Da La REPUBBLICA del 10 luglio 2008 un articolo di Marco Ansaldo:
Generali arrestati, governo a rischio chiusura e ora un attacco terroristico. In Turchia torna la paura. Con un agguato ieri mattina alla polizia locale davanti al consolato americano di Istanbul, un gruppo di attentatori - legato secondo il ministero dell´Interno e alcuni osservatori agli Hezbollah turchi vicini ad Al Qaeda - minaccia la fine di un lungo periodo di stabilità politica. L´attacco si è svolto alle 11 esatte (le 10 in Italia), sulla collina di Istinye, parte europea della metropoli sul Bosforo, dove dal 2001 le autorità americane hanno deciso di trasferire, isolandola, la loro sede diplomatica. Il commando armato, composto da quattro persone, è giunto davanti al consolato a bordo di un furgone Doblò bianco. Ne sono scesi tre uomini, che hanno subito aperto il fuoco contro il posto di polizia all´ingresso, mirando sugli agenti turchi vicini all´ufficio visti. I poliziotti hanno reagito, in una sparatoria durata più di 10 minuti, che alla fine ha visto a terra i corpi di tre attentatori e di due agenti, mentre un terzo poliziotto moriva più tardi in ospedale. Nessun americano è rimasto coinvolto. Il quarto uomo del commando riusciva a fuggire in città, dove subito si è scatenata una caccia all´uomo, infruttuosa fino a sera. Senza alcuna rivendicazione credibile per l´intera giornata, gli inquirenti, una volta esaminati i documenti trovati nelle tasche degli attentatori e fatti i debiti riscontri, hanno puntato il dito sugli Hezbollah turchi vicini ad Al Qaeda. Il governatore di Istanbul, Muammer Guller, ha parlato esplicitamente dell´organizzazione di Osama Bin Laden, affermando però che i terroristi avevano cittadinanza turca. Immediata la condanna del capo dello Stato, Abdullah Gul, e del primo ministro Recep Tayyip Erdogan, che si diceva «molto rattristato dal martirio dei nostri tre agenti di polizia». A Istanbul e Ankara tutti gli osservatori concordano ora sul fatto che l´attacco coincide con un periodo di grande tensione politica nel paese, fra i recenti arresti di militari e la possibile chiusura della formazione al governo. L´esecutivo moderato islamico, politicamente di centrodestra, ha dato dal 2002 in poi un grande impulso all´economia e avviato un nutrito pacchetto di riforme, nella speranza di entrare dopo il 2015 nell´Unione europea. Ma nei mesi scorsi le autorità hanno preso anche misure controverse, vietando di consumare l´alcol in alcune zone delle grandi città e permettendo il ritorno del velo nelle università. Ora la Corte costituzionale di Ankara dovrà decidere tra la fine di luglio e l´inizio di agosto se scogliere il partito per anti-laicità, e interdire dalla vita politica per 5 anni 71 membri del Parlamento, fra cui il capo dello Stato, Abdullah Gul, e lo stesso Erdogan. Nei giorni scorsi due quotidiani, Taraf e Sabah, hanno pubblicato documenti comprovanti il sospetto che una scheggia di militari in pensione voglia esautorare con un colpo di Stato il governo islamico al potere. Prima della fine dell´estate ci sarà anche il cambio alla testa delle Forze armate. E il nuovo capo di Stato maggiore in sostituzione di Yashar Buyukanit, Ilker Basbug, è considerato un falco. In questo clima gli Hezbollah turchi stanno dunque rialzando la testa. Già sconfitti dalla polizia alla fine degli Anni Novanta, il movimento degli integralisti islamici ha di recente avviato i contatti con i Taliban in Afghanistan, e soprattutto con il network di Al Qaeda, con l´obiettivo di far cadere il governo turco moderato. La Casa Bianca ieri ha duramente condannato l´attentato. «Non sono ancora nella posizione di commentare la natura dell´attacco», ha comunque detto il portavoce Tony Fratto, smentendo in parte la sicurezza dell´ambasciatore americano ad Ankara, Ross Wilson, che aveva esplicitamente parlato di un agguato «contro un´istituzione diplomatica americana». L´Unione europea ha mostrato il suo appoggio alla Turchia ribadendo, con il commissario all´Allargamento, Olli Rehn, che la Ue non deve escogitare «alternative alla piena adesione del paese, indebolendo i necessari incentivi alle riforme». Significativa a questo proposito la dichiarazione di Parigi, tradizionalmente dubbiosa sull´ingresso di Ankara. La presidenza francese dell´Unione si è infatti detta «molto vicina» alla Turchia dopo l´attacco di Istanbul, e ha affermato di voler «portare avanti i negoziati per assicurare l´irreversibilità delle riforme».
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