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La Stampa - Metro - Il Messaggero - Il Sole 24 Ore - Il Manifesto Rassegna Stampa
03.07.2008 L'ebrea che ha colpa di tutto, la disperazione di un uomo
e ancora: il caterpillar assassino e il pretesto della sicurezza: "perle" della disinformazione sulla strage di Gerusalemme

Testata:La Stampa - Metro - Il Messaggero - Il Sole 24 Ore - Il Manifesto
Autore: Francesca Paci - Osvaldo Baldacci - la redazione - Ugo Tramballi - Michelangelo Cocco
Titolo: «Bulldozer contro bus Tre morti e 80 feriti - A Gerusalemme attentato con ruspa - Gerusalemme strage con il bulldozer: 4 morti»

Così, in prima pagina, La STAMPA del 3 luglio 2008 informa sull'attentato a Gerusalemme:

Dopo mesi di tregua, scorre di nuovo il sangue in Israele per un attentato kamikaze. Un autobus di linea è stato investito da un bulldozer nel cuore di Gerusalemme, in una strada centrale e molto trafficata. Il grosso mezzo di movimento terra si è lanciato contro il mezzo pubblico e nella sua folle corsa, tra la gente terrorizzata, ha travolto molte auto e ha seminato il panico. L’attentatore è stato ucciso dalla polizia israeliana. Nell’agguato hanno perso la vita tre israeliani, due donne e un uomo, e sono rimaste ferite circa ottanta persone.

Si deve sottolineare che non vi sono mai stati "mesi di tregua". Da poco è in vigore un cessate il fuoco al confine con Gaza, che dovrebbe fermare i lanci di razzi kassam continuamente violata dai palestinesi, mentre l'assenza di attentati dopo quello al collegio rabbinico di Gerusalemme non si deve a una decisione dei gruppi terroristici, ma ai successi della sicurezza israeliana.

All'interno del giornale la cronaca di Francesca Paci parte dalla dichiarazione razzista del fratello dell'attentatore ( «Tutta colpa di quell'ebrea...»), si sofferma sulle preoccupazioni della sua famiglia e sull'attivismo dell' Association Civil Rights Israel, contraria alle demolizioni delle case dei famigliari degli attentatori,  e apre il dibattito: chi era 
Hussam Dawiat ?
"«Un uomo normalissimo, un musulmano senza eccessi», secondo il dirimpettaio Faiz. «Un terrorista arabo», secondo Rachel, l'adolescente ultraortodossa che cammina avanti e indietro lungo Jaffa Road con il cartello «Mavet learavim», morte agli arabi"
"Un uomo normalissimo, un musulmano senza eccessi", salvo schiacciare ebrei con un bulldozer.

«Tutta colpa di quell'ebrea...», mormora Huisam Dawiat mentre versa il caffè ai vicini accorsi nel cortile della modesta palazzina a due piani nel sobborgo palestinese di Zur Baher, a Gerusalemme Est. Sono passate sei ore da quando suo fratello maggiore, Hussam, operaio ventinovenne presso la ditta edile israeliana Bardarian, ha scagliato la ruspa contro le automobili incolonnate in Jaffa Road urlando «Allah Akhbar», Dio è grande, e ha ucciso tre persone, un uomo e due donne prima di essere freddato dall'agente Moshe Plesser. Dei circa 80 feriti coinvolti nell'attentato alcuni sono molto gravi. Tra i morti un’austriaca di 54 anni, Elisabeth Goren Friedman, con doppia cittadinanza, da diversi anni in Israele.
L'ebrea con cui se la prende Huisam, stipendiato dalla Bardarian come il fratello e il padre Taissir, non è la leggendaria Golda Meir, madrina del sogno sionista, ma l'ex fidanzata israeliana di Hussam, amata e perduta, pare, sei anni fa. L'avvocato Hasib Nashashibi, legale dell'associazione Association Civil Rights Israel, ha bussato alla porta dei Dawiat un'ora dopo la polizia: «Dicono che all'epoca Hussam fosse ancora single. Dopo la separazione l'israeliana lo denunciò per minacce e percosse e lui si fece 18 mesi di prigione». Le finestre sono serrate. Non si vedono donne, nessuna bandiera. Secondo Huisaim è stata la galera ad aver cambiato il fratello: «E' tornato strano. Si è sposato e ha avuto due bambini ma è finito dentro altre volte...». Risse, aggressioni, droga.
Basta attraversare un paio d'isolati perché Hussam Dawiat, il terrorista che ieri alla guida di un colossale Caterpillar ha scavalcato il cantiere della metropolitana di Gerusalemme Ovest per seminare la morte, diventi un'innamorato deluso. Il «martire» che i bambini di Zur Baher aggiungono all'album di famiglia, una fotocopia in bianco e nero del documento d'identità volantinata nel pomeriggio tra i ventimila abitanti del villaggio, sarebbe «uno spostato». L'attentato è stato rivendicato dal gruppo «Brigata dei liberatori della Galilea».
Ma la polizia non dà credito alla rivendicazione: «Tutto lascia pensare a un attacco spontaneo», conferma il commissario della polizia israeliana Dudi Cohen. Nessun piano premeditato dunque dietro la gimkana killer del Caterpillar che ha imboccato via Sarei e si è scagliato contro l'autobus numero 13 e alcune vetture incolonnate in Jaffa Road, la principale arteria della città.
Quando Hussaim Dawiat ha cominciato ha colpire in tutte le direzioni con la pesante pala della sua ruspa Etzki, 10 anni, era sul balcone con la sorella maggiore Shlomit e la cugina Riska. L'appartamento dei Wiesental è al quarto piano del palazzo all'angolo di Gheser Ha Hayim, la prima linea dell'attentato: «Ho visto un pullman rovesciato e una macchina sollevata dal trattore e trascinata lontano. C'era un donna senza un piede, due poliziotti morti, un neonato che piangeva dentro l'auto sfondata».
Gerusalemme è più divisa che mai. Come sei mesi fa, quando Ala Hisham Abu Dheim, un autista palestinese di Gerusalemme Est con la carta d'identità blu come Hussaim Dawiat, massacrò otto seminaristi ebrei nel collegio rabbinico di Merkaz Ha-Rav. Anche allora il gruppo «Liberatori della Galilea» si assunse la paternità dell'attentato. Anche allora la Knesset s'interrogò sulla «quinta colonna del terrorismo», l'oltre un milione di arabi-israeliani e i 250 mila palestinesi di Gerusalemme Est che si muovono liberamente al di qua del muro costruito da Israele per proteggersi dai kamikaze. Anche allora il premier Olmert parlò dell'eventualità di «demolire le case dei terroristi».
La famiglia Dawiat è terrorizzata. La palazzina in cui vivono in venti è abusiva. Il tribunale di Gerusalemme ha già decretato una multa di 166 mila shekel, circa 90 mila euro. Ci mancava Hussan che ieri mattina è uscito di casa come al solito promettendo, come al solito, di portare al pascolo le pecore al tramonto e non è più tornato. «Un uomo normalissimo, un musulmano senza eccessi», secondo il dirimpettaio Faiz. «Un terrorista arabo», secondo Rachel, l'adolescente ultraortodossa che cammina avanti e indietro lungo Jaffa Road con il cartello «Mavet learavim», morte agli arabi. L'aria è grave. Simon, direttore edile della Barashi, la ditta israeliana che ha in appalto la metropolitana di Gerusalemme, lavora con operai arabi: «Ho decine di dipendenti come questo Hussan, che devo fare? Non c'è nessuno che venga a lavorare al posto loro».

Anche Osvaldo Baldacci su METRO scrive che il nuovo attentato "arriva dopo mesi di tregua"

Nell'articolo si legge anche che Hamas "ha subito detto di non averci nulla a che fare", ma non compare la frase con la quale ha giustificato ed esaltato la strage.

Il gruppo che l'ha rivendicata è definito "gruppo militante".


Sul MESSAGGERO la dichiarazione di Hamas che giustifica l'attentato viene riportata alla stregua di una ragionevole ipotesi per spiegare il fatto, e le menzogne su cui si fonda (Israele non aggredisce i palestinesi, si difende dal terrorismo) vengono avvalorate:

Un portavoce di Hamas a Gaza, Sami abu Zuhriha, ha commentato che il fatto potrebbe essere "la reazione logica e naturale" per le violenze compiute da Israele in Cisgiordania, a Gerusalemme e a Gaza

Si noti che le violenze in Cisgiordania a Gerusalemme e a Gaza compaiono nella dichiarazione di Hamas, ma la loro menzione non è virgolettata. Nell'articolo, dunque, sono presentate come un fatto, non come un'affermazione di Hamas. Invece, Hamas non ha mai detto che l'attentato "potrebbe essere" una reazione "logica e naturale", ma: "Se fosse confermato che non si tratta di un'operazione condotta dalla resistenza palestinese, si traterebbe della conseguenza logica e naturale per le continue aggressioni e violenze condotte da Israele  in Cisgiordania, a Gerusalemme e a Gaza". In altri termini, Hamas non ha neanche finto di voler spiegare l'attentato, lo ha giustificato, sia che lo abbia compiuto la "resistenza", sia che si sia trattato del crimine di un singolo.


Ugo Tramballi sul SOLE 24 ORE scrive

Sono bastate la follia o la disperazione di un uomo e un bulldozer da 20 tonnelare per restituire a israeliani e palestinesi una delle solite giornate di terrore

"Follia" o "disperazione" ? No, piuttosto indottrinamento all'odio, culto della violenza e della morte diffuso nella società palestinese, strategia del terrorismo

Il MANIFESTO dedica alla strage un articolo al fondo di pagina 11, incredibilmente intitolato  "Caterpillar fa strage di israeliani a Gerusalemme Ovest. Salta la tregua ?". Meglio non specificare che alla guida del caterpillar c'era un terrorista palestinese.

Michelangelo Cocco nel suo articolo sostiene che "non è ancora del tutto chiaro" che cosa abbia "spinto" l'attentatore. Sottolinea che il Caterpillar è "lo stesso mezzo che l'esercito israeliano ha usato per demolire, dal 1967, circa 12.000 case nei territori occupati", attacca la "colonizzazione" e il "muro dell'apartheid" conclude che "la reazione più gravida di conseguenze negative per i rapporti tra ebrei e arabi è arrivata dalla Knesset": si tratterebbe della proposta di revocare la cittadinanza  a chi compia a o partecipi alla preparazione di attentati o ai suoi parenti. Secondo Cocco sarebbe  un provvedimento che "renderebbe la vita sempre più difficile ai palestinesi" con il "pretesto" della sicurezza.
"Pretesto" della sicurezza ? E i morti di Gerusalemme ? Sono un'invenzione ?

Ecco il testo completo:

Che cosa abbia spinto ieri Hosa Dwayyat, 30enne operaio palestinese, a scaraventare il suo bulldozer contro autobus e macchine carichi d'israeliani intrappolati nel traffico di Gerusalemme ovest, uccidendo tre civili e ferendone 22, non è ancora del tutto chiaro. All'agenzia di stampa palestinese Maan è arrivata una telefonata che ha rivendicato l'attacco a nome di «Ahrar al-Jalil, gruppi Imad Mughniyeh», la stessa misteriosa sigla che si assunse la paternità della strage in un collegio rabbinico della Città santa avvenuta il 6 marzo scorso. Secondo Hamas, che da qualche giorno ha raggiunto una tregua con lo Stato ebraico, l'episodio non avrà ripercussioni sul cessate il fuoco a Gaza. Sami Abu Zuhri, portavoce degli islamisti, dalla Striscia ha però dichiarato che è «naturale che si reagisca così all'aggressione contro il nostro popolo a Gerusalemme est e in Cisgiordania». Era da poco passato mezzogiorno quando Dwayyat, proveniente da un cantiere per la costruzione della metropolitana, ha scagliato la pala del suo mezzo da 20 tonnellate contro il traffico dell'ora di punta, rovesciando il 13, un autobus di linea, distruggendo metà di un pulmino, dove hanno trovato la morte due israeliani, e colpendo varie automobili, una delle quali, dove è rimasta uccisa una donna, è stata ridotta a un ammasso informe di lamiere. Mentre centinaia di persone fuggivano in preda al panico, un poliziotto fuori servizio e un civile sono riusciti a montare sul Caterpillar in corsa e, sotto gli occhi delle telecamere, l'agente ha sparato alla testa del palestinese, uccidendolo. Jaffa street, la via dello shopping e dei fast food etnici, sempre affollata d'israeliani e turisti, è stata più volte teatro di attentati che hanno fatto decine di vittime civili. Mai però i palestinesi avevano utilizzato un Caterpillar - lo stesso mezzo che l'esercito israeliano ha usato per demolire, dal 1967, circa 12.000 case palestinesi nei Territori occupati - per compiere un attacco. E probabilmente nelle prossime ore, come richiesto dal Ehud Olmert, sarà sempre un bulldozer a distruggere la casa della «famiglia del terrorista» a cui il primo ministro ha chiesto che venga anche revocata la pensione. Dwayyat, come tutti i palestinesi residenti nella parte occupata (quella orientale) di Gerusalemme, aveva la «carta d'identità blu» documento grazie al quale poteva muoversi liberamente in tutta la città e in Israele. Anche l'attentatore che il 6 marzo scorso uccise otto studenti del collegio rabbinico ultra-nazionalista Merkaz Harav era nella stessa condizione. Con la tregua che, per ora, regge a Gaza e l'Autorità palestinese del presidente Abu Mazen che «controlla» con la sua polizia le città palestinesi della Cisgiordania occupata, i pericoli principali per Israele sembrano arrivare da Gerusalemme, dove negli ultimi anni la costruzione del Muro dell'apartheid e la colonizzazione ebraica della parte orientale della città hanno sempre più marginalizzato la comunità palestinese. E la reazione più gravida di conseguenze negative per i rapporti tra ebrei e arabi è arrivata dalla Knesset, il parlamento israeliano, che ieri ha approvato in prima lettura, a larga maggioranza, un pacchetto di leggi proposte dalla destra del Likud e del Partito nazionale religioso. Le misure prevedono la revoca della cittadinanza israeliana a chi compia o partecipi alla preparazione di attentati e ai loro parenti. Un altro provvedimento - dopo l'emendamento alla Legge di cittadinanza approvato nel 2003 - che, con il pretesto della sicurezza, renderebbe la vita sempre più difficili per i palestinesi.

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