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Il treno dell’ultima notte Dacia Maraini
Rizzoli 21,00
“Il futuro si apre davanti a lei come un fiore precoce che ha sentito il primo raggio di sole, ma potrebbe rimanere congelato sul ramo. Perché la primavera non è ancora arrivata e quel raggio di sole l’ha ingannata”.
Con queste parole pervase da una tenue speranza si chiude l’ultimo romanzo di Dacia Maraini, “Il treno dell’ultima notte, con il quale la scrittrice toccando i nodi centrali di una società che ha sperimentato l’orrore del nazismo e l’abisso del comunismo getta uno sguardo attento sul secolo appena trascorso.
Il 1956 è l’anno che ricorda i cingoli dei carri armati russi che, entrando nelle strade di Budapest, mandano in frantumi un’utopia con una feroce repressione che spezza definitivamente i sogni di libertà del popolo magiaro.
Ed è anche l’anno nel quale Amara Sironi, la protagonista, intraprende un viaggio in qualità di giornalista per inviare reportage sulla vita dei paesi dell’Est: una decisione che nasconde anche una motivazione personale.
Amara (“una ragazza ingenua e sprovveduta che crede di poter fermare il tempo”) vuol cercare di scoprire che fine abbia fatto il suo amico Emanuele Orenstein, figlio di un ricco industriale che possedeva una fabbrica di giocattoli a Rifredi, vicino a Firenze dove il padre della giornalista, Amintore Sironi, faceva il ciabattino.
Emanuele è un bambino vivace e pieno di vita, un po’ spericolato e per questo sempre con le ginocchia “scortecciate”. Si arrampica sui ciliegi e insieme alla sua amica Amara scorrazzano in bicicletta lungo le strade sterrate di Rifredi. Fra i due nasce una tenera amicizia (“Siamo amici” ? chiede Emanuele, “Amici per la vita e per la morte” risponde la piccola Amara) che poi evolve in un amore innocente.
Per decisione della madre, Thelma Fink, affascinante attrice e “proprietaria di case nella grande città di Vienna”, la famiglia Orenstein ritorna in quel paese che già da qualche tempo sta vessando e uccidendo i suoi cittadini ebrei.
Fra i due ragazzini inizia una fitta corrispondenza fatta di missive struggenti e accorate che diventano tragiche e drammatiche quando Emanuele viene deportato insieme alla famiglia nel ghetto di Lodz. Dopo un’ultima lettera del maggio 1943 (che il ragazzo scrive su un quadernetto recapitato dopo la guerra ad Amara non si sa da chi) il giovane Orenstein scompare.
Con quelle lettere che la legano al ricordo di Emanuele e che porta sempre con sé, la giovane giornalista si mette in viaggio sulle sue tracce mentre scrive articoli per il suo giornale sui paesi oltre cortina.
Un viaggio, quello di Amara, che fin dall’inizio si annuncia come un percorso che dall’ignoto conduce alla conoscenza e dall’innocenza alla tragica consapevolezza di una realtà inimmaginabile. Un viaggio ricco di scoperte e incontri interessanti come quello con Hans Wilkowsky, la cui madre è stata uccisa a Treblinka e che decide di affiancare Amara nella sua ricerca di Emanuele facendole da interprete, o con Horvath un soldato ungherese che ha conosciuto l’orrore della guerra per poi divenire bibliotecario e che alla fine li accompagnerà nel loro viaggio.
Dopo aver visitato ciò che resta del girone infernale di Auschwitz-Birkenau nel quale scorre i nomi di coloro che sono stati sterminati, senza trovare quello di Emanuele, Amara percorre le strade di Vienna alla ricerca di qualcuno che abbia conosciuto gli Orenstein.
In tal modo entra in contatto con il pittore Theodor Orenstein che riversa sulle tele l’orrore che la Shoah ha lasciato nella sua vita, mentre la visita ad una ricca famiglia tedesca che ora abita nella casa sequestrata agli Orenstein porterà Hans, nell’accomiatarsi dall’algido console Schumacher, ad affermare che quell’incontro era servito solo a “capire cosa è stato il nazismo in questo paese e come ha saputo corrompere anche le persone oneste, trasformandole in cieche e sorde”.
Infine Amara giunge a Budapest dove è testimone della rivolta degli ungheresi, delle sofferenze, della fame di un popolo che anela soltanto alla libertà, una libertà che i carri armati sovietici soffocheranno nel sangue.
La ricerca di Amara non è ancora terminata, finora nessuno le ha dato qualche spiraglio per sapere cosa è accaduto a Emanuele. Allora la giovane donna insieme a Hans e Horvath decide di tornare a Vienna e lì proprio nella città dove gli Orenstein erano tornati per una folle scelta “patriottica”, scopre una verità drammatica e sconvolgente che distruggerà i suoi sogni lasciandola ferita e priva di difese.
Una verità che, anche nel rispetto del lettore, ha diritto alla sua quota di segreto.
Capace di tratteggiare personaggi femminili indimenticabili, Dacia Maraini ci regala un romanzo che solcando i momenti più salienti della storia del Novecento mette a nudo un mondo fatto di malvagità ma anche di episodi di solidarietà e ricchezza umana.
Con una prosa armoniosa ed uno stile lineare, esplicito, a volte crudo che vibra per la tensione e il senso incombente di tragedia, l’autrice delinea uno straordinario spaccato della Storia contemporanea.
Un invito a leggere questo libro perché “Ogni generazione tende a dimenticare le cose successe nella precedente….e invece senza la coscienza del passato, non si ha neanche consapevolezza del presente. Agiscono bene i paesi che hanno una forte consapevolezza del passato e usano questa consapevolezza come un deterrente per il futuro” (D.M.)
Giorgia Greco
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