Segnali incoraggianti sulla crisi iraniana ? non sembra proprio, a dispetto del quotidiano comunista
Testata: Il Manifesto Data: 06 luglio 2008 Pagina: 10 Autore: Marina Forti Titolo: ««Né guerra, né pace»»
Segnali positivi nella crisi iraniana. Li annuncia Marina Forti sul MANIFESTO del 6 luglio 2008. Di cosa si tratta ? Della disponibilità di Javier Solana a trattare con il capo negoziatore iraniano, Saeed Jalili, innanzitutto. Marina Forti fornisce utili dettagli sull'oggetto che la trattativa dovrebbe avere.
Le risoluzioni del Consiglio di sicurezza sul caso iraniano chiedono a Tehran di sospendere completamente il suo programma di arricchimento dell'uranio prima che ogni negoziato possa cominciare, e questa è stata finora la condizione posta dai «5 più 1». Tehran l'ha sempre respinta: considera che arricchire uranio per farme combustibile per alimentare le sue (future) centrali elettronucleari sia un diritto dell'Iran La proposta formulata dai sei paesi occidentali apre un varco: se l'Iran si impegnasse a «congelare» l'espansione del suo programma di arricchimento, cioè si limitasse a lavorare al ritmo attuale senza aggiungere nuove centrifughe al suo impianto atomico di Natanz, da parte loro gli occidentali «congelerebbero» il procedimento per nuove sanzioni all'Iran. E' il «freeze for freeze». Tehran ha accettato? per il momento non si sa
Che Teheran accetti o non accetti, si deve rilevare, la proposta dei "5 più 1" sarebbe una capitolazione rispetto all'originaria richiesta della comunità internazionale. Teheran continuerebbe ad arricchire uranio, le sanzioni sarebbero evitate, e il rischio della bomba degli ayatollah non sarebbe scongiurato.
Altri segnali positivi indicati da Marina Forti: la lettera di Velayati (consigliere della guida suprema Khamenei) che esrpime vagamente la disponibilità iraniana al "compromesso", un documento di accademici iraniani che (su internet) chiedono democrazia e si oppongono alle sanzioni contro il regime.
Un po' poco, no?.
Ecco l'articolo completo:
Per il momento sono solo segnali, ma sono positivi. A Bruxelles, una portavoce dell'Unione europea ha detto ieri che Javier Solana è disponibile a incontrare al più presto il capo negoziatore iraniano, Saeed Jalili: il giorno prima il capo della politica estera europea aveva ricevuto da Tehran una lettera di quattro pagine, la risposta alle proposte che Solana stesso aveva presentato all'Iran il 14 giugno a nome del gruppo «5 più 1», i paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu e la Germania. I dettagli di quelle proposte non è noto, e neppure il contenuto della risposta, firmata dal ministro degli esteri iraniano manoucher Mottaki: né potrebbe essere, perché le sei potenze occidentali stanno ancora studiando quella lettera e Solana è in consultazione con loro, ha detto la portavoce di Bruxelles. Ha però confermato che il tono di Jalili, quando venerdì ha parlato al telefono con Solana, era «positivo e costruttivo». Tutto questo è solo un preliminare a un formale negoziato: anzi, l'obiettivo di proposte e colloqui è proprio stabilire a quali condizioni (e su quale ordine del giorno) l'Iran da un lato, e i «5 più 1» dall'altro, sono disposti a intavolare una trattativa. Tutto ruota attorno alla parola «congelare», freeze, e alla sua nuova versione: «freeze for freeze». Le risoluzioni del Consiglio di sicurezza sul caso iraniano chiedono a Tehran di sospendere completamente il suo programma di arricchimento dell'uranio prima che ogni negoziato possa cominciare, e questa è stata finora la condizione posta dai «5 più 1». Tehran l'ha sempre respinta: considera che arricchire uranio per farme combustibile per alimentare le sue (future) centrali elettronucleari sia un diritto dell'Iran La proposta formulata dai sei paesi occidentali apre un varco: se l'Iran si impegnasse a «congelare» l'espansione del suo programma di arricchimento, cioè si limitasse a lavorare al ritmo attuale senza aggiungere nuove centrifughe al suo impianto atomico di Natanz, da parte loro gli occidentali «congelerebbero» il procedimento per nuove sanzioni all'Iran. E' il «freeze for freeze». Tehran ha accettato? per il momento non si sa. Il portavoce del governo di Tehran, Gholamhossein Elham, ieri ha ribadito che l'Iran non ha intenzione di discutere «il suo diritto» ad arricchire uranio - ma è «disponibile al dialogo in un quadro che preservi i diritti dell'Iran». Certo, i segnali positivi vanno sempre affiancati alle dichiarazioni bellicose, che anche in questi giorni non mancano. Vale la pena però di sottolineare almeno due segnali venuti dall'Iran negli ultimi giorni. Uno, già noto, è un articolo di Ali-Akbar Velayati, consigliere di politica estera dell'ayatollah Ali Khamenei, la Guida suprema della repubblica islamica, dunque a tutti gli effetti una delle voci più conservatrici del regime: scrive che l'Iran deve considerare le offerte di dialogo che vengono dal gruppo «5 più 1»; non entra nel merito, ma suggerisce che negoziare con le potenze mondiali è auspicabile. Anzi: Velayati critica il governo iraniano (allusione al suo presidente, Mahmoud Ahmadi Nejad) per le sue frequenti «parole sloganistiche e provocatorie», che «non favoriscono il dialogo». Un altro segnale viene da tutt'altro ambiente, e circola sui siti web perché nessun giornale in Iran oserebbe pubblicarlo: è l'appello «in difesa di una pace durevole» firmato da un gruppo di professori universitari iraniani (e residenti in Iran). Ricordano l'occupazione militare in due paesi vicivil l'Iraq e l'Afghanistan, le tensioni legate al terrorismo internazionale e al pericolo di proliferazioni atomica che emana dal Pakistan e dicono che l'Iran sta già soffrendo «tutti gli effetti di una guerra virtuale: massiccia inflazione, stagnazione economica, e restrizioni politiche, tecniche e scientifiche». E' una situazione di «né guerra, né pace», dicono, da cui sarà possibile uscire solo con il «dialogo, interazione e il rispetto reciproco». Di più: dicono che «gli accademici iraniani credono che la democrazia, non come un bene di lusso o da importare ma come partecipazione della cittadinanza alla formazione delle decisioni di politica interna ed estera, sia il miglior modo di governare il paese». E sono contrari a nuove sanzioni.
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