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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Robert Satloff Tra i Giusti - Storie perdute dell'Olocausto nei paesi arabi 04/07/2008
 Tra i Giusti - Storie perdute dell'Olocausto nei paesi arabi  Robert Satlof, 
Marsilio 2008

Robert Satloff è un ebreo americano, storico e direttore dell'Istituto di
Washington per la Politica nel Vicino Oriente. Ha constatato più volte che
nelle scuole dei Paesi arabi la Shoah non viene insegnata, ha osservato che
ciò si accompagna a forme di antisemitismo talvolta intrecciate ai complessi
vissuti del conflitto mediorientale e ha deciso di porre il problema
cominciando dalla questione dei Giusti. Ne è nato"Tra i Giusti - Storie
perdute dell'Olocausto nei paesi arabi", un libro contro il negazionismo e
un aiuto al miglioramento delle relazioni arabo-ebraiche, un tema sul quale
l'autore è impegnato.

Il titolo originale dell'opera è *Among the Righteous: Lost Stories from the
Holocaust's Long Reach into Arab Lands* e si riferisce, dunque, come spesso
è rimarcato nel testo, alla *longa manus* dell'Olocausto nelle terre arabe.
Per "longa manus" dell'Olocausto in terra araba Satloff intende il fatto che
Francia, Italia e Germania applicarono anche alle proprie colonie arabe le
misure antiebraiche (dal censimento all'eliminazione fisica passando per
spoliazioni, emarginazione, torture etc.) che applicarono in Europa.
L'autore dice che mancarono in Africa solo le camere a gas.

Satloff ha in mente un'opinione pubblica araba che spesso considera di
minore importanza questa azione di estendere la Shoah nelle terre africane;
inoltre, che crede che il fatto di parlarne (soprattutto per la
preoccupazione che l'ammissione della sua gravità) la costringa a fare
concessioni a Israele e all'Occidente. Questa opinione pubblica a volte è
sensibile al tema dei diritti umani, e anche alle loro violazioni nei Paesi
arabi e musulmani, ma non ha come riferimento l'antifascismo o le
riflessioni suscitate dalla Shoah, soprattutto in relazione al tema
dell'antisemitismo.

Satloff descrive un tipo di interlocutore che talvolta affronta la storia
guardando a non urtare sensibilità interne al mondo arabo piuttosto che a
dire la verità. Ad esempio racconta anche di una storia in cui la famiglia
di un salvatore di ebrei preferisce fingere che sia avvenuto un salvataggio
di soldati semplici tedeschi (non SS) allo sbaraglio. Ciò perché nel suo
ambiente aver salvato un ebreo potrebbe voler dire avere salvato "un futuro
occupante della Palestina", o "simpatizzante di Israele", o anche "alleato
degli Stati Uniti". Per questo tipo di interlocutore i sionisti non hanno
portato molti ebrei in Palestina nei quarant'anni precedenti la fondazione
di Israele, ed è quindi d'obbligo considerare lo Stato fondato nel '48 dalle
Nazioni Unite come un paese artificialmente creato dalla cattiva coscienza
europea-occidentale prendendo a pretesto la Shoah. Una sorta di
"risarcimento", il cui meccanismo continua a essere usato per arrecare
vantaggio a Israele. In tale ambito l'estensione della Shoah all'Africa è
considerata poco importante e non attinente al progetto hitleriano di
annientamento sistematico del popolo ebraico.

C'è poi un altro tipo di interlocutore arabo che invece si pone due
problemi: quello di rispondere al negazionismo e quello di rispondere
all'accusa di negazionismo che sembra essere rivolta agli arabi dai
decision-maker internazionali. Più precisamente,spiega Satloff portando
anche numerosi esempi, si tratta di "rimuovere un grosso ostacolo
psicologico alla riconciliazione tra Israele e il mondo arabo". Questo muove
sia da esigenze di onestà intellettuale e morale, sia da esigenze politiche
per cercare di modernizzarsi e di contare di più sulla scena del mondo. Su
questo sfondo, che viene via via schiarito e illuminato dal progredire della
ricerca storica, si stagliano le storie di salvatori arabi di ebrei narrate
nel libro, storie che spesso erano cadute nel dimenticatoio o, come si è
detto, tramandate con un occhio al senso dell'opportunità.

