Arafat dimenticato da tutti, e per buoni motivi a rimpiangerlo resta solo il "vecchio cronista"
Testata: La Stampa Data: 27 giugno 2008 Pagina: 34 Autore: Igor Man Titolo: «"Val" la dama della pace in Terra Santa»
Dopo la sua morte Arafat è caduto nell'oblio, anche presso coloro che ne avevano coltivato il mito. Ci sono delle buone ragioni per questo: a cominciare dall'emergere della verità sulle malversazioni dei raìs e sul patrimonio da lui accumulato, la cui eredità è stata contesa tra l'Autorità palestinese e la vedova.
Soltanto il "vecchio cronista", Igor Man, continua imperterrito a rimpiangere Arafat. Come fa in questo articolo sulla morte di Valentine Vester, dell’American Colony, celebre albergo di Gerusalemme.
Ecco il testo :
Prima di precipitare nella notte, Gerusalemme sembra sfinirsi in un tramonto interminabile. Le sue pietre s’accendono d’una luce personalissima: rischiara vecchi e fanciulli assumendo il colore del sangue. Sangue romano, bizantino, zoroastro, musulmano, cristiano, curdo, israeliano... Quella del tramonto è un’ora «definitiva» per andarsene sottoterra, diceva Valentine Vester, «Val» per gli amici. È morta tre settimane fa, lucidamente. Aveva 96 anni perennemente sconfitti dall’ironia d’un sorriso aristocratico. Con lei va sottoterra un lacerto di Israele seppellendo una vecchia signora ostinatamente in attesa di quel complicato Godot ch’è la pace in Terra Santa. «Val» non era soltanto la rigorosa gerente-padrona dell’American Colony, «l’albergo della pace» dove nella camera numero 16, vasta, luminosa, discretamente si incontrarono gli emissari israeliani e palestinesi aprendo la stagione degli «accordi di Oslo». «Val» era una dama laica (non laicista) che fino a ieri ha raccolto segnali di pace, molti da decifrare, tenendo i giusti contatti con arabi e israeliani, con la «fede bambina» di una monaca dedicata alla splendida utopia che fu di Rabin, che fu di Arafat. L’American Colony era in origine il «giardino» della famiglia Husseini (sì, il gran Mufti) che lo vendette a una coppia di «millenaristi», i coniugi Stafford, per farne una casa-rifugio aperta a ebrei e palestinesi poveri. A cavallo della seconda guerra mondiale l’American Colony diventa una pensione a gestione famigliare. Ma, posta sulla linea verde che un tempo separava la parte israeliana di Gerusalemme da quella araba, diventò presto il rifugio di personaggi davvero storici: da T. S. Lawrence, il mitico Lawrence d’Arabia, a Glubb Pascià e dal creatore della Legione beduina al generale Allenby, il conquistatore di Gerusalemme il 9 dicembre 1917. La guerra dei Sei giorni riunifica Gerusalemme consacrando il culto della pace vegliato all’American Colony da una vestale bella e tenace, raffinata intenditrice di tè, instancabile Penelope anglopalestinese. È morta spogliata oramai da ogni speranza immediata di pace ma agli amici-nemici, sino all’ultimo suo giorno, durante il tè delle cinque, nel «giardino delle mogli», fra le palme e gli aranci, «Val» non ha fatto che ripetere: «Quando la smetteranno di odiarsi e tutti saluteranno infine la grande stagione della pacifica convivenza, quel giorno chiederò un permesso speciale per essere con voi, tra di voi, amici. Finalmente felice». Il Signore Iddio divise tutta la bellezza in dieci parti: ne consegnò nove a Gerusalemme e una al resto del mondo. Poi divise anche il dolore in dieci parti e di nuovo ne assegnò nove a Gerusalemme e una al resto del mondo. Questo apprendiamo da una parabola talmudica e questo dovrebbe aiutarci a comprendere (forse) il destino storico di una città particolare che vive da sempre una giornata particolare. E c’è chi sostiene che la parabola talmudica «è» la vera storia di Gerusalemme «incisa nella pietra dai vivi, dai morti» meglio di quanto non ce la rappresentino i Salmi quando esaltano Jerushalaim «città della pace». (Ipse dixit «Val»). E qui sia concesso al Vecchio Cronista di ricordare Georges Jacob Koumseyeh e la sua voce baritonale che recava un felice «bene arrivato» - «Kifal hak habibi?», come va, carissimo? - ai clienti vecchi e nuovi. Fu lungamente il portiere dell’American Colony e di lui palestinese cristiano, padre di sette figli e nonno di diciassette nipoti, mortificato sadicamente ai posti di blocco fitti sui dieci chilometri dall’albergo alla casa e viceversa, di lui ricorderò questo desolato interrogativo: «Ma allora, come fa Mrs Val a credere nella pace in Terra Santa?».
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