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La Repubblica Rassegna Stampa
25.07.2008 Paul McCartney suonerà a Tel Aviv
dopo le scuse ai Beatles per il mancato concerto del 1965

Testata: La Repubblica
Data: 25 luglio 2008
Pagina: 40
Autore: Vincenzo Nigro
Titolo: «Così Israele ha fatto pace con Beatles»
Da La REPUBBLICA del 25 luglio 2008:

«I Beatles non possono suonare in Israele». Era il 1965: quei quattro capelloni scatenati, quella musica corrotta e indemoniata non erano adatti alla nazione che rinasceva dall´Olocausto. Non poteva essere distratto e corrotto il popolo che provava a rimettersi in piedi dopo lo sterminio e dopo le prime guerre con gli arabi. Il governo di David Ben Gurion chiuse la porta ai Fab Four. Sono passati 40 anni, i Beatles hanno avuto successo. Israele è cresciuto, si è rafforzato, ma ha perduto molto del suo spirito eroico. E allora il momento è arrivato: quello che rimane dei Beatles (ovvero Paul McCartney, senza Ringo Starr) si prepara a suonare in Israele. A Tel Aviv, in settembre, il baronetto ormai 66enne si esibirà forse proprio allo stadio Ramat Gan, dove nel 1965 era stato organizzato il concerto cancellato.
In giugno l´ambasciatore di Israele a Londra Ron Prosor aveva inviato una lettera di scuse a Paul MacCartney e Ringo Starr, invitando i due a Tel Aviv per i 60 anni dalla fondazione del paese: «Non c´è dubbio che abbiamo perso una grande opportunità nel vietare a gente come voi, che ha formato le menti di una generazione, di venire in Israele a esibirsi», scriveva il diplomatico.
Israele degli anni 60, prima della Guerra dei Sei Giorni, era un paese profondamente diverso da quello attuale. Accerchiato e sulla difensiva come oggi, ma provinciale, umile, ideologico e ancora immerso negli anni precedenti la guerra mondiale. La televisione non esisteva, si ascoltavano i canti di «Eretz Israel», con testi inneggianti ai pionieri, alla terra, all´agricoltura. La vita pubblica e privata era morigerata: i politici, come il premier Ben Gurion o lo stesso presidente Ben Zvi, vivevano in baracche di legno. Solo le persone anziane giravano in pantaloni lunghi, gli altri in pantaloncini. In quel contesto il ministro dell´Educazione Zanlam Aran prese la sua decisione contro i quattro di Liverpool.
«Ma attenzione, questa non è tutta la verità, c´è un piccolo retroscena», dice oggi a sorpresa Yoav Kutner, il critico musicale del settimanale "Musica 24". «Per anni ci siano tramandati la versione del concerto cancellato per una scelta etica, politica. Tanti sono stati accusati di quel gesto di miopia: il ministro Aran, il direttore generale del ministero Yaakov Schneider, anche il ministro degli Esteri Golda Meir e persino il premier David Ben Gurion. Ma dietro quella decisione ci fu la manina di qualcuno». Fu una storia di rivalità fra impresari, gelosia e personalismo, dice Kunter.
La «seconda verità» sarebbe questa: già nel 1962 Malka Epstein, la madre dell´impresario ebreo dei Beatles, Brian Epstein, aveva chiesto al figlio di portare la band in Israele. Epstein-figlio la propose al più grande impresario israeliano, Giora Gudik, che però rifiutò. Due anni più tardi un altro impresario, Yaakov Uri, riuscì invece a concludere il contratto con i Beatles. Gudik si infuriò, non voleva concedere nulla al rivale: iniziò a parlare con tutti, arrivando fino alla Knesset, spiegando che i Beatles «possono corrompere la nostra gioventù». In parlamento e nel governo gli diedero retta, e qui le due storie, quella ufficiale e quella «segreta», si ricompongono: dopo che i biglietti per il concerto nello stadio di Ramat Gan erano già stati venduti, la visita fu cancellata, il concerto annullato.

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