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La Repubblica Rassegna Stampa
29.06.2008 Le "rivelazioni" dello sciacallo
prese per oro colato da un'informazione malata

Testata: La Repubblica
Data: 29 giugno 2008
Pagina: 15
Autore: Daniele Mastrogiacomo
Titolo: «Le "verità" di Carlos lo sciacallo "Il Sismi tentò di salvare Moro"»
Una pista trascurata, ma fondata su solidi indizi, sulla strage di Bologna è quella del terrorismo palestinese e del gruppo di Carlos. Proprio Carlos sostiene ora, al contrario e senza indicare nessun riscontro oggettivo che la strage sarebbe opera di Cia e Mossad.

Carlos, soprannominato "lo sciacallo",  si comporta come è ragionevole aspettarsi da lui. Non può più far guerra a America e Israele con le bombe, dunque lo fa con la calunnia.

Soprende invece il modo in cui un quotidiano d'informazione come REPUBBLICA affronta la vicenda. L'accusa di Carlos chiude un lungo articolo di Danele Mastrogiacomo che occupa un intera pagina, tutto dedicato alle non verificate "rivelazioni" del terrorista. Nessun cenno viene fatto agli elementi che collegano lo stesso Carlos alla strage di Bologna (in proposito, su Informazione Corretta si vedano gli articoli a questo link: http://www.informazionecorretta.com/find.php?find=strage+di+bologna ), mentre le sue accuse sono riportate anche nel sottotitolo.
Nel testo, insensibilmente, si slitta dal semplice riportare le dichiarazioni del terrorista (che non viene presentatto come l'assassino che è, ma come un combattente dalla vita avventurosa  "scandita da attentati, incursioni, azioni spettacolari, lunghe bevute, tantissime e belle donne, alberghi di lusso e serate in allegria") al presentarle come verità oggettive: "Carlos lo fa capire molto bene" scrive Mastrogiacomo a proposito delle "rivelazioni" sul rapimento di Moro: "l´Italia non aveva necessità di contattare "gruppi rivoluzionari " stranieri per salvare il presidente della Dc. Ma, evidentemente, i tentativi interni erano andati tutti a vuoto. La pista internazionale restava, forse, l´ultima arma a disposizione. Il nostro paese era al centro di trame e complotti che si decidevano, spesso, altrove".

Ecco il testo completo:

ROMA - Aldo Moro poteva essere salvato. La strage di Bologna è stata opera dei servizi segreti americani con la complicità di quelli israeliani. Le Brigate rosse, oltre al presidente della Dc, avevano deciso di rapire contemporaneamente anche Gianni Agnelli e un giudice della Cassazione. Carlos "lo sciacallo", al secolo Ilich Ramirez Sanchez, 59 anni, da dieci rinchiuso nel carcere francese di Poissy, per trenta tra i più ricercati terroristi al mondo, torna a farsi vivo con una lunga intervista concessa all´Ansa, attraverso i suoi legali italiani. Come tutti i "combattenti" costretti al silenzio dopo una vita scandita da attentati, incursioni, azioni spettacolari, lunghe bevute, tantissime e belle donne, alberghi di lusso e serate in allegria, Carlos racconta molte cose.
Lo "sciacallo" conosce la materia, gli uomini, i centri di potere che ha combattuto, con cui forse ha trattato e che lo hanno poi venduto per interessi superiori, quando la sua libertà, in Sudan, era diventata troppo imbarazzante e fastidiosa per i nuovi equilibri geostrategici. Ma al tempo stesso, come si addice a questo "veterano del terrorismo", lancia soprattutto segnali. Sonda il terreno. Si mostra disposto ad aprire lo scrigno dei suoi "segreti", offre la sua versione alle decine di inquirenti che hanno inseguito forse verità insondabili.
La sua, di verità, è scandita da episodi. Intanto la prima, inedita. Le Brigate rosse, nel 1978, all´apice della loro potenza militare e politica, avevano deciso di attaccare lo Stato con tre sequestri clamorosi. Avevano progettato di rapire Gianni Agnelli, all´epoca presidente della Fiat, un consigliere della Suprema Corte di Cassazione e il presidente della Dc Aldo Moro. Come è noto, ripiegarono solo su quest´ultimo. La seconda notizia offerta dallo "Sciacallo" riguarda le trattative portate avanti da diversi settori per ottenere la liberazione di Moro. Una, in particolare, attivata da una fazione del Sismi, quella legata al mondo arabo, sempre in conflitto con quella filo israeliana. L´8 maggio del 1978, il giorno prima dell´esecuzione dello statista democristiano da parte delle Br, un executive dei Servizi sarebbe volato a Beirut per raccogliere alcuni esponenti palestinesi che avrebbero dovuto svolgere il ruolo di mediatori nello scambio pattuito: un gruppo di brigatisti detenuti da trasferire in un paese arabo per la liberazione di Aldo Moro. Carlos fa il nome di Stefano Giovannone, un brillante colonnello del nostro Sismi, capo stazione in Libano, come il regista dell´operazione. E´ verosimile. Perché Giovannone, ormai morto, aveva ottimi contatti con la galassia palestinese, all´epoca esiliata nel paese dei Cedri, ed era molto abile a muoversi in un mondo dove la certezza non era mai assoluta.
Secondo lo "Sciacallo" l´operazione, e quindi lo scambio, sfumò per «l´improvvida», così la definisce, segnalazione di Bassam Abu Sharif, un dirigente del Fplp, il Fronte popolare liberazione Palestina, ai nostri servizi. Non sappiamo se Abu Sharif giocasse su più tavoli. Sappiamo che il nostro Sismi era devastato da lotte intestine e che si divideva in due distinte fazioni. Anche una semplice segnalazione poteva arrivare a orecchie sbagliate e far fallire un piano per salvare il prigioniero illustre. Carlos sostiene che dopo il fallimento dell´operazione ci fu una grande epurazione all´interno del Sismi. Vennero colpiti i dirigenti coinvolti nella trattativa. Uno di questi è l´ammiraglio Fulvio Martini, vice capo del Sismi, che si allontanò per alcuni mesi dal servizio. Ilich Ramirez Sanchez svela una seconda trattativa per salvare Moro in cui si accenna sempre a Martini. Parla di una riunione, tra Brigate rosse e membri della Raf, gruppo terroristico tedesco, che si doveva svolgere a Milano. L´obiettivo era mettere a punto un incontro con un «uomo dello Stato», forse un prelato. Ma anche in questo caso l´appuntamento saltò, per l´intervento delle teste di cuoio che - sostiene Carlos - «entrarono in azione per la prima volta». I terroristi della Raf riuscirono a fuggire ma vennero poi catturati nell´allora Jugoslavia. Dove, nel carcere di Portorose, furono visitati dall´ammiraglio Fulvio Martini per l´ennesimo tentativo di far slittare la sentenza di morte nei confronti di Moro. Riunioni, contatti, trattative. Sempre a carattere internazionale. Carlos lo fa capire molto bene: l´Italia non aveva necessità di contattare "gruppi rivoluzionari " stranieri per salvare il presidente della Dc. Ma, evidentemente, i tentativi interni erano andati tutti a vuoto. La pista internazionale restava, forse, l´ultima arma a disposizione. Il nostro paese era al centro di trame e complotti che si decidevano, spesso, altrove. E per lo "sciacallo" anche la strage di Bologna venne ordita dalla stesse centrali. I "nemici" di sempre. Israeliani e americani.

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