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La Stampa Rassegna Stampa
14.07.2008 Crisi iraniana: sì dell'America ad azione militare israeliana ?
lo sostiene il Sunday Times

Testata: La Stampa
Data: 14 luglio 2008
Pagina: 7
Autore: Maurizio Molinari - la redazione - Lucia Annunziata
Titolo: «Sì di Bush al Bush sull'Iran - Uccidiamo iraniani esportando tabacco - Iran-Israele tamburi di guerra? -»
Da La STAMPA del 14 luglio 2008, un articolo di Maurizio Molinari:

George W. Bush ha dato luce gialla all’attacco israeliano all’Iran. A pubblicare le indiscrezioni sulla decisione che sarebbe stata presa dall’inquilino della Casa Bianca è il quotidiano londinese «Sunday Times», secondo il quale l’aviazione di Gerusalemme sarebbe impegnata a confezionare un piano di attacco da sottoporre al definitivo via libera di Washington.
Il termine «Amber Light» viene spiegato così da un alto funzionario dell’amministrazione Usa che preferisce restare anonimo: «Significa chiedere a Israele di fare i necessari preparativi, essere in condizione di lanciare un attacco immediato e farci sapere quanto è pronta per farlo».
Le indiscrezioni di fonte americana confermano che il Pentagono è contrario a un attacco diretto all’Iran temendo ripercussioni sulla sicurezza dei propri contingenti schierati in Iraq e Afghanistan, mentre la Casa Bianca avrebbe deciso di non opporsi a un’azione condotta solo da Israele, chiedendo però all’alleato di confezionare un piano capace di avere «successo» ovvero rimandare indietro di almeno cinque anni il programma nucleare iraniano. Fra le condizioni poste dal Presidente vi sarebbe anche quella di non adoperare basi Usa in Iraq o in Medio Oriente per evitare ogni tipo di coinvolgimento diretto. L’assenso della Casa Bianca è indispensabile al governo di Ehud Olmert per via dei codici di volo da assegnare agli aerei israeliani prima ancora del decollo: non disponendo di sigle riconoscibili come «non nemiche» dai radar del Pentagono tali velivoli rischierebbero di essere abbattuti sui cieli del Medio Oriente. Il veto del Pentagono a usare basi irachene lascia intendere che Gerusalemme potrebbe adoperare cacciabombardieri a lungo raggio - come gli F-15I e gli F-16I - sostenuti da aerei cisterna lungo rotte che potrebbero sorvolare Siria e Turchia o Arabia Saudita. Lo scenario dell’attacco avrebbe come protagoniste le bombe anti-bunker fornite da Washington a Gerusalemme due anni fa, capaci di penetrare in profondità nel terreno limitando i danni in superficie. «Questa amministrazione non lancerà attacchi contro l’Iran, oramai è tutto nelle mani degli israeliani» spiegano le fonti Usa al «Sunday Times», confermando però la difficoltà di condurre un’operazione militare contro strutture nucleari che l’Iran ha diviso in una miriade di siti, spesso sotterranei. La centrale di Isfahan, le centrifughe di Natanz e il centro di produzione di plutonio di Arak non sono che la cima di un iceberg che Teheran da anni sta tentando di celare all’opera dei satelliti spia.
Le indiscrezioni del «Sunday Times» chiudono una settimana che ha visto Teheran e Gerusalemme giocare una partita a scacchi fatta di mosse e inganni reciproci, tesi a creare scalpore e mettere in difficoltà l’avversario. L’Iran ha dato grande risalto al lancio di nove missili - uno dei quali in grado di raggiungere lo Stato ebraico - negli stessi giorni in cui Israele presentava un aereo-spia di ultima generazione, ideato per condurre missioni sui cieli di Teheran. Ma le foto diffuse dagli iraniani sui test balistici si sono rivelate in alcuni casi contraffatte mentre Gerusalemme ha evitato con cura di precisare se il nuovo aereo aveva già volato. Senza contare che il corpo dei Guardiani della rivoluzione di Teheran ha vantato il possesso di «squadre missilistiche» capaci di «distruggere Tel Aviv e 32 basi Usa in Medio Oriente», pochi giorni dopo le indiscrezioni di stampa sul possibile schieramento della nave anti-missile Aegis della Us Navy a difesa di Israele, in caso di conflitto. Il moltiplicarsi di questa guerra mediatica consente a tutti gli attori di mantenere alta la tensione, continuando a mettere in atto i rispettivi piani.
L’interesse immediato di Bush e Olmert sembra essere quello di accelerare il negoziato con Abu Mazen per arrivare a un accordo di pace sullo status finale israelo-palestinese mentre quello del leader iraniano, Mahmud Ahmadinejad, è di rafforzare la propria immagine presso gli ayatollah più conservatori in vista delle elezioni del 2009, che rischia di perdere a causa dei crescenti malumori dovuti alla crisi economica come all’impatto delle sanzioni.

Una breve :

Commentando notizie della stampa americana secondo le quali le esportazioni di sigarette Usa in Iran sono aumentate di dieci volte durante la presidenza di George W. Bush, nonostante l’ostilità fra i due Paesi, il candidato repubblicano alla Casa Bianca McCain ha fatto una battuta: «Forse è un modo per ucciderli». Teheran non ha gradito e ha protestato. «Il rude commento di McCain sull’uccisione indiscriminata di iraniani dimostra il suo stato mentale disturbato, ma anche il suo approccio guerrafondaio alla politica internazionale», ha detto il portavoce del Ministero degli Esteri di Teheran, Mohammad Ali Hosseini, citato dal sito del canale satellitare iraniano Press Tv. «Condanniamo simili scherzi - ha detto Hosseini - e li riteniamo non appropriati per un candidato presidenziale. È ovvio che scherzi a proposito di genocidi non sono tollerati né dagli iraniani né dagli americani». Già in passato McCain era stato autore di una battuta di dubbio gusto sulla Repubblica islamica, quando aveva canticchiato «Bomb, bomb bomb, Iran» (bombardate l’Iran) sulle note della canzone «Barbara Ann» dei Beach Boys

Sempre dalla STAMPA, la risposta di Lucia Annunziata a una lettera:

L’Iran ha lanciato un nuovo missile nucleare in grado di attaccare Israele. Parole ben più gravi di quelle che corrono in Italia fra destra e sinistra volano sulle nostre teste fra Iran, Israele e Usa. Possibile fermarsi e dedicare due minuti al possibile olocausto nucleare che rimane sempre in fondo al tunnel della nostra vita?
MARIO PEDRINI, TORINO



Grazie del richiamo alla realtà. L’Iran, come abbiamo sentito in queste ore, ha fatto una nuova serie di lanci di missili, fra cui uno Shahab 3 di una tonnellata con una gittata di 2 mila km. In grado, dunque, di raggiungere anche Israele. Nel corso delle manovre, chiamate Profeta 3, sono stati lanciati anche altri nove missili: lo Zelzal, con gittata di 400 chilometri e il Fateh con 170 km di raggio d’azione. Le esercitazioni sono avvenute mentre era in corso il G8 in Giappone. Una contemporaneità voluta, che ha sottolineato il livello di tensione fra Iran e Occidente sul programma nucleare di Teheran. Tensione che si è focalizzata sulla possibilità di attacchi reciproci fra Israele e Iran.
Secondo il New York Times Israele ha lanciato un’esercitazione sul Mediterraneo e la Grecia con 100 aerei, coprendo la stessa distanza che esiste fra Tel Aviv e Teheran. Il Times di Londra, citando una fonte militare israeliana, ha scritto che le esercitazioni erano una prova generale per un possibile attacco all’Iran. La risposta dell’Iran non s’è fatta aspettare. Il comandante dell’aeronautica delle Guardie Rivoluzionarie, il generale Salami, ha dichiarato: «Abbiamo lanciato questi missili per mostrare solo una parte della nostra capacità di difesa nazionale a chi ha recentemente minacciato l’Iran... Invito tutti i nemici a stare attenti alle loro scelte, dal momento che noi li controlliamo dovunque si trovino». Minacce forti, ma gli esperti continuano a leggervi prove di forza, esibizioni, «guerra psicologica». Commentano: se Israele avesse davvero voluto preparare un attacco all’Iran avrebbe fatto prima un’esercitazione sul Mediterraneo lasciando trapelare la notizia? Uguale ragionamento per l’Iran che ha fatto di tutto per spettacolarizzare la sua capacità missilistica.
I colloqui fra Occidente e Iran non sono dunque sospesi ed è importante seguire la situazione. Soprattutto perché un punto di crisi è molto vicino: la prova che Teheran ha accelerato il suo programma nucleare. Una guerra d’intelligence è in corso per trovare questa prova: i progetti venduti all’Iran dal celebre capo del programma nucleare A.Q. Khan, già accusato d’aver passato tecnologia nucleare a Libia e Corea del Nord. Gli israeliani, secondo il Jerusalem Post, sono convinti che il possesso di queste nuove informazioni abbia accelerato il programma iraniano dal 2009 al 2008. Da qui l’accelerazione anche della prova delle armi.



lettere@lastampa.it

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