Ecco dunque: Taïeb el-Okbi, leader musulmano riformista che impedì svariati
pogrom in Algeria; Mohammed Chenik, che governò la Tunisia occupata dai
nazisti e salvò la vita di molti ebrei rinchiusi nei campi di lavoro;
Kaddour Benghabrit, capo della Moschea di Parigi e rappresentante ufficiale
dell'Islam europeo, che nascose un numero a oggi ancora imprecisato di ebrei
facendoli figurare come musulmani; Khaled Abdelwahab, che salvò una donna
ebrea dallo stupro e la nascose con tutta la famiglia nella propria fattoria
fino a quando le truppe di Hitler lasciarono la Tunisia; Si Ali Sakkat, che
accolse nella propria tenuta una sessantina di ebrei in fuga; e altri.

Le loro storie sono state raccolte in undici Paesi dell'Africa del Nord
caratterizzati dalla presenza italiana, tedesca e francese di Vichy durante
il secondo conflitto mondiale,e sottoposte al Comitato dei Giusti di Yad
Vashem che, secondo Satloff, dovrebbe essere più solerte nel sostenere il
tipo di ricerca proposto. Oltre a ciò, le storie sono servite a fornire le
prove delle sofferenze patite dagli ebrei nordafricani nella Shoah
all'opinione pubblica e in particolare alla Commissione internazionale che
dal 1951 si occupa di risarcire i sopravvissuti allo sterminio nazista.
"[...] è fonte di grande soddisfazione", scrive Satloff, "il fatto che le
mie indagini, iniziate per scovare almeno un arabo che avesse salvato un
ebreo, abbiano contribuito, per quanto modestamente, a far spazio nella
memoria collettiva dell'Olocausto agli ebrei dimenticati".

Centrale a tutto il libro è il capitolo 5, che s'intitola "Gli arabi
proteggevano gli ebrei" ed è ora anche linkato dal sito del Museo
dell'Olocausto di Washington. Altri capitoli contengono approfondimenti o
s'incentrano su aree geografiche diverse. La narrazione riguarda le storie
soprammenzionate e il lavoro che è servito per portarle alla luce. Essa fa
spesso uso del discorso diretto per rendere partecipe il lettore fino dei
pensieri dell'autore, che, come accennato, non si esime dall'affrontare i
pressanti problemi del nostro tempo: dalla guerra in Medioriente ai dissidi
sui milioni di euro di risarcimenti dovuti alle vittime della persecuzione
nazista al rispetto dei diritti umani nei Paesi arabi e musulmani, fino al
preoccupante antisemitismo che attraversa la Francia e al problema del
negazionismo che, non fra i leader arabi, ma nel musulmano Iran è
addirittura assurto a ideologia di regime. A volte lo stile è enfatico e
arriva a ricomprendere notazioni polemiche, giudizi di valore e battute di
spirito; altre volte l'atmosfera del resoconto rispecchia a fondo la
complessità dei temi trattati.

Un discorso a parte richiede il peso che nella ricerca ha avuto Internet,
sede del dibattito arabo, documentato da Satloff, su come rispondere ai
negazionisti dell'Olocausto e fonte di numerose conferme o smentite alle
ipotesi sui Giusti arabi formulate in base alla storia orale o a
testimonianze scritte di singoli sopravvissuti. La Rete, con la sua natura
flessibile ed egualitaria, ha senz'altro facilitato lo scambio d'idee su
questi due aspetti, che risultano molto delicati per motivi politici e
morali (l'apparente insensibilità degli arabi di fronte alla Shoah è vera o
falsa? Conseguenza o causa del ruolo marginale che molti interlocutori arabi
dell'autore ritengono a torto o a ragione di avere in tanti ambienti della
diplomazia? Coloro che hanno un diverso atteggiamento o le cui famiglie sono
state protagoniste di salvataggi durante la seconda guerra mondiale non ne
parlano in quanto subiscono una particolare pressione o addirittura
minacce?).

Ciò non significa che l'idea stessa dei Giusti non incontri ancora profondi
ostacoli, nel mondo arabo e in generale. Ad alcune persone che ne serbano
memoria accade ancora di essere ostracizzate dalle comunità e perfino
all'interno della famiglia. Inoltre, argomenta Satloff, gli arabi che
sperimentano sulla propria pelle o che si battono contro torture,
incarcerazioni e altre violazioni dei diritti dell'uomo compiute dai loro
Paesi personali sono spesso privi della possibilità culturale e politica di
fare riferimento all'archetipo del crimine contro l'umanità. Ci sono, tra le
altre, due ottime ragioni per leggere "Tra i Giusti": l'importanza che il
libro può rivestire per una distensione fra arabi e israeliani e, forse
ancor più forte, l'universalità del messaggio che proviene dalle
testimonianze di solidarietà umana nella Shoah.
Carolina Figini
dalla newsletter
sinistraperisraele@yahoogroups.com

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