ex presidente della Repubblica Cossiga. A queste si sono aggiunte ore le singolari elucubrazioni dietrologiche di Cirino Pomicino, che completano un quadro deprimente. Le notazioni che si possono fare per introdurre alcune riflessioni sono tre:
a) non si tratta di rivelazioni, di fulmini a ciel sereno, dato che voci insistenti sia pure non provate di questo macabro scambio di favori fra il regime cattocomunista italiano ed il terrorismo circolavano già tra la fine degli anni 70 e gli anni 80
b) il contorto complottismo di Pomicino, per il quale Tangentopoili sarebbe stata la vendetta americana contro la classe dirigente italiana colpevole di aver dato una mano ai palestinesi , è la riprova dell’incapacità di darsi delle regole etiche del regime cattocomunista, che ancora a distanza di vent’anni e più prevale sul senso critico
c) l’insieme di queste rivelazioni e commenti ha lasciato del tutto indifferente la classe politica ed intellettuale italiana, troppo assorbita dalle esigenze prioritarie del Ferragosto per dire una sola parola in proposito.
A quell’epoca (fine degli anni 70 ed anni 80) dominava in Italia un regime onnipotente e sottratto ad un autentico potere di controllo da parte del popolo, in cui la DC ed il PCI si scambiavano effusioni clandestine ed il PSI, terzo pilastro del regime, era gestito con ipocrisia (Nenni si deve essere rivoltato nella tomba mille volte....) e cinismo a favore del mondo arabo.
Non si tratta di ripercorrere in questa sede gli avvenimenti di allora. Oggi nessuno più ricorda, o ama ricordare, che l’OLP di Arafat era un conglomerato di sigle terroristiche spietate, che uccidevano gli ebrei in quanto ebrei nelle sinagoghe, nelle scuole, nei ristoranti a Vienna, a Parigi, in Belgio, a Roma, oltre che in Israele stesso. Che dirottava un aereo francese separando i passeggeri ebrei ( o con cognome “ebraico”) da quelli supposti non ebrei, per poter selezionare chi doveva essere ucciso. Che uccideva la squadra israeliana nel villaggio olimpico di Monaco (e le Olimpiadi non furono interrotte).
Qui vogliamo solamente riproporre il quesito a quel tempo particolarmente nuovo e lacerante, se con i terroristi si possa trattare per salvare vite umane o si debba mantenere un atteggiamento rigido di rifiuto. Lo stesso quesito che si è riproposto in anni recenti con le tragiche gesta del terrorismo islamico iracheno ed afghano, senza ricevere una risposta chiara e condivisa.
Israele più di chiunque altro (pur essendo la vittima designata di quel terrorismo) e gli Stati Uniti sostenevano che solamente la fermezza portata alle estreme conseguenze avrebbe potuto scoraggiare o sradicare il terrorismo, che invece i cedimenti al ricatto avrebbero innescato una catena di nuovi atti di terrorismo nella certezza di poter piegare la debole Europa. L ’Italia in particolare fece quel che nessun altro stato occidentale aveva osato fare: concluse un accordo preventivo coi terroristi palestinesi promettendo loro aiuto contro Israele a patto che non commettessero attentati in Italia. In fondo, si trattava “solo” di Israele, di un problema che non toccava gli interessi nazionali da tutelare quali il petrolio, i commerci....Ricordiamo solo per un istante che nel rapimento di Aldo Moro l’atteggiamento fu invece di totale rifiuto a trattare con le Brigate Rosse.
Non è banale o fuori luogo rievocare questi fatti. Oggi vi è in Italia chi favorisce spudoratamente Hezbollah e si mantiene su una linea fortemente equivoca con l’Iran per salvaguardare i suoi commerci e vorrebbe trattare da pari a pari con Hamas per non giocarsi le simpatie di chi in questo momento ha in mano le leve del potere in quella parte del mondo. In politica il cinismo è sicuramente un ingrediente che non può mancare, sia pure in piccole dosi: ma quando la politica è solo cinica e trascura ogni altro aspetto delle relazioni umane essa spalanca le porte all’indecente tentazione di calpestare ogni valore morale Federico Steinhaus