A Gaza è in corso una guerra intestina ad Hamas ma la partita decisiva si gioca a Damasco e a Teheran
Testata: Il Foglio Data: 29 luglio 2008 Pagina: 3 Autore: la redazione Titolo: «Così a Damasco si decide l’esito della guerra interna a Hamas»
Da Il FOGLIO del 29 luglio 2008:
Gerusalemme. Nessuno può dimostrare che gli scontri armati interarabi che hanno insanguinato nelle stesse ore del fine settimana Gaza e Tripoli (in Libano) siano interconnessi, ma è certo che segnalano sui due quadranti – e in contemporanea – una destabilizzazione crescente interna al regime siriano e al blocco Baath-Hamas-Hezbollah. Una novità non da poco. Particolarmente interessanti sono gli incidenti di Gaza, perché confermano una duplice crisi: quella interna al blocco che fa capo al regime di Damasco e quella interna a Hamas. A partire dal momento dell’attentato sul lungomare di Gaza che ha eliminato Iyha al Hayeh, dirigente militare delle Brigate Ezzedin al Qassem e nipote di un parlamentare di Hamas (nove morti, tra cui una bimba di nove anni), il movimento islamista ha iniziato ad accusare Fatah. Ma a molti osservatori è parsa evidente la strumentalità di queste critiche: chiunque conosca Gaza sa che l’attentato si colloca perfettamente in una faida interna a Hamas e che è stato organizzato da un comparto del gruppo stesso, contro un altro comparto fratello. Decine sono stati gli arresti ieri di militanti di Hamas in Cisgiordania ordinati dal governo di Abu Mazen, mentre a Gaza si è inasprito il giro di vite contro i superstiti uomini di Abu Mazen: centinaia di militanti di al Fatah sono stati arrestati; è stata vietata la diffusione di quotidiani stampati in Cisgiordania, perquisite le abitazioni di Zakariya al Agha e Ibrahim al Naja, due dirigenti del partito di Abu Mazen, le cui auto sono state confiscate. Le milizie di Hamas hanno fatto irruzione nelle sedi di quaranta tra uffici commerciali, fondazioni benefiche e circoli sportivi, tutti a vario titolo collegati agli avversari: sequestrati computer, dischetti, documenti e altro materiale, come denunciato dal Centro palestinese per i Diritti Umani, un’organizzazione indipendente. La dinamica della crisi di Gaza è, in apparenza, diversa da quella degli incidenti di Tripoli in Libano tra alawiti filosiriani e sunniti anti siriani, ma c’è un forte punto in comune. L’azione provocatoria e armata degli alawiti contro i sunniti segnala una volontà di ripresa delle azioni destabilizzatici in Libano da parte di una componente del governo di Damasco. Hezbollah libanese invece – assieme a un’altra componente del governo siriano – preferirebbe giocare oggi la carta di una forma di stabilizzazione. La bomba sul lungomare di Gaza, invece, è la conseguenza del duro scontro interno al braccio militare di Hamas, le brigate Ezzedin al Qassem, comandate in loco da Ahmed al Jabari, cui si oppone – per conto di Ismail Haniyeh, premier deposto di Hamas – il prestigioso leader militare Mohammed Deif. Non si tratta di una consuetudinaria divergenza etnico-tribale o di controllo dei traffici illegali sul territorio (come spesso è accaduto), bensì di un allargamento al teatro palestinese dello scontro che si sta svolgendo dentro i reparti militari siro-iraniani di Damasco, che ha già provocato a febbraio la morte del capo di tutte le operazioni militari iraniane all’estero, Imad Mughnyieh, e che ha anche prodotto una golpe di palazzo a Damasco in cui Bashar el Assad ha arrestato suo cognato, il capo dei servizi segreti Shawqat. Alcune fonti palestinesi hanno rivelato al Foglio che la valutazione più attendibile accreditata dal governo di Ramallah (che ben conosce la realtà siriana) è che Mughniyeh sia stato ucciso addirittura su ordine dello stesso rais. L’obiettivo non è una rottura con Teheran (cosa che potrebbe portare all’immediato collasso del suo regime), bensì l’invio di un segnale forte per marcare all’alleato iraniano – di cui Damasco non discute la partnership – la volontà di allentare la presa dei pasdaran sul reseau militare di cui la Siria costituisce il comparto avanzato. In questo contesto, i fatti di sangue di Gaza e di Tripoli sarebbero oggi conseguenza di una spaccatura non tra “trattativisti” e oltranzisti, ma tra oltranzisti che calibrano la propria azione sulle indicazioni di Teheran e altri che rivendicano invece alcuni spazi di autonomi
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