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La Stampa Rassegna Stampa
08.07.2008 Dachau cerca gemellaggi con città israeliane
Yediot Ahronoth: le possibilità "sono dubbie"

Testata: La Stampa
Data: 08 luglio 2008
Pagina: 14
Autore: Alessandro Alviani
Titolo: «Dachau ? No grazie»
Non convince il modo in cui La STAMPA affronta la vicenda del tentativo di Dachau di gemellarsi con una città israeliana.
Alessandro Alviani, autore dell'articolo, sembra infatti convinto che gli israeliani abbiano il dovere morale di aiutare la città di Dachau a superare il passato e proiettarsi nel futuro.

Noi pensiamo invece che il dovere sia quello della memoria

Ecco il testo:

Ci sono città in cui il passato non sembra voler lasciare spazio al presente, tanto è il peso che si portano dietro. Dachau è una di queste. Ancora oggi, a oltre sessant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, sembra impossibile pronunciare il nome della località bavarese senza evocare immediatamente l’immagine delle migliaia di ebrei sterminati nel campo di concentramento eretto qui dai nazisti. Una reazione quasi inconscia. Per liberarsi da quelle catene della Storia in cui è rimasta impigliata, Dachau ha deciso di rischiare. E di lanciare un’iniziativa che fino a poco tempo fa sarebbe suonata folle: un gemellaggio con una cittadina israeliana. Da una parte il centro diventato il sinonimo stesso del terrore nazista, con quell’ex fabbrica di munizioni sul cui cancello farà la sua apparizione sin dal marzo del 1933 lo stesso macabro benvenuto («Arbeit macht frei») che tornerà poi tristemente in altri lager, a cominciare da Auschwitz; dall’altro il Paese della Shoah e dei milioni di ebrei eliminati dal delirio hitleriano.
Due poli che il sindaco della città tedesca, Peter Bürgel, vuole provare, per quanto possibile, a riavvicinare. «Ovviamente sarebbe un desiderio di Dachau stringere un gemellaggio anche con Israele», ha spiegato Bürgel alla Welt am Sonntag. Tuttavia, ha subito puntualizzato, cosciente di quanto le sue parole possano sembrare azzardate, «bisogna preparare il terreno con grande sensibilità«. Bürgel nei giorni scorsi si è recato in Israele insieme a Karl Freller, direttore della Fondazione per i memoriali bavaresi. Ha fatto visita al memoriale di Yad Vashem, un passo che, secondo i media bavaresi, è stato accolto positivamente in Israele. Il sindaco ha poi stretto alcuni contatti e organizzato i primi colloqui a livello di ambasciate.
L’idea è ancora a uno stadio iniziale. Eppure le reazioni che Bürgel ha raccolto non sembrano affatto quelle che sperava. Nessun «no» ufficiale, certo. Ma dallo Yedioth Ahronoth, uno dei maggiori quotidiani del Paese, è arrivato un commento che sa di bocciatura. Le possibilità di Dachau di migliorare la sua reputazione e di trovare la sua gemella israeliana «sono dubbie». Del resto, ricorda lo Yedioth, una delle poche città al mondo che hanno accettato finora di stringere un gemellaggio con Dachau è Klagenfurt, capoluogo della Carinzia, la regione austriaca governata da Jörg Haider. Non proprio un biglietto da visita promettente, commenta il giornale (che dimentica però il nome della seconda città gemellata di Dachau: Fondi, provincia di Latina).
E così il centro-simbolo della follia nazista rischia di restare prigioniero del suo passato. Malgrado un Paese, la Germania, che da anni porta avanti con fatica il suo processo di Vergangenheitsbewältigung (concetto in cui si mescolano l’elaborazione e il superamento del passato). Malgrado una città, Dachau, che prova a guardare avanti e che, appena sabato scorso, era pronta a radunarsi nel giardino del castello per un concerto di Angelo Branduardi. E malgrado, soprattutto, un miglioramento evidente nel clima tra i due Paesi, che ha reso possibile il passo del sindaco Bürgel. A marzo Angela Merkel è stata il primo cancelliere a parlare alla Knesset (tra l’altro in tedesco), un’occasione per ricordare la «vergogna» che ancora oggi i suoi connazionali provano per l’Olocausto. Ma soprattutto per lanciare lo sguardo oltre: per la prima volta Berlino ha avviato consultazioni governative con Israele. Una forma di dialogo che finora la Germania aveva sperimentato soltanto con i vicini europei.

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