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Il Foglio Rassegna Stampa
03.07.2008 La nuova strategia di Al Qaeda
nessuna sicurezza per chi non si sottomette all'islam

Testata: Il Foglio
Data: 03 luglio 2008
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «al Qaida prepara il piano B, dopo aver perso la guerra in Ira»
Dal FOGLIO del 3 luglio 2008:

Riad. Comincia a circolare il nuovo libro dello stratega in capo di al Qaida, Abu Bakr Naji. Alcune copie sono già state trovate la settimana scorsa, durante i raid notturni della polizia saudita che hanno portato all’arresto di settecento persone. Naji concede la sconfitta militare in Iraq e dice che è necessario passare al piano B, considerato che il piano A, l’organizzazione di singoli attacchi spettacolari in occidente e la guerriglia feroce contro i musulmani moderati nei loro paesi, non sta portando a nulla. In un mondo dominato dai Crociati – scrive – non è più possibile creare un singolo stato autonomo e guidato secondo canoni islamici appropriati. Ci hanno provato i Talebani in Afghanistan, negli anni Novanta, e si è visto come è finita. Ci hanno provato in Somalia le Corti islamiche e nell’Iraq centrale i seguaci dello Stato islamico iracheno, e anche quei tentativi di potere islamico non sono sopravvissuti agli attacchi degli infedeli. Fondare un regno dove alzare la bandiera della religione pura, governare indisturbati e pianificare future espansioni è sempre stato l’antico sogno del islamismo politico, specie di quei gruppi sparsi che da varie parti del mondo dichiarano lealtà a Bin Laden. Ma è un sogno finito, sotto i colpi dei partiti locali stanchi di violenze e anche sotto le bombe teleguidate degli americani. E’ il momento di cambiare di nuovo strategia, a livello globale. Naji dice che nessuno dovrebbe sentirsi sicuro senza sottomettersi all’islam, e che quelli che rifiutano dovrebbero pagare un caro prezzo. Il movimento islamista dovrebbe quindi mirare a trasformare il mondo in tante aree “selvagge”, dove solo chi obbedisce all’islam può godere di qualche sicurezza. E’ il nuovo manifesto della guerra santa, Ederat al Walsh: lo stato hobbesiano, crudele, dove ognuno è lupo per gli altri suoi simili e la vita è corta e disperata, spinge ineluttabilmente alla sottomissione volontaria sotto la bandiera di un pensiero forte: l’islam. E’ il paradigma somalo. La popolazione, stremata da vent’anni di guerra civile tra clan, salutò come un’innovazione positiva l’avvento delle Corti islamiche, che punivano la violenza sulle donne (anche se le costringevano al burqa) e davano la caccia ai banditi; anche se poi finirono per sparare sui capannelli di gente che guardava i Mondiali del 2006 attorno ai pochi televisori e appiccava il fuoco ai pochi cinema (entrambe attività considerate non islamiche). E’ stato, anche, una quindicina di anni fa, il paradigma afghano del Mullah Omar, che venne accolto come un benefattore in tutto l’Afghanistan meridionale quando, alla testa dei suoi studenti scalcagnati, vendicava i soprusi delle milizie armate sulla popolazione indifesa in nome dell’islam. Naji, senza misericordia, si spinge un passo più in là. La condizione di caos violento deve essere prima creata. E non parla soltanto dei paesi in cui l’attività di al Qaida ha una base d’appoggio maggiore, come l’Algeria, l’Arabia o il Pakistan. La guerra a bassa intensità va portata dovunque la comunità musulmana sia solida abbastanza, Europa inclusa. Con esecuzioni spettacolari, punizioni clamorose, rapimenti, agguati, attentati suicidi e intimidazioni. “L’infedele ogni mattina deve uscire di casa chiedendosi se vi farà ritorno”. E’ a grandi linee, il rovesciamento della strategia del generale Petraeus: stare dalla parte degli islamisti deve tornare a essere conveniente (ora non lo è più). Non si tratta, ovviamente, di sterile teoria improduttiva: quello che raccomanda l’ideologo per cambiare la faccia di una zona secondo i precetti dell’islam politico, le minacce ai barbieri e ai venditori di liquori o gli incendi contro i negozi di dvd e le scuole femminili, avviene ogni giorno in Afghanistan, Thailandia, Filippine, Somalia, Pakistan. Il plot per decapitare i soldati di ritorno dal fronte in Gran Bretagna fa parte della stessa linea d’insicurezza: portare la paura fin dentro la casa del nemico. I grandi attacchi come l’11 settembre non hanno dato il colpo decisivo. Le ostilità continue e localizzate renderanno la vita normale impossibile e funzioneranno meglio. “L’occidente – scrive l’ideologo – non ha lo stomaco per affrontare questo tipo di logorio; nemmeno l’America, e ancor più tra poco, quando cambierà presidente”.

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