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Il Foglio Rassegna Stampa
26.06.2008 Niente crisi di governo in Israele
il premier Olmert si accorda con il laburista Barak

Testata: Il Foglio
Data: 26 giugno 2008
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: «Highlander Olmert sigla la tregua con Barak e rialancia il processo di pace via Riad»
Dal FOGLIO del 26 giugno 2008 un articolo sulla situazione politica israeliana. Sullo stesso argomento anche un breve editoriale di R.A. Segre a pagina 17 del GIORNALE:

Gerusalemme. “Soltanto chi crede nei miracoli può dirsi realista, in medio oriente”. Ehud Olmert le rammenta a memoria, le parole di David Ben-Gurion. Le ha citate anche pochi giorni fa nel corso di un’intervista concessa al settimanale tedesco Der Spiegel in cui spiegava che “un miracolo mi lascerà al mio posto di premier”. Era il 20 giugno. Cinque giorni più tardi il miracolo è avvenuto: durante la notte che precedeva il voto di fiducia alla Knesset, l’Highlander capo del governo e il suo ministro della Difesa, il laburista Ehud Barak, hanno raggiunto l’intesa che permetterà a Olmert di restare (almeno per il momento) al suo posto e alla coalizione formata da Kadima, Labor e centristi di Shas di continuare a governare Israele. Il vertice s’è tenuto nella casa di Barak, a Tel Aviv: Olmert non vi ha preso parte, ma ha spedito dall’alleato-rivale il fidatissimo Tzachi Hanegbi, presidente della commissione Affari esteri e Difesa della Knesset. E’ stato lui ad assicurare Barak che le primarie per la scelta del nuovo leader di Kadima si terranno entro il 25 settembre dopo che, la prossima settimana, il partito fondato da Ariel Sharon e da due anni e mezzo guidato da Olmert avrà modificato le regole per l’elezione del nuovo leader. La promessa è stata sufficiente. Ieri lo stato maggiore laburista ha fatto sapere che il partito non avrebbe più appoggiato – come Barak minacciava da giorni – la mozione di sfiducia presentata da un parlamentare del Likud. L’annuncio è bastato per far recedere l’opposizione: senza l’afflusso dei voti laburisti non ci sarebbero stati i numeri per far sciogliere la Knesset e indire le elezioni in novembre. Bibi Netanyahu, capo del Likud, ci aveva sperato fino all’ultimo e, almeno fino a martedì sera, il suo obiettivo sembrava centrato. I sondaggi dicono che, con una buona campagna elettorale, non gli sarebbe stato difficile tornare alla guida del governo a quasi dieci anni dalla conclusione del suo triennio da premier. L’accordo tra Olmert e Barak glielo impedirà: Kadima e Avoda rimarranno ancora partner nella coalizione di governo, nonostante le tensioni delle ultime settimane, e Olmert conserverà il suo ruolo. A meno che, ricondotti a più miti consigli i laburisti, non siano i compagni di partito a mettere in discussione la leadership di Olmert: le primarie di settembre, con regole ancora tutte da scrivere, non saranno una formalità. Il premier ha fatto capire che concorrerà per un nuovo mandato da leader e, di conseguenza, da candidato alla guida del governo alle prossime elezioni. I sondaggi interni dicono che difficilmente riuscirà nell’intento. Da mesi al centro di un’inchiesta giudiziaria che lo vede accusato di corruzione, il premier non gode più del favore della base di Kadima, oltre che degli elettori. Il clima di antipolitica che negli ultimi mesi ha caratterizzato il dibattito israeliano ha trovato nel premier il simbolo di quanto andrebbe rimosso dalle istituzioni per tornare a una politica “integra”. Sul fronte internazionale Olmert raccoglie consensi nella sua azione diplomatica, con l’apertura al Libano, all’Anp e alla Siria. Ieri il premier ha confermato la sua linea di dialogo a diverse intensità con i diversi interlocutori, accusando il Likud di “non volere la pace”. La tregua con Hamas vacilla, ma il coinvolgimento dei sauditi, auspicato dal premier, è confermato dai fatti e dalle parole del viceministro per gli Affari politici di Riad, che ha ribadito la disponibilità a trattare pur all’interno dell’accordo del 2002. Sempre di ieri è inoltre la notizia dell’arresto di più di 500 terroristi legati ad al Qaida solo quest’anno in Arabia Saudita. Molti analisti sono proiettati al dopo Olmert. I candidati sono Tzipi Livni, Shaul Mofaz, Avi Dichter e Meir Sheetrit. Favorito Mofaz, ministro dei Trasporti, il solo che, stando ai sondaggi, riuscirebbe a battere il Likud di Netanyahu alle urne. Il ministro degli Esteri Livni, che poco piace all’establishment del partito, potrebbe portare Kadima alla sconfitta. Le primarie potrebbero diventare un gioco tra i due ministri. A meno che Olmert non abbia in serbo un altro miracolo.

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