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La Stampa Rassegna Stampa
17.07.2008 Gli Stati Uniti trattano con l'Iran
la cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 17 luglio 2008
Pagina: 14
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Nucleare, modello Corea per l’Iran»

Da La STAMPA del 17 luglio 2008:

Gli Stati Uniti accettano di partecipare al negoziato con l’Iran sul nucleare e Condoleezza Rice si dice pronta a incontrare Manoucher Mottaki, mentre un rapporto d’intelligence occidentale afferma che «Teheran ha intrecciato legami con Al Qaeda in Iraq» per colpire gli interessi americani.
A dare l’annuncio della scelta di prendere parte alle trattative sul nucleare è stata Dana Perino, portavoce della Casa Bianca, spiegando che «questo dimostra quanto siamo seri nel dire che puntiamo ad una soluzione diplomatica». In concreto ciò significa che William Burns, numero tre del Dipartimento di Stato, sabato sarà a Ginevra al fianco dell’inviato europeo Javier Solana per discutere con Saeed Jalili, negoziatore di Teheran, le condizioni per la sospensione dell’arricchimento iraniano dell’uranio.
Si tratterà dell’incontro Usa-Iran al più alto livello diplomatico degli ultimi 30 anni, segnando una brusca inversione di rotta rispetto a quanto finora affermato dalla Casa Bianca sulla «disponibilità a un dialogo diretto con l’Iran solo se bloccheranno il nucleare». Il nuovo approccio di Washington ricalca la strategia diplomatica seguita con la Corea del Nord, dove proprio l’impegno di Washington a fianco di Cina, Russia, Giappone e Corea del Sud ha portato Pyongyang ad accettare di smantellare il programma nucleare.
A spingere la Casa Bianca in questa direzione sono stati gli ex Segretari di Stato James Baker ed Henry Kissinger: il primo firmando il rapporto strategico dell’«Iraqi Study Group» che nel gennaio 2007 suggerì l’apertura a Teheran, il secondo con una serie di incalzanti prese di posizione basate sul precedente della Guerra Fredda «quando negoziavamo con i sovietici in presenza del rischio dell’apocalisse nucleare». A sposare le istanze dei due alfieri della realpolitik americana è stata Condoleezza Rice che, durante un incontro al «Council on Foreign Relations» di New York, è andata anche oltre dicendosi pronta ad «incontrare ovunque e con qualsiasi scaletta degli argomenti» il collega iraniano Mottaki. «Non c’è nessun cambio di politica ma stiamo inviando segnali forti» riassume Sean McCormack, portavoce del Dipartimento di Stato.
Altrettanto forti sono però i messaggi che arrivano dalle diverse centrali di intelligence dei Paesi occidentali, dove circola un memoradun che descrive i tentativi di Teheran di «riabilitare Al Qaeda in Iraq», fornendo aiuto ai gruppi jihadisti a riogranizzarsi, dopo i colpi subiti dalle forze del generale David Petraeus. «L’Iran non vede con favore la situazione di relativa calma in Iraq e sta lavorando per apporre dei correttivi» ponendo fine «alla debolezza di Al Qaeda», si legge nel testo.
Da qui prendono spunto le iniziative intraprese da Teheran nelle ultime settimane, che sarebbero in quattro direzioni: «Rafforzare i legami dell’Iran con Al Qaeda in Iraq; aiutare a ricostruire le infrastrutture dei jihadisti; consentire a Abu Ayyub al-Masri - coordinatore di Al Qaeda nel Paese mediorientale - di prendere il controllo di tutti i gruppi terroristici in Iraq; mediare le tensioni esistenti fra Al Qaeda in Iraq e la leadership rifugiatasi in Pakistan».
Il primo passo è stato organizzare un incontro fra inviati iraniani e al-Masri, in rappresentanza di Al Qaeda in Iraq, chiedendogli di nominare un inviato personale a Teheran per aprire un canale stabile di comunicazioni. Secondo tale rapporto di intelligence, Teheran avrebbe chiesto ad al-Masri di «riprendere le intense attività svolte in passato a Baghdad e nell’Iraq centrale» offrendo aiuto nella fornitura di armi. Per «riattivare Al Qaeda» Teheran starebbe inoltre tentando di spingere al-Masri a unire gli sforzi con i jihadisti di matrice sunnita di Ansar al-Sunna e con quelli di Abu Omar al-Baghdadi, leader dell’autoproclamato «Stato islamico iracheno» e considerato dalla leadership di Al Qaeda in Pakistan una propria emanazione diretta.
Tali informazioni hanno destato attenzione perché finora si riteneva che gli iraniani limitassero il proprio ruolo in Iraq ad un sostegno ai gruppi della guerriglia sciita: la scelta di avvicinarsi ai gruppi sunniti, legati ad Al Qaeda, costituisce una seria minaccia per la vulnerabile stabilità del governo guidato da Nuri-Al Maliki.

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