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Le prima parole d'odio contro Israele 01/08/2008
Vorrei far rilevare come - nel passato ormai remoto - le prime parole d'odio ch'ebbi per mia disgrazia ad ascoltare contro Israele non furono, a onor del vero, pronunciate da qualche esponente "sinistro" ("cioè" di sinistra), bensì da alcuni cattolici (post- ??) conciliari-con-l'aggravante-di-sinistra (che magari - chissà? - nel futuro prossimo avrebbero  "scelto"-per-la-lotta-di-classe, oppure avrebbero continuato il loro modernismo cattolico inconsciamente imbevuto di antico antisemitismo cristiano). Attenzione! All'origine di tutti i "ragionamenti" (??) formulati da costoro ( in realtà paralogismi, faneticazioni) sta l'argomento-principe: quello del dovere dello "schierarsi-dalla-parte-degli-oppressi": un dogma che per questo tipo di cattolici era indiscutibile e per sé evidente, proprio come il principio di non contraddizione (il quale, come si sa, è tanto evidente da non poter essere dimostrato). Ebbene, proprio qui sta l'origine del male: schierarsi "con gli oppressi" equivale a introdurre nei movimenti di liberazione politica il peso di una miseria che diventa legge del processo storico, e che già con Robespierre si presenta col volto sanguinario della dittatura. Il "discorso" sui palestinesi (questi oppressi di professione) constituisce una specie di pietrificazione, di definitiva cristallizzazione di questo dominio della miseria: è loro consentito di prolungare all'infinito sotto l'egida dell'onu lo status di profughi, mentre intorno a loro sembra perpetuarsi all'infinito il sofisma sullo "schierarsi-dalla-parte-degli-oppressi". Ma tale assunto è tutt'altro che evidente di per sé: forse che infatti si può caratterizzare, per esempio, una scuola dagli alunni peggiori? O non piuttosto dai migliori, dagli "àristoi"?
Antonio Ferrarese

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