Il FOGLIO di oggi, 12/07/2008, a pag.3, con il titolo " Non ha senso attaccare l'Iran se non abbattiamo il regime ", intervista Amir Taheri. Ne esce una analisi istruttiva della situazione iraniana.
Roma. “Colpire l’Iran va bene, ma soltanto se accompagnato da un regime change”. Cacciato per volere dell’ayatollah Khomeini dalla direzione di Kayhan, il maggior quotidiano di Teheran, esule a Londra, editorialista del New York Post e del Times nonché autore di libri tradotti in venti lingue (in autunno esce la sua “Notte persiana”), Amir Taheri parla con il Foglio a ridosso della dimostrazione di forza dei missili iraniani Shahab-3, in grado di raggiungere Israele. “L’Iran oggi ha paura e se parli con i suoi vicini, come Turchia, Afghanistan, Iraq e Arabia Saudita, ti diranno che Teheran è oggi parte di un puzzle che non trova posto nell’insieme. Le vie sono due: o l’Iran diventa come il resto della regione o tutta la regione diventerà come l’Iran”. Taheri è favorevole a colpire Teheran soltanto se si accompagna al cambio di regime. “L’Iran è senza difesa dal cielo, non è difficile attaccare. Ma un attacco isolato significa confondere ancora fra l’Iran e il regime islamico”. I problemi derivano dal fatto che Teheran si comporta come causa, non come paese. “E’ la causa della Rivoluzione. Non si negozia con una causa. L’Iran vuole dominare tutto e dettare le regole nella vita delle persone. All’Iran non interessano accordi commerciali, di frontiera, di scambi, interessa l’esportazione della propria visione nel mondo. Non negoziamo con un’entità simile. Un attacco soltanto militare finirebbe perlasciare l’Iran libero di ricostruire i siti nucleari. A meno che non vogliamo bombardare senza limiti di tempo, dobbiamo pensare a un cambio di regime”. Non vedremo a breve un attacco da parte di Israele e degli Stati Uniti. “Se ne parla molto. Ma ci saranno ancora negoziati, l’obiettivo dell’Iran è prendere tempo. Da quando gli scagnozzi di Khomeini attaccarono l’ambasciata americana a Teheran, l’America non ha ancora capito che cosa stia realmente accadendo in Iran”. L’obiettivo di Ahmadinejad è il revival del khomeinismo, “in crisi e morente da tempo, mobilizzare la popolazione iraniana in nome della Rivoluzione e assumere la leadership del medio oriente in nome di un antiamericanismo radicale. Pensiamo all’America latina, alla Malesia, al movimento dei non allineati, un po’ come accadeva con l’Unione Sovietica. L’Iran è sempre più debole all’interno e sempre più forte all’esterno, con Hamas e Hezbollah. Stanno spendendo quasi tutte le risorse economiche nazionali per comprare alleati”. Israele è importante nei piani della Rivoluzione perché, controllando la questione, Ahmadinejad è come se dicesse al medio oriente: “Volete la fine di Israele, non potete averla da soli, ci penso io. Dimenticate che sono sciita e persiano, io assumo la guida della distruzione di Israele. Israele è ideologicamente decisivo per l’Iran in quanto alleatoamericano nella regione. E’ la Rivoluzione ad aver creato questo antisemitismo. Ci sono stati ebrei in Iran da sempre, non ci sono mai stati ghetti, gli ebrei sono stati parte della storia e della società iraniana. Gli ebrei iraniani parlano farsi, non ebraico. Un cambio di regime porrebbe fine a gran parte di questo antisemitismo ideologico”. L’Iran è affetto dalla tipica crisi d’identità che affligge le nazioni che passano attraverso un’esperienza rivoluzionaria. “E’ uno stato-nazione o la personificazione di una rivoluzione con pretese messianiche universali? E’ stato possibile trattare con l’Iran, anche con buoni risultati, ogni volta che si è comportato da stato-nazione. In Iraq, per esempio, Teheran ha negoziato con successo su una serie di problematiche sia con il governo iracheno sia con gli Stati Uniti. Come stato- nazione l’Iran non avrebbe ragione di essere nemico d’Israele. Come causa rivoluzionaria, invece, deve apparire nemico dello stato ebraico per rafforzare la sua leadership nel mondo arabo. Come nazione gli iraniani sono tra i pochi al mondo a essere ancora filoamericani. Come rivoluzione l’Iran rappresenta il principale bastione dell’antiamericanismo”. Decisiva è stata la battaglia di Bassora fra le milizie sciite filoiraniane e le forze di sicurezza irachene. “L’Iran ha cercato di assumere il controllo di Bassora contro il governo di Baghdad. Ma è stato sconfitto dagli iracheni".
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