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Il Manifesto Rassegna Stampa
14.08.2008 Le conclusioni dell'inchiesta sulla morte di un cameramen a Gaza assolvono i soldati israeliani
il quotidiano comunista s'indigna, ma usa due pesi e due misure

Testata: Il Manifesto
Data: 14 agosto 2008
Pagina: 10
Autore: la redazione
Titolo: «Dal tank uccisero cameraman: tutti assolti»

Il MANIFESTO del 14 agosto 2008 si indigna per l'assoluzione dei soldati israeliani che dal loro carro armato fecero fuoco contro un cameramen delle Reuters, uccidendolo.
Dal tank uccisero cameraman: tutti assolti è il titolo.
In una situazione di combattimento, a una certa distanza una telecamera può  essere scambiata per un arma anti-carro, un corpetto con scritto "press" può non essere visto (o può essere una contraffazione dei terroristi, che si nascondono anche nelle ambulanze).
Il quotidiano comunista, naturalmente, non intende tenerne conto. Vuole la condanna, dei soldati israeliani e di Israele


Un'inchiesta militare israeliana ha assolto l'equipaggio del carro armato che lo scorso aprile a Gaza aprì il fuoco e uccise un cameraman dell'agenzia Reuters, Fadel Shana, e altri otto palestinesi. L'inchiesta avrebbe stabilito «che l'autorizzazione ad aprire il fuoco data al carro armato era legittima». Durante una giornata piena di scontri a fuoco, Fadel Shana stava filmando da molti minuti un tank israeliano distante oltre un chilometro: le ultime immagini della sua telecamera riprendono la granata piena di dardi d'acciaio che arriva contro di lui. Per la Reuters, che si è detta «estremamente delusa», Shana indossava un corpetto con scritto «press» a grandi lettere.

E' interessante confrontare la copertura di questa notizia con l'analisi del ruolo della propaganda nel conflitto russo-georgiano, svolta da Astrit Darkli nella pagina immediatamente seguente. I media occidentali, sostiene Darkli, hanno creduto automaticamente a Saakashvili, mentre hanno diffidato delle informazioni provenienti dalla Russia:

Pochi hanno fatto mente locale sul fatto che in Georgia non esistono media indipendenti (non le tv, controllate dallo stato, né i maggiori giornali, tutti proprietà di amici del presidente) e che la libertà d'informazione è severamente limitata dal potere politico - tanto che ci sono state negli ultimi dodici mesi molte proteste, culminate in una quasi insurrezione l'autunno scorso.

Capiterà mai di leggere sul MANIFESTO espressioni di scetticismo circa le informazioni fornite dai palestinesi ? Il quotidiano comunista farà mai "mente locale sull'inesistenza, a Gaza e in Cisgiordania, di un'informazione libera e indipendente ?
Piuttosto, si sono viste sulle sue pagine campagne per accusare Israele di limitare la libertà di informazione, anche a causa delle morti di giornalisti in zone di combattimento.
Anche su questo punto, il quotidiano comunista è però pronto a stupirci.
Nel caso del conflitto russo-georgiano, vale un ragionamento diverso, quanto meno sorprendente. I giornalisti morti in Ossezia testimoniano che Mosca garantisce più di Tbilisi la libertà di informazione:

paradossalmente, proprio le terribili perdite umane subite dal drappello dei giornalisti sul campo in Ossezia mostrano che la libertà d'informazione è forse più rispettata in Russia che in America. Sul teatro di guerra iracheno, i giornalisti hanno potuto muoversi pochissimo, totalmente «embedded» e sotto censura; quelli che si muovevano dalla parte irachena del fronte sono stati deliberatamente bersagliati e uccisi. Sul teatro di guerra georgiano, tutti i giornalisti colpiti (un russo, due georgiani e un olandese gli uccisi, quasi tutti russi i feriti) si stavano muovendo, dall'una e dall'altra parte del «fronte», in piena autonomia e libertà, arrivando ad essere presenti nel pieno degli scontri - con rischi terribili - pur di inviare i loro reportages alle redazioni.

Quando si dice "due pesi e due misure" !

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