Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Raccolti alla Conferenza di Berlino 242 milioni per l'Autorità palestinese saranno davvero spesi per la sicurezza ?
Testata: Corriere della Sera Data: 25 giugno 2008 Pagina: 0 Autore: Danilo Taino - Davide Frattini Titolo: «Successo a Berlino per la conferenza sulla Palestina - Soldato israeliano si spara Paura per Olmert e Sarko»
Dal CORRIERE della SERA del 25 giugno 2008, un articolo di Danilo Taino sulla conferenza di Berlino sui finanziamenti all'Autorità palestinese. Che non devono assolutamente finire, come accadeva ai tempi di Arafat, negli ingranaggi della corruzione e del terrorismo. Occorrono per evitarlo chiari meccanismi di controllo. Molto importante la dichiarazione del ministro degli Esteri d'Israele: "la sicurezza è una precondizione per raggiungere l'obiettivo dello Stato palestinese. Non basta tracciarne i confini: nel momento in cui consegniamo le chiavi, dobbiamo sapere che non sarà uno Stato fallito, uno Stato terrorista, ma un partner".
Ecco il testo completo dell'articolo:
BERLINO — Denaro per la Palestina «buona», preoccupazioni per il cessate il fuoco tra Israele e Hamas. La conferenza internazionale che si è tenuta ieri a Berlino è stata giudicata un successo, se si guarda agli impegni finanziari che più di 40 Paesi hanno promesso di versare in fretta all'Autorità nazionale palestinese, ma è stata in parte offuscata dalle granate che Hamas ha lanciato contro il territorio israeliano. Tanto che il primo ministro palestinese Salam Fayad ha dovuto invitare le parti a essere «calme e comprensive» per non peggiorare la situazione. La Germania, che ha organizzato la riunione dei donatori, puntava a raccogliere impegni per 184 milioni di dollari da destinare alla sicurezza in Palestina, cioè alle forze di polizia, al rafforzamento dell'apparato giudiziario, alle carceri. Ne ha raccolti per 242 milioni. Dimostrazione che la comunità internazionale ritiene essenziale, nel processo di negoziati tra Israele e palestinesi, la questione sicurezza in Cisgiordania e nella striscia di Gaza oggi e nel futuro Stato palestinese se mai ci sarà. La questione è stata posta in termini netti dalla ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni. «Voglio essere chiara — ha detto —. La sicurezza è una precondizione per raggiungere l'obiettivo dello Stato palestinese. Non basta tracciarne i confini: nel momento in cui consegniamo le chiavi, dobbiamo sapere che non sarà uno Stato fallito, uno Stato terrorista, ma un partner». Denaro per la sicurezza importantissimo, dunque. Anche se non tutti, ieri, sono stati dell'opinione che basti. Il segretario della Lega araba Amr Moussa, per esempio, ha sostenuto che, in parallelo, servono aperture politiche, in particolare verso Hamas: finché resta l'occupazione militare israeliana — ha detto — ci sarà sempre qualcuno che attenta alla sicurezza. Affermazioni che hanno spinto la segretario di Stato americana Condoleezza Rice a rompere il protocollo: aveva già fatto la sua dichiarazione ufficiale ma ha chiesto di parlare ancora per rispondere a Moussa, per ribadire che non si può trattare con chi nega il diritto di Israele di esistere. Posizione già affermata in precedenza dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. Secondo Tony Blair — inviato internazionale per il Medio Oriente a nome del Quartetto (Onu, Usa, Russia, Ue) che cerca di mediare la situazione — il denaro raccolto ieri è fondamentale per il governo Fayad, «competente e onesto» ma in procinto di non avere più denaro per pagare gli stipendi ai funzionari nel secondo semestre dell'anno. Ma il quadro resta complicatissimo: un passo avanti negli impegni finanziari, uno indietro nel cessate il fuoco. L'Italia, rappresentata ieri dal sottosegretario Stefania Craxi, si è impegnata a sostenere la Palestina per una decina di milioni, 8,5 dei quali già promessi dal governo Prodi. In più, manderà sei grandi veicoli, 5 automobili, 20 moto e 20 scooter per la polizia stradale. «Non moltissimo», ha ammesso la signora Craxi: ma è convinta che in futuro Roma farà di più.
Sulla vicenda del soldato israeliano suicida durante la partenza da Israele del presidente francese Sarkozy, riportiamo la cronaca di Davide Frattini:
GERUSALEMME — Il colpo è stato coperto dalla fanfara. L'allarme è arrivato alle guardie del corpo solo attraverso gli auricolari. Nicolas Sarkozy e Carla Bruni sono stati circondati, spinti su per la scaletta dell'aereo presidenziale. Ehud Olmert e Shimon Peres caricati sulle auto blindate. Minuti di paura e incertezza, fino a quando la polizia e i servizi segreti sono riusciti a capire che non si trattava di un attacco terroristico. A trecento metri di distanza un soldato della guardia di frontiera, il Magav, si è sparato, mentre sul tappeto rosso sfilava il capo di Stato francese per i saluti dopo la visita di tre giorni in Israele. Il militare era di pattuglia lungo il perimetro di sicurezza, attorno alla pista di atterraggio. «Escludiamo che sia stato un tentativo di attentato », commenta Micky Rosenfeld, portavoce della polizia. Carla Bruni è entrata nell'aereo per prima, il marito ha cercato di girarsi per un'ultima stretta di mano. Solo quando lo Shin Bet israeliano ha dato il via libera, il primo ministro e Peres sono saliti sul jet per un addio meno concitato. Domenica, alla cerimonia per l'arrivo, c'è stato un altro incidente (solo diplomatico- sentimentale). Peres ha accolto «Madame Carla Bruni» e quando la coppia ha firmato il libro degli ospiti alla residenza presidenziale, il leader francese gli ha fatto notare: «Shimon, hai visto che Carla firma con un nuovo cognome?». Anche Jacques Chirac, in una visita del 1996, si era ritrovato stretto tra le guardie del corpo israeliane, una protezione considerata troppo ravvicinata dal presidente francese che aveva protestato con i suoi angeli custodi («il vostro comportamento è una provocazione »), durante una passeggiata nella Città Vecchia di Gerusalemme. Benyamin Netanyahu, allora premier israeliano, si era scusato con l'«amico » per il controllo troppo zelante. La parola «amico», con toni più sinceri, è quella che hanno ripetuto i politici israeliani a Sarkozy. Il discorso alla Knesset, il primo di un capo di Stato francese da quello di François Mitterrand nel 1982, è stato elogiato dal Jerusalem Post: «Da Parigi con amore». Le parole di «un alleato», hanno commentato altri giornali. Il presidente ha definito «inaccettabile » un Iran nucleare. Allo stesso tempo, ha chiesto al governo israeliano di fermare le costruzioni di nuovi insediamenti e ha invocato il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele e di un futuro Stato palestinese. Netanyahu non ha criticato l'appello alla divisione della città. Sarkozy ha incontrato anche Abu Mazen. A Betlemme, il suo convoglio è passato vicino alla barriera che circonda la Cisgiordania. «Ai miei amici israeliani voglio dire: credete che un muro garantirà la vostra sicurezza per sempre? Non potete pensarlo. Quello che garantirà la sicurezza e la longevità di Israele è un Stato palestinese moderno e democratico ». Il presidente ha appoggiato il leader palestinese e ha attaccato Hamas: «La Francia parla con gli uomini di pace, non con quelli che piazzano le bombe». Caos alla cerimonia Da sinistra: Sarkozy e Carla salutano il premier israeliano Olmert e il presidente Peres; le guardie del corpo circondano Olmert; i Sarkozy vengono scortati in fretta in aereo
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