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La Stampa Rassegna Stampa
06.08.2008 Aafia Siddiqui, terrorista di Al Qaeda
stava progettando attentati negli Usa, dove ora è stata estradata

Testata: La Stampa
Data: 06 agosto 2008
Pagina: 12
Autore: Francesco Semprini
Titolo: «La signora di Al Qaeda in manette a New York»
Da La STAMPA del 6 agosto 2008:

Trentasei anni, pakistana, tre figli e due matrimoni alle spalle, un dottorato in biologia al Mit di Boston e un odio viscerale nei confronti degli americani. E’ Aafia Siddiqui, il volto femminile di Al Qaeda, la presunta fiancheggiatrice dei «most wanted» da Cia ed Fbi, estradata negli Usa per rispondere di tentato omicidio. Ha provato a uccidere i militari americani che la stavano interrogando in Afghanistan, anche se l’estradizione serve all’Fbi per far luce sul suo passato e in particolare sui legami con alcuni alti esponenti di Al Qaeda detenuti a Guantanamo. Siddiqui è infatti una vecchia conoscenza dell’intelligence Usa, il suo primo arresto risale al marzo 2003, a Karachi, in Pakistan. Secondo fonti sempre smentite dall’Fbi, sarebbe lei la misteriosa detenuta fantasma, la presunta terrorista tenuta per lungo tempo in isolamento nella prigione-fortezza afgana, tanto da guadagnarsi l’appellativo di «Gray lady of Bagram», la signora in grigio di Bagram.
Il 17 luglio, dopo un lungo periodo di latitanza, Siddiqui viene arrestata di nuovo dalla polizia nazionale afgana nella provincia di Ghazni: «Nella borsa - raccontano - vengono trovati documenti per la fabbricazione di esplosivi ed estratti dell’Arsenale dell’anarchico», un manuale per la costruzione di ordigni rudimentali. Secondo la polizia locale ci sono anche le illustrazioni di potenziali obbiettivi in Usa, tra cui alcuni palazzi storici di New York. Il giorno dopo è il turno degli americani: «Due agenti speciali dell’Fbi, alcuni ufficiali dell’Esercito e gli interpreti salgono al secondo piano della struttura dove la donna è controllata a vista ma senza essere legata», spiega il rapporto del dipartimento di Giustizia Usa. Uno dei militari, un capitano, poggia il fucile M-4 vicino alla sedia per iniziare l’interrogatorio, ma appena volta le spalle sente la donna urlare con l’arma puntata verso di lui. «Possa il tuo volto essere ricoperto di sangue», urla Siddiqui, mentre un altro ufficiale tenta di disarmarla. La donna è una belva inferocita, «a morte tutti gli americani», inveisce senza mollare la presa. Sono momenti concitati e partono due colpi ma nessuno viene ferito. Il capitano risponde con la sua pistola 9 mm e colpisce la donna al busto, vicino alle spalle. Nonostante la ferita Siddiqui non molla, si divincola, sino a quando, sfinita viene immobilizzata. Dopo qualche giorno scatta l’ordine di estradizione negli Usa, dove Siddiqui arriva il 4 agosto per rispondere dell’accusa di omicidio.
Il curriculum criminale di Aafia è di tutto rispetto tanto da guadagnare le simpatie dei vertici dell’organizzazione di Osama bin Laden, per sua natura maschilista e chiusa alle donne. Al suo attivo ci sono operazioni finanziarie a favore di alleati di Al Qaeda, oltre al traffico di diamanti dalla Liberia con la complicità dell’ex dittatore Charles Taylor. E ancora, fiancheggiamento e supporto logistico per una serie di attentati da attuare nell’estate del 2004, durante la campagna presidenziale americana. Nel 2002 riceve l’incarico di preparare le carte d’ingresso e di soggiorno negli Usa per Majid Khan, super-ricercato detenuto a Guantanamo dal 2006 dopo una lunga permanenza in una delle prigioni segrete della Cia. L’uomo è stato inviato da Khalid Shaikh Mohammed, la mente dell’11 settembre, con l’obbiettivo di inquinare le riserve idriche del Paese e far saltare stazioni di servizio. Il nome di Aafia è infine legato a quello di Ammar al-Baluchi, altro prigioniero della base militare cubana che oggi rischia la pena di morte per suoi i legami con i dirottatori dell’11 settembre. I due si sono sposati poco prima della cattura dell’uomo, nel 2002.

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