Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Sergio Romano deve ammetterlo sui morti di Sabra e Chatila ha preso per buone le sole fonti palestinesi
Testata: Corriere della Sera Data: 26 giugno 2008 Pagina: 0 Autore: Sergio Romano Titolo: «I massacri di Shatila e la difficile conta dei morti»
Il CORRIERE della SERA ha iniziato a pubblicare alcune lettere critiche inviate a Sergio Romano. Il quale, il 26 giugno 2008, deve rispondere sulla strage di Sabra e Chatila ammettendo di aver precedentemente fornito un numero delle vittime non verificato, e in contrasto con altre stime. Senza ovviamente aver specificato queste cruciali circostanze a tempo debito.
Evasiva e insoddisfacente, dunque, la risposta a Daniele Coppin di Romano . Che invece di limitarsi ad ammettere la disinformazione, si difende arrampicandosi sugli specchi: citando un propagandista antisraeliano come Robert Fisk e le sue inchieste che non sono approdate a nulla di concreto, suggerendo che al momento del massacro i terroristi dell'Olp fossero stati tutti evacuati dal Libano, per smentirsi poche righe dopo, e soprattutto facendosi scudo dell'impossibilità di stabilire il numero esatto delle vittime. Il problema, però, è precisamente che nella sua precedente risposta lui, quel numero lo aveva indicato a chiare lettere come dato certo.
Ecco il testo:
La sua risposta a un lettore sulla strage avvenuta a Beirut nel 1982, nei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila, colpisce per parzialità e disinformazione. Lei inizia con una ricostruzione molto lacunosa del contesto in cui maturò quel tragico episodio e ignora i presupposti dell'intervento dell'esercito israeliano (ripetuti attentati lungo la frontiera con Israele, creazione di un arsenale di armi pesanti da utilizzare tanto nella guerra civile libanese quanto contro Israele, massacri compiuti dai palestinesi nei confronti dei cristiani libanesi). Volendo sorvolare sull'uso del termine «guerrigliero» per definire i terroristi palestinesi, oltre che sulla forma dubitativa circa le responsabilità siriane nell'attentato a Bashir Gemayel, colpisce la falsità dei dati sulle vittime palestinesi che secondo la Procura Generale libanese, Croce Rossa e la Commissione d'inchiesta israeliana (la stessa che attribuì la responsabilità indiretta della strage a Sharon) furono tra 470 e 800 e non 3.000. Non è il numero che colpisce (1, 10, 100 o 1.000 morti, restano la gravità dell'episodio e la sua efferatezza), quanto il fatto che lei prenda per buona la cifra fornita dai palestinesi, attribuendo, di fatto, attendibilità solo a quella fonte. Gradirei una risposta che mi aiuti a capire come un giornale notoriamente equilibrato e pertinente come il vostro possa cadere in questi grossolani errori. Daniele Coppin daniele. coppin@fastwebnet.it Caro Coppin, Dopo avere indicato una possibile cifra (3.000) e osservato che il dato è difficilmente verificabile, avrei dovuto aggiungere che esistono effettivamente stime diverse: 460 secondo il calcolo più conservatore degli israeliani, 700 secondo il direttore dell'Intelligence militare di Israele, 2.000 secondo fonti ufficiose dei servizi dell'Onu e voci raccolte dai giornalisti stranieri a Beirut. Non esiste una stima della Commissione Kahan, costituita a Gerusalemme per accertare le responsabilità delle forze armate israeliane. Se lei rileggerà la pagina 26 del rapporto, troverà un lungo paragrafo che comincia con le parole «E' impossibile determinare con precisione il numero delle persone massacrate». Non sappiamo quanti palestinesi vivessero a Shatila fra il 16 e il 18 settembre 1982. Non sappiamo quanti cadaveri siano stati rapidamente sepolti nelle vicinanze del campo. Non sappiamo quanti siano stati trasportati altrove (su camion forniti dagli israeliani, secondo alcuni testimoni) e sepolti in fosse comuni. Robert Fisk, autore di uno dei migliori libri sulla guerra civile libanese («Pity the Nation. Lebanon at War») scrive di avere raccolto notizie secondo cui un migliaio di persone sarebbe stato sepolto sotto un «campo sportivo ». Pensò allo stadio e fece un sopralluogo, ma gli fu detto più tardi che il «campo sportivo» era in realtà il grande Golf Club lungo la strada che corre da Shatila all'aeroporto. Andò a vedere e trovò larghe zone di terra smossa e tracce di mezzi cingolati. Ma il Golf era presidiato dalle forze armate libanesi che non autorizzarono le indagini della Croce Rossa. Come ricorda la Commissione Kahan, il numero indicato in un rapporto della Croce Rossa (328) è soltanto quello dei cadaveri che gli ispettori riuscirono a contare quando poterono finalmente entrare nel campo. Come in tutti i massacri, gli autori, a cose fatte, cercano di occultare per quanto possibile i loro peccati. Nella sua lettera, caro Coppin, lei ricorda le ragioni dell'intervento dell'esercito israeliano in Libano. Per completare il quadro, tuttavia, conviene ricordare che i massacri avvennero dopo l'esecuzione di un piano americano per la partenza dal Libano dei guerriglieri palestinesi e delle forze siriane. L'evacuazione ebbe luogo soprattutto per mare alla fine di agosto. Vi erano ancora combattenti palestinesi a Shatila dopo la partenza di Arafat? E' probabile ed è certamente vero che nei giorni seguenti furono trovati numerosi depositi di armi dell'Olp. Ma Shatila non era una roccaforte terrorista e la resistenza contro le milizie cristiane alleate di Israele fu soltanto sporadica. Non vi fu una battaglia tra forze contrapposte. Vi fu un massacro.
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