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La Stampa Rassegna Stampa
07.07.2008 Gli scritti di Kafka conservati da Max Brod si trovano ora in un appartamento di Tel Aviv
un articolo di Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 07 luglio 2008
Pagina: 31
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Tel Aviv, a rischio il tesoro nascosto di Kafka»
Da La STAMPA del 7 luglio 2008:

Il campanello suona a vuoto. «Eva è sempre in casa ma non risponde» mormorano i vicini. La palazzina Anni 50 immersa tra gli eucalipti di via Spinosa, al centro di Tel Aviv, appare deserta. Da trent’anni, dietro le persiane chiuse dell’appartamento al pianterreno, si nascondo gli ultimi segreti di Franz Kafka. Lettere, cartoline, appunti. Le memorie del grande scrittore conservate dall’amico Max Brod contro la volontà dello stesso protagonista, che in un'epistola del 1922 si era raccomandato di bruciare tutto. Alla morte di Brod i preziosi scatoloni passarono alla segretaria e amante Esther Hoffe, inamovibile nel concedere udienza agli storici. Ora che anche lei non c'è più - scomparsa poche settimane fa all'età di 101 anni - le due figlie, Eva e Ruth, potrebbero aprire la casa alla Storia.
«E' una situazione kafkiana» dice al quotidiano Haaretz Nurit Peghi, ricercatrice dell’università di Haifa alle prese con l'opera di Max Brod. La password per la lettura del Castello e delle Metamorfosi è al di là della porta. Basta conoscere la parola magica che vince la resistenza antica quanto il tesoro.
Franz Kafka muore a Kierling nel 1924 portandosi nella tomba migliaia di pagine non pubblicate. L’amico e connazionale Max Brod ne salva alcune e nel 1939, in fuga dai tedeschi, le porta con sé a Tel Aviv, la mitica terra promessa degli ebrei che per il mondo si chiama ancora Palestina Mandataria. Kafka ne fantasticava con la compagna Dora Dymant. Negli ultimi mesi di vita dello scrittore la neocoppia aveva pianificato di fuggire a Tel Aviv. In Israele Brod pubblica la prima edizione delle opere complete di Kafka. In casa custodisce molto di più, un tesoro di pensieri e parole che alla sua morte, nel 1968, passa in eredità a Esther Hoffe. Per anni la donna resta insensibile alle lusinghe degli intellettuali. «Vendette il manoscritto del Processo per 2 milioni di dollari, una somma senza pari», racconta Zohar Meor, docente di storia all'università di Tel Aviv. Alle accademie niente. Meglio far consumare le pagine da cani e gatti, a giudicare dalla denuncia dei vicini allarmati dal lezzo animale che emanava dalla casa. Era meno di un anno fa. Esther non c'è più. La figlia Eva ha l'onere del riscatto di Kafka.

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