Il disprezzo per l'islam è un errore, la guerra contro Saddam la mossa giusta una polemica con Ian McEwan
Testata: Il Foglio Data: 23 giugno 2008 Pagina: 1 Autore: Giuliano Ferrara Titolo: «Col fighettume liberal non si tiene in pugno il mondo»
Dal FOGLIO del 23 giugno 2008:
Questo McEwan mi pare a occhio e croce uno scrittore di buona tempra (confesso di aver letto solo metà di Chesil Beach, credo il suo ultimo racconto, ma con qualche piacere). McEwan conosce la lezione di Jane Austen, il che non è poco, ma è un intellettuale europeo tipico, privo del tutto di rigore storico e politico, incapace di leggere il suo mondo (e nostro). A Guido Santevecchi del Corriere ha confidato il suo pensiero sull’islam, sull’islam in quanto tale, non sulla sua variante radicale, fondamentalista. Lui disprezza quel modello di religione politica, che esige sottomissione dalle donne e si comporta in modo intollerante verso gli omosessuali. Non per questo si considera razzista, e non accetta che questa accusa venga rivolta al suo amico Martin Amis. Lui non ritiene tollerabile alcun ruolo pubblico della religione, che gli appare come una favola per idioti, un racconto sovrannaturale negatore dell’unico idolo ammissibile nel foro, una nozione piena e laica di umanità (anche Nietzsche pensava che la umile religione cristiana avesse avvilito l’umanità nella storia, e da questa convinzione tirò fuori una superumanità molto pericolosa, molto lontana dal mondo di Jane Austen). L’intellettuale europeo, più o meno scettico, più o meno pacifista, più o meno smagato, è contro Bush, contro la guerra in Iraq nonostante i suoi ormai evidenti effetti di stabilizzazione e controffensiva strategica, insomma non vuole combattere la buona battaglia e il vero nemico terrorista e radicale islamico, vuole corteggiare l’Iran e votare Obama a quattro mani, ma si autorizza a disprezzare il Corano, la profezia