Da quasi due anni lo sceicco Nasrallah lascia credere di trattenere come ostaggi due soldati israeliani, Ehud Goldwasser e Eldad Regev. Alcuni mesi fa aggiunse di possedere una collezione di pezzi di soldati israeliani: gambe, braccia e persino un tronco. Questa orride dichiarazioni da serial killer hanno offerto l’immagine dell’abiezione morale di Hezbollah e del suo capo e hanno diviso il mondo in due: da un lato coloro che si sono indignati, ovvero le persone dotate di un residuo di senso morale, e dall’altro coloro che hanno chiuso un occhio in nome della realpolitik, o sono arrivati al punto di giustificare.
Oggi il governo israeliano ha rinunciato a sedere dal lato dell’umanità e della morale piegandosi a uno scambio in cui, a fronte di un gruppo di terroristi, tra cui uno particolarmente efferato, riotterrà quasi certamente non i due soldati ma una qualche collezione di reperti estratti dal frigorifero degli orrori di Nasrallah.
Due sono gli aspetti francamente perturbanti di questa decisione. Il primo è stato illustrato da coloro che vi si sono opposti, tra cui – a quanto riferisce la stampa – i due responsabili del Mossad e dello Shin Bet, oltre a tre ministri – e da commentatori come Benny Morris (si veda l’articolo dal titolo “Un prezzo esorbitante per riportarli a casa. Così si rafforza il ricatto terrorista di Hezbollah” pubblicato sul Corriere della Sera). Si tratta del fatto che Israele così dà prova di grande debolezza e apre la strada a quello che Morris ha definito il “bazar senza più limiti” di “prigionieri di guerra in cambio di cadaveri”. È facile immaginare che cosa farà ora Hamas, nel contesto di una tregua fragile in cui, in pochi giorni, sono già di nuovo caduti diversi missili Qassam e vari colpi di mortaio su Sderot e dintorni. Tutto ciò è fin troppo evidente ed è già sottolineato dalle bellicose dichiarazioni di vittoria di Hezbollah. Ma c’è un secondo aspetto che è connesso al primo e getta una luce sinistra sull’accaduto, ed è l’aspetto morale. Che governo israeliano è mai questo che si inchina a raccogliere nello scherno alcuni brandelli di ossa, senza poter neppure poter escludere a priori una macabra beffa, e cioè che poi si constati la loro appartenenza ad altre persone? Che governo è mai questo che ammette per bocca di Olmert: «quasi certamente i nostri soldati sono morti»? Che ministro degli esteri è mai questo che si trincera dietro un cavillo da sofista: «Non abbiamo testimonianze dirette e quindi non c’è la certezza che siano caduti»? Non sono riusciti neppure a ottenere che, prima dello scambio, si sapesse almeno cosa verrà loro consegnato?
Una guerra costata morti e rovine e fatta per liberare i due soldati finisce in questo modo squallido e moralmente indegno, in cui neppure resta la possibilità di poter condannare l’osceno comportamento altrui, visto che lo si è sanzionato con uno scambio e si ammette tragicamente: «Per Israele sarà un momento triste, anche umiliante, perché dall’altra parte festeggeranno». E speriamo che non festeggino oltre che per il risultato ottenuto anche per una beffa.
Qualcuno dice anche che questa scelta sarebbe coerente con un’etica ebraica, il che costituisce un’affermazione sciocca e ignorante e anche ridicola, se ci fosse da ridere. Non appartiene all’etica ebraica del rispetto assoluto della vita una scelta che premia la morte. Altri dicono che si tratti di una scelta che riflette una spinta dell’opinione pubblica. Sarebbe ben triste ma non appare affatto corrispondente all’immagine che trasmettono le centinaia di lettere che si affollano sui siti web dei giornali israeliani che manifestano incredulità attonita e parlano persino di “lenta morte di Israele”. Per due anni c’è stata una mobilitazione intensa e commossa per la sorte dei soldati rapiti, in nome dei principi dei diritti umani che Israele rispetta a differenza dei suoi nemici, e ora essa si spegne in un tristissimo scambio che premia il comportamento degli squartatori di cadaveri.
L’unica cosa che qui appare con evidenza è l’agire irresponsabile di un governo debolissimo che appare motivato più dal desiderio di sopravvivere ad ogni costo che da quello di difendere gli interessi della nazione e che, per sopravvivere, sceglie l’unica via possibile per chi è tanto debole: accettare qualsiasi cosa, pur di apparire moderato, disponibile, aperto, compiacente, venire incontro a ogni richiesta, non dire di no a nulla. Quel che questo governo ha ottenuto in poco tempo è una tregua con Hamas tanto fragile quanto basata su un cedimento totale: una sospensione dei lanci di missili in cambio di concessioni a Hamas; l’apertura di una trattativa con la Siria con la dichiarata promessa di restituire il Golan in cambio di nessuna concessione neppure verbale; la restituzione di pericolosi terroristi in cambio di una scatola che non si sa cosa contenga. Frattanto, tutto Israele è ormai vulnerabile al tiro di missili mentre il governo compie esercitazioni militari di intervento a lunga portata, il che fa assomigliare sempre più il paese a una base militare in cui l’unica garanzia per la popolazione, in caso di conflitto, è rifugiarsi tutta sottoterra. Questo ha ottenuto il governo Olmert in due anni e, come se non bastasse, esso è pronto a svendere morale e diritti della persona pur di stare a galla.
Colpisce soprattutto constarare che, come molto spesso nella storia, i passaggi più drammatici vengono accolti con il massimo di disattenzione e con una superficiale sottovalutazione della gravità dei loro possibili sviluppi.