Guerra Dopo cinque anni si attenuano gli effetti del conflitto armato: diminuiscono morti e attentati Pace Parchi affollati, musica ai matrimoni. Persino una band heavy metal: a Bagdad l'estate più lieve dal 2004
Iraq, ritorno al futuro
Così i titoli del CORRIERE della SERA di oggi,28/06/2008, a pag. 10-11, in un servizio di Michele Farina. Che i media italiani, i grossi,intendiamo, si stiano rendendo conto che la situazione irachena è cambiata ? Era ora, è il minimo che si può dire. Ecco i servizi di Farina:
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Non è un bel giorno per chiedere a Walid, il collaboratore del Corriere a Bagdad, se le cose vanno un po' meglio. E' all'ospedale Yarmuk. Suo cognato Adel, 52 anni, in terapia intensiva. Ha perso una gamba. Una bomba al lato della strada è scoppiata mentre passava in macchina alle 3 del pomeriggio. L'altra gamba è piena di schegge. I medici non sanno se riusciranno a salvarla. La moglie e le due figlie vivono rifugiate in Giordania. Adel ha provato a consolarle scherzando al telefono: «Pazienza, tanto nella nazionale non mi volevano più». Anche il calcio è avaro di soddisfazioni. Pochi giorni fa l'Iraq ha perso una partita cruciale con il Qatar. Niente Mondiali 2010. «Avremo dovuto prendere un allenatore brasiliano — dice Walid — Voleva un milione di dollari e il governo ha detto no. Ma dei soldi del petrolio cosa se ne fanno? Spendono 32 milioni di dinari per il ristorante dei parlamentari. Il calcio almeno rifocilla tutti gli iracheni ». Sesta estate di dopoguerra. Il termometro già a 47 gradi. Il rumore di 50.000 generatori (la rete elettrica fornisce solo 7 ore di corrente) riempie la notte di Bagdad. La gente esce a prendere un po' di brezza in riva al Tigri. Sulla tv Al Sharkiya è cominciato un reality intitolato «Free»: l'avventura di 100 ragazzi iracheni nelle foreste della Malaysia. Intanto sulle tv americane la guerra è sparita (4% delle notizie). Buon segno? Che succede in Iraq? Al Qaeda Il gruppo che si ispira a Osama Bin Laden ha perso le roccaforti nel Triangolo Sunnita (Ramadi-Tikrit-Samarra) e nella cintura a sud della capitale (Triangolo della Morte) dopo che — nell'ultimo anno — gruppi della guerriglia e tribù sunnite hanno accettato l'alleanza con gli americani (vedi alla voce «Sahwa»). Il flusso di kamikaze dall'estero è molto calato. Al Qaeda (10.000 uomini) rimane forte nella provincia di Dyala (Baquba) e nel Nord (Mosul) dove sfrutta i contrasti tra arabi e curdi. Bassora L'operazione condotta a marzo dall'esercito (supportato dall'aviazione Usa) contro le milizie sciite che spadroneggiavano nella «capitale » del Sud comincia a dare i suoi frutti. Con gli ultimi 5.000 britannici chiusi nella base dell'aeroporto, 30.000 soldati iracheni controllano le strade. All'Istituto di Belle Arti Mohammed gira mano nella mano con la fidanzata Sabreen. «Prima non avrei potuto neppure sfiorarla». «Prima» i miliziani (Esercito del Mahdi, partito della Virtù etc) punivano chi non rispettava una rigida interpretazione dell'Islam. I partiti religiosi sono ancora al potere. Via i soldati torneranno le ronde? Mohammed stringe Sabreen: «Godiamoci la libertà finché c'è». Cellulari Su 28 milioni di iracheni, 12 milioni di cellulari. Erano un milione 4 anni fa. Comodità. E nefandezze. Donne «disonorate» uccise dal marito o dai familiari: in metà dei casi «le prove» sono immagini da telefonino che i partner passano agli amici. Dottori Erano 34 mila prima della guerra, 20 mila scappati, 2.000 uccisi, 500 rapiti. La sanità irachena rimane un disastro. Per il cognato ferito, Walid ha fatto una «colletta»: «Con 10 amici siamo andati alla Banca del Plasma a Medical City a donare sangue. In cambio, ci hanno dato quello per mio cognato ». Elettricità Volete far felice un iracheno? Regalategli un condizionatore. A basso consumo. Lista d'attesa per quelli da 5 ampere (350 dollari). Servono 9.000 megawatt, le 33 centrali del Paese ne producono 4.000. Chi può paga 70 dollari al mese per attaccarsi ai generatori privati. Gli altri sul tetto, avvolti in lenzuola bagnate. «Gli iracheni non fanno più l'amore» sbotta Walid. Una donna intervistata dal Miami Herald gli dà ragione: «Mariti e mogli neppure osano avvicinarsi. Odio il caldo più delle bombe». Falluja Ex roccaforte di Al Qaeda, non fa più notizia. La sicurezza è affidata al colonnello Faisal al-Zobaie, ex guerrigliero. A chi gli chiede dei suoi metodi, risponde serafico: «Noi non torturiamo nessuno. Qualcuno lo picchiamo subito dopo la cattura. Per forza, non confessano». Greggio La produzione è risalita a 2,5 milioni di barili al giorno. Manca ancora la legge sulla divisione dei proventi tra centro e province. Quelle curde hanno stipulato 21 contratti con compagnie straniere minori, suscitando l'ira del governo centrale. Che annuncia accordi da 500 milioni di dollari con Shell, Bp, Exxon e Total. Tornano le multinazionali cacciate da Saddam (con il favore popolare) 30 anni fa. Hotel Il favorito degli iracheni a Bagdad è il Babylon, lungo il Tigri. Ideale per lune di miele. In Kurdistan villaggi esclusivi costruiti da compagnie straniere (fuori Erbil nascerà un «villaggio italiano»). Kirkuk Contesa tra curdi e arabi, per il prestigio e per il petrolio (13% delle riserve). Il referendum continua a essere rinviato (furioso il governo autonomo del Kurdistan) Islam Perde terreno l'interpretazione rigida dei suoi precetti. «I ragazzi che prima venivano in moschea adesso ci passano davanti, dicono salaam aleikum e se la svignano» racconta un imam sciita di Bagdad. Londra «Gli iracheni amano Londra: ci sono 7.000 medici iracheni in Gran Bretagna. La Germania invece ha accolto molti dentisti»: parola di un infermiere all'ospedale Yarmuk. Nozze In aumento. A organizzare cortei di auto con corone di fiori per la città non si rischia di morire a un posto di blocco di un'altra confessione religiosa. Alle feste è tornata la musica, che prima era proibita dai miliziani. Riaprono i negozi di alcolici. Anche i quattro degli Acrassicauda, l'unica band heavy metal irachena, tornano a suonare.Parlamento A settembre cambia sede. Dopo 5 anni al Palazzo delle Convenzioni (nella fortificata Zona Verde), i 275 deputati dal 1 settembre tornano nella vecchia Assemblea Nazionale di Saddam rimessa in sesto dopo i bombardamenti. Segno che le strade di Bagdad sono più sicure. Ritiro Per l'ultimo sondaggio della Brookings Institution gli iracheni contrari alla presenza di forze straniere sono il 26% (21% nel 2007, 39% nel 2004). A fine anno scade la risoluzione Onu. Washington e Bagdad trattano sul futuro della presenza Usa. Dopo lo stallo, il presidente Talebani avrebbe strappato a Bush una concessione: niente immunità per i contractor stranieri in Iraq. Sahwa Il nome (risveglio) indica le milizie sunnite alleate con gli americani contro gli ex amici di Al Qaeda. In tutto 90 mila uomini. Gli Usa li pagano 180 dollari ciascuno. E' la chiave più importante per spiegare il calo delle violenze. Tigri Ha smesso di essere un cimitero galleggiante. La violenza settaria (sunniti contro sciiti) che nel 2007-2007 faceva affiorare anche 100 corpi al giorno è quasi scomparsa. Sul lungo fiume riaprono i ristorantini di kebab. Università Il bavaglio estremista è meno forte. I professori (uccisi a centinaia negli anni scorsi) non hanno paura di dare brutti voti agli studenti vicini alle milizie. Le studentesse si truccano, qualcuna va senza velo, i ragazzi si sentono abbastanza sicuri (meno rapimenti) da usare l'auto dei genitori per andare a lezione. «All'università la maggioranza delle persone è laica — ha detto un professore a Time — La minoranza però ha ancora le armi». Voto In autunno elezioni provinciali. Molto importanti. Sunniti chiamati a partecipare in massa per riequilibrare il quadro politico condizionato dal loro boicottaggio alle urne nel 2005. Zawra Il parco più frequentato di Bagdad, mai come oggi (nel dopoguerra). Comprende anche lo zoo. Ci sono i giochi, le famiglie fanno il picnic sull'erba, le coppie si appartano per chiacchierare senza timore delle «ronde della virtù». A luglio dovrebbe aprire una pista per skateboard. Gli americani (che hanno un debito con i ragazzini iracheni) distribuiranno centinaia di skate gratis.
La parrucchiera: «Adesso posso lavorare senza rischiare la vita»
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Riaperto Zeinab Hussein, 45 anni, nel suo negozio a Bagdad A Bagdad sono tornate le parrucchiere. E non è cosa da poco. Zeinab Hussein, 45 anni, sciita, ha riaperto il suo salone in Mutanabi Street da qualche mese. L'aveva chiuso alla fine del 2005: «I miliziani dell'Esercito del Mahdi mi avevano avvertito che era meglio se lasciavo perdere. Le mie due lavoranti abitavano una a Dora l'altra ad Amariya (quartieri controllati da Al Qaeda, ndr) e non potevano muoversi». Oggi la gente ha ripreso ad andare con i mini-bus da una parte all'altra della città, dall'Ovest a maggioranza sunnita all'Est sciita. Hanno riaperto al traffico ponti rimasti a lungo off-limits (come quello tra Adamiya e Khadamiya, teatro di una strage dove morirono centinaia di persone durante una processione). Zeinab siede nel suo negozio deserto, lo hijab nero sul capo fa un curioso contrasto con le acconciature «ardite» che tappezzano le pareti. «Adesso fa molto caldo, ma più tardi verranno le clienti: una volta chiudevo alle 2, ora la gente non ha più paura di restare in giro fino a sera». E le donne si truccano: «E' tornata un po' di voglia di vivere». I parrucchieri (per uomo e donna) erano una delle categorie più minacciate dalla violenza settaria. Decine di barbieri sono stati uccisi in tutto l'Iraq perché «osavano» fare il loro lavoro (per gli emiri di Al Qaeda tagliarsi la barba è peccato). Stessa sorte alle parrucchiere che non ubbidivano agli ordini di chiusura. Alcune sono entrate «in clandestinità », ricevendo le clienti a casa, con le tende tirate. Zeinab ricorda una collega, Rana, ammazzata sulla porta di casa. Poco più di un anno fa l'Iraq era anche questo: si poteva morire per delle mèches o una permanente. Per le prime settimane Zeinab ha chiesto al marito, che ha un posto al ministero dei Trasporti, di prendere un po' di ferie e fare la guardia al negozio, seduto fuori dalla porta. Adesso non è più necessario: «C'è la polizia per strada, le milizie sono scomparse». Fa questo lavoro dai primi anni '90. Ha aperto il salone nel 2002. Ha un sogno: comparsi una casa. M.Fa.
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Ex ufficiale di Saddam: «Mio figlio non ha più paura del nostro nome»
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Hassan al-Jaburi è tra i 2,8 milioni di iracheni che sono fuggiti all'estero dopo la guerra. E' uno dei pochi che sono tornati. Sunnita, ex colonnello dell'esercito di Saddam, era scappato in Siria per paura di vedere uccisi i suoi figli. Uno di loro, il maggiore, si chiama Omar, il «più sunnita» dei nomi. Un anno fa se un iracheno si fermava a un posto di blocco improvvisato dell'Esercito del Mahdi e tirava fuori un documento d'identità con scritto «Omar» quell'iracheno era morto. Torturato con un trapano. Nel 2005 Assan ha preso i suoi cinque figli ed è partito per Damasco. Ogni tre mesi si faceva ritirare da un amico i 250 dinari (poche decine di dollari) di pensione. Un giorno di tre mesi fa ha ricevuto una telefonata dai vicini del quartiere di Gazaliya, uno dei bastioni saddamisti di Bagdad, quello dove agli inizi del 2007 è cominciata «la riconquista» studiata dal generale Usa David Petraeus. «Perché non torni?». L'offerta veniva dai quadri della Sahwa, il movimento sunnita passato dalla parte degli americani contro Al Qaeda. «Mi mancava la mia città, e poi mi offrivano 300 dollari in quanto ufficiale ». Il figlio Omar adesso fa Economia all'università e non ha più paura a dire il suo nome. La madre Iman, insegnante, non è ancora riuscita a farsi ridare il posto di insegnante a scuola. L'ex colonnello al-Jaburi comanda tre posti di blocco nel suo quartiere e aspetta con ansia che arrivino le elezioni. La Sahwa si presenterà alle urne per chiedere il voto sunnita, in opposizione all'affievolito partito Islamico. «L'alleanza con gli Usa è vera — dice Hassan — e comunque prima o poi loro se ne andranno». Diversi analisti sostengono che si tratta di un'alleanza fragile. Il governo sciita non è molto disposto a inglobare le milizie sunnite (90 mila uomini) nell'esercito regolare. Questa (relativa) pace a breve termine può trasformarsi in una nuova guerra civile tra sunniti e sciiti? Al Jaburi sostiene che la situazione non è più quella di tre anni fa: «Siamo tutti stanchi». M.Fa.
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