L'intreccio tra la crisi georgiana e quella iraniana spingerà Israele ha fermare l'atomica degli ayatollah con un raid ?
Testata: Il Foglio Data: 17 agosto 2008 Pagina: 1 Autore: la redazione Titolo: «Perché la tregua fredda tra Georgia e Russia scalda il dossier Iran»
Da Il FOGLIO del 17 agosto 2008:
Roma. A Mosca il presidente russo Dmitri Medvedev firma la tregua. A Tbilisi il governo georgiano costruisce lentamente il bilancio della guerra lampo contro la Russia. I report della diplomazia americana dicono che i blindati di Mosca stanno abbandonando il paese ma si lasciano alle spalle saccheggi e mucchi di macerie. Il terminal commerciale del porto di Poti è completamente distrutto così come gli edifici pubblici e le caserme di Gori, a pochi chilometri dalla linea di frontiera con l’Ossezia meridionale. La strada ferrata che collegava la città di Metheki a Grakali è stata fatta saltare: teneva unite le coste del mar Nero alla parte orientale del paese. “Ma la cosa più difficile da ricostruire in questo momento sono le relazioni fra la Russia e gli Stati Uniti”, dice al Foglio un funzionario del dipartimento di stato che si trova nel Caucaso per seguire la crisi. Il presidente americano, George W. Bush, ha detto che la Casa Bianca è pronta a rivedere “tutti i rapporti” con il Cremlino dopo “l’inaccettabile” aggressione alla Georgia. L’assemblea della Nato convocata per mercoledì potrebbe segnare il punto di rottura con Mosca. Il che vorrebbe dire interrompere la collaborazione sui dossier internazionali aperti, a partire da quello sul nucleare di Teheran. Nel corso degli ultimi mesi la diplomazia americana è riuscita a costruire un consenso intorno alle sanzioni economiche decise dalle Nazioni Unite contro il programma iraniano di arricchimento dell’uranio. Il ruolo di Mosca in questo processo è stato fondamentale. La Russia fa parte del 5+1, il gruppo negoziale incaricato di gestire i colloqui che comprendono i paesi del Consiglio di sicurezza dell’Onu più la Germania. Il suo sostegno al piano della Casa Bianca nega un appoggio internazionale cruciale all’Iran e impedisce che l’Europa si divida sulla strategia. Nessun presidente americano prima di Bush era riuscito ad avere rapporti tanto proficui con il Cremlino. Le sanzioni hanno permesso di limitare l’attività degli istituti di credito che alimentano il programma nucleare degli ayatollah, come Bank Melli e Sderot; hanno rallentato il flusso di denaro destinato alle organizzazioni terroristiche di tutto il medio oriente; hanno allontanato le multinazionali straniere del petrolio. Il presidente, Mahmoud Ahmadinejad, è bersaglio di critiche che arrivano dall’opposizione e dalla Guida suprema, l’ayatollah Khamenei: a Teheran i prezzi volano e i governi cambiano. Giovedì il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, ha parlato al telefono con il collega russo, Sergei Lavrov, per chiedere di non sospendere la collaborazione. Il timore è che la crisi delle relazioni fra Russia e Stati Uniti colpisca il dossier del nucleare iraniano: non si può isolare la Russia senza conseguenze. La fine della tenaglia economica sull’Iran potrebbe segnare un nuovo impulso per gli esperimenti atomici nelle centrali di Natanz e Busher, ma potrebbe anche avvicinare la possibilità di un intervento israeliano per fermare le ambizioni degli ayatollah. Il mese scorso i caccia di Gerusalemme hanno effettuato lunghe esercitazioni sui cieli del Mediterraneo che il New York Times ha descritto come “le prove generali” di un’ipotetica – non impossibile – missione sull’Iran. Se la comunità internazionale perde compattezza, potrebbe arrivare il momento dell’aviazione israeliana. Il ministro degli Esteri di Tbilisi, Eka Tkeshelashvili, dice al Foglio che la collaborazione internazionale sarà necessaria anche per risolvere la crisi fra Georgia e Russia. “Il cessate il fuoco è stato firmato sia qui sia a Mosca ma le truppe russe non hanno ancora lasciato il paese, come previsto dal documento. La posizione dell’Europa è stata forte nel condannare quanto accaduto e ora speriamo che l’Ue cooperi con gli Stati Uniti per assicurare la stabilità di questa regione”. L’obiettivo della Georgia è l’ingresso nella Nato, dice Tkeshelashvili, e i tempi per l’adesione “non sono cambiati: ci aspettiamo di partecipare alla road map entro la fine dell’anno”.
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