Gli eroi sconosciuti di Israele il loro coraggio ha fermato i terroristi e salvato vite umane
Testata: Il Foglio Data: 08 luglio 2008 Pagina: 3 Autore: la redazione Titolo: «In Israele muoiono anche gli angeli, ma prima salvano i figli»
Da Il FOGLIO dell'8 luglio 2008:
Nella tranquilla mattina di Gerusalemme, mercoledì scorso, Batsheva Unternian stava guidando verso il cuore della città con accanto la sua bambina, Efrat, sei mesi. Non erano in una zona militare, non si trovavano in un insediamento, non avevano paura. Erano in un quartiere dove medici e infermieri ebrei si prendono cura di donne e bambini arabi sin dal 1902, quando sull'altro lato di quella strada venne aperto l'ospedale Shaare Tzedek. Al grido di "Allah è grande", un giovane arabo l'altra mattina ha innescato la marcia al bulldozer di venti tonnellate, schiacciando tutto ciò che incontrava. Quando inizia la strage (finirà con tre israeliani morti), la donna al volante fa ciò che gli ebrei hanno imparato a fare da tremila anni prima della Shoah: mettere in salvo i propri figli, Batsheva riesce a gettare la piccola fuori dall'auto attraverso il finestrino poco prima che il terrorista la schiacci. Quel giorno un altro gesto di coraggio estremo ha spezzato la catena di morte e rovine del caterpillar. Quel terrorista avrebbe proseguito in direzione di Mahanè Yeuda, l'affollatissimo mercato di Gerusalemme, se non fosse stato fermato da una guardia armata che aveva appena terminato il turno di lavoro e da un giovane soldato disarmato perché in vacanza. Il nome del giovane eroe è secretato da un'ordinanza giudiziaria. Invece i nomi e le gesta di questi angeli d'Israele sono spilli di vita sulla mappa del dolore in questi anni di lutto. Il soldato "M" che ha bloccato ll buildozer è il cognato di David Shapira, lo scorso marzo aveva messo fine alla strage alla scuola rabbinica Mercaz Harav. "Ringrazio Dio per avermi dato la forza di fare quello che ho fatto". All'ospedale Beit Hanassi, il presidente israeliano Shimon Peres ha elogiato la mano "di compassione, umanità e fraternità" che ha fermato il bulldozer. In questi anni studenti, camerieri, poliziotti, semplici passanti o guidatori di bus hanno letteralmente tolto dalle spalle dei kamikaze gli zaini esplosivi, fino all'estremo sacrificio di annullare la bomba con il corpo. Sono gli eroi umili e sconosciuti d'Israele. A loro devono la vita oggi centinaia di persone e nuove generazioni di israeliani. L'eroe del caffè Cafit di Gerusalemme, nel quartiere German Colony, si chiama Shlomi Harel, ha strappato all'uomo-bomba lo zainetto, è corso con l'ordigno lontano dal locale "perché, mi sono detto, se qualcuno deve morire meglio uno che tanti". Fu invece Arie Viner a strappare i fili dello zaino. L'ebreo turkmeno Mikhail Sarkisov, un immigrato temprato dalla povertà come tanti transfughi dall'ex Unione Sovietica, lavorava al caffè Tayelet sul lungomare di Tel Aviv. Si è gettato addosso al terrorista prima che attivasse l'innesco. Era venerdì notte nella yeshiva di Otniel e un gruppo di terroristi entrò per fare una strage di ebrei inermi. In cucina alcuni ragazzi preparavano da mangiare, in sala a decine danzavano. Quando sentì i primi spari, Noam Apter si chiuse con i terroristi in cucina, bloccando l'accesso alla sala e salvando gli altri. Pagò con la vita. Come Mordechai Tomer: aveva 19 anni quando fermò una macchina imbottita di esplosivo prima che entrasse a Gerusalemme. O Tamir Matan, morto pur di impedire a un kamikaze di entrare in un caffè. Faceva l'autista di bus Baruch Neuman. All'altezza dell'università Bar Ilan notò un volto sospetto. Gli chiuse la porta in faccia, gli si avventò addosso, scorse il congegno mortale e gridò : "Scappate scappate". Guidavano i pullman Tzion Shoval e Shalom Drai. Eli Federman faceva la guardia allo Studio 69, celebre club di Tel Aviv, quando ha visto un'auto lanciata contro il locale. Ha sparato alla testa del terrorista. Accanto al Muro con la maiuscola c'è questo piccolo muro umano che ha impedito al terrore di impadronirsi di corpi e anime. Perlopiù gente povera che doveva sistemare il pranzo con la cena e alla quale un lavoro non bastava. Insieme ai "miluim", i riservisti che partono lasciando affari e famiglia per servire l'esercito, sono l'immagine di Israele.
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