Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Il terrorismo suicida torna a colpire in Iraq le attentatrici sono donne: la cronaca e l'analisi di Guido Olimpio
Testata: Corriere della Sera Data: 29 luglio 2008 Pagina: 0 Autore: Guido Olimpio Titolo: «Le stragi delle donne kamikaze: 57 morti»
Il terrorismo suicida torna a colpire in Iraq. Le attentatrici sono donne.
Pubblichiamo in merito due articoli dal CORRIERE della SERA del 29 luglio 2008.
La cronaca di Guido Olimpio:
Pressati dalle recenti offensive, espulsi da numerose regioni sunnite, i qaedisti reagiscono con gli attacchi suicidi affidati alle donne. Quattro azioni kamikaze - tre a Bagdad e una a Kirkuk - hanno causato 57 morti e trecento feriti. Una dimostrazione di forza per mostrare di essere ancora in grado di provocare danni e sfidare le autorità. Un massacro che ha segnato le due componenti etniche — sciiti e curdi — che rappresentano i bersagli preferiti degli eredi di Al Zarkawi. Un tentativo disperato di riaccendere il conflitto inter-etnico in un momento in cui il governo, con l'appoggio degli Usa, è riuscito a ottenere buoni risultati. Il primo colpo è stato spettacolare quanto ben pianificato. Nella capitale si era radunato un gran numero di pellegrini sciiti diretti al mausoleo di Moussa Al Kadhimi quando si è verificata una prima esplosione. La folla, presa dal panico, ha ondeggiato. E qualche istante dopo sono entrate in azione simultaneamente tre attentatrici suicide che avevano nascosto gli ordigni sotto la «abaya», la veste nera che li copriva fino ai piedi. Oltre 30 le vittime, in buona parte donne e bambini. L'attacco è ancora più significativo perché i seguaci di Al Qaeda sono stati in grado di agire malgrado severe misure di sicurezza. Nella zona erano in servizio molti soldati e anche alcune «Figlie dell'Iraq», le donne addestrate a intercettare le possibili kamikaze. Non è chiaro se le terroriste hanno azionato personalmente il detonatore o se, come è avvenuto in passato, l'esplosione è stata provocata da un complice con un radiocomando. Qualche ora dopo, gli estremisti si sono ripetuti nel nord, a Kirkuk. Ancora una donna-bomba si è fatta esplodere nel mezzo di una manifestazione curda: 25 i morti, 180 i feriti. Un bilancio che poteva essere più grave. La polizia ha infatti scoperto e neutralizzato una vettura- bomba parcheggiata vicino alla piazza dove era in corso la dimostrazione. L'attacco ha avuto una coda violenta. Gruppi di curdi hanno aggredito membri della comunità turkmena. Il ricorso alle kamikaze ben cinque in due giorni - potrebbe voler dire che «Al Qaeda nella terra dei due fiumi» ha qualche problema nel reclutamento di attentatori maschi, tradizionale arma nella guerra contro coalizione e stato. Il Pentagono ha segnalato di recente un possibile spostamento nel flusso dei volontari. Invece che l'Iraq la nuova meta sarebbe il quadrante Afghanistan- Pakistan. Inoltre impiegando delle donne, i militanti sono consapevoli di «far notizia» in una opinione pubblica internazionale ormai abituata agli eccessi del carnaio iracheno.
Sempre di Guido Olimpio, un'analisi sul fenomeno del terrorismo suicida perpetrato da donne. Lo schema della studiosa Farhana Ali , che pone al primo posto tra le cause del fenomeno la " vendetta per la perdita di un familiare" meriterebbe varie precisazioni: vi sono state terroriste suicide che non erano per nulla motivate dalla perdita di un famigliare, vi sono state terroriste suicide costrette a uccidersi e a uccidere perché ritenute "disonorate" secondo i canoni della società islamica più tradizionalista. In ogni caso, per le donne come per gli uomini, la prime causa del terrorismo è l'incessante propaganda che diffonde l'odio indiscriminato per le vittime, l'aspirazione fanatica alla propria morte e il culto della violenza.
Ecco l'articolo:
Loula, 19 anni, era una libanese, di religione cristiano-ortodossa, membro del Partito nazionale pro-siriano. E' stata lei, con la sua compagna Sana'a Mehaidi, a indicare la via del martirio a dozzine di donne facendosi saltare contro un convoglio israeliano in Libano. Era il 1985. Da allora molte altre le hanno imitate. E non solo in Medio Oriente o in regione popolate da musulmani, come la Cecenia o la Palestina. Le kamikaze sono diventato fabbriche di morte nello Sri Lanka e in Kurdistan. Oggi sono la principale arma di distruzione di massa in Iraq. Dal 2003 a oggi sono state quasi una cinquantina e altre 122 — sostengono le autorità forse esagerando — non sono riuscite a portare a termine l'azione. Il Pentagono segue con preoccupazione il ricorso alle kamikaze, qualche volta in coppia con un minore. A inquietarli la tendenza: nel 2007 erano state «appena» otto, quest'anno sono triplicate. Un fenomeno che ha sollecitato studi e rapporti. Anche se l'ideologo qaedista Ayman Al Zawahiri ha affermato che le donne devono preoccuparsi di combattenti e figli, i leader locali non hanno avuto dubbi a usarle con la benedizione di imam compiacenti. I militanti ripetono quanto hanno visto fare dai loro fratelli di lotta. Dopo l'11 settembre le mujahidaat diventano una firma per gli attacchi. Le «vedove nere» cecene escono alla scoperto con l'assalto al teatro di Mosca, fanno saltare aerei e si lanciano in una gara con le palestinesi. È il 27 gennaio 2002 quando l'infermiera Wafa Idris, che allevava piccioni e si occupava degli handicappati, entra in un negozio di Gerusalemme, chiede il prezzo di un paio di scarpe e un momento dopo aziona una carica esplosiva tra la folla. E, di nuovo, sono stati i gruppi cosiddetti laici ad accettare le donne mentre Hamas e la Jihad hanno atteso a lungo ritenendo che non fosse ammesso il loro impiego. Nel 2003, è l'uzbeka Dilnova Holmuradova ad agire a Tashkent. Viene da una buona famiglia, parla cinque lingue ma diventa una «sorella benedetta » massacrando 47 persone su ordine di un gruppuscolo islamista. Il modello fa scuola e con la crisi in Iraq le kamikaze entrano in forze nel conflitto. Le prime due si uccidono a un posto di blocco nei primi giorni dell'invasione con Saddam ancora al potere: non erano straniere ma irachene. E lo sono quelle che seguono. Come Wenza Mutlaq, 30 anni, con il fratello attentatore suicida e il marito caduto in battaglia, immolatasi il 22 giugno. O la madre che ha avuto cinque figli uccisi nei combattimenti. Per la studiosa Farhana Ali sono le «quattro R» (in inglese) a trasformare una madre di famiglia in assassina: 1) La vendetta ( revenge) per la perdita di un familiare. 2) Dimostrare ( reassurance) che la donna è in grado di imitare l'uomo. 3) Reclutare ( recruit) altre simpatizzanti e dare l'esempio. 4) Ottenere il rispetto e la considerazione sociale ( respect) della comunità. L'età media oscilla tra i 15 e i 35 anni, provengono da aree povere, in alcuni casi erano le spose dei volontari jihadisti stranieri poi diventati «martiri». A queste spiegazioni se ne aggiunge una fondamentale: le donne hanno più possibilità di aggirare i controlli e arrivare sul bersaglio. Per fermarle a Bagdad hanno formato l'unità le «Figlie del-l'Iraq », altre donne che perquisiscono ed eseguono l'ultimo controllo. Uno scudo umano contro le bombe che camminano.
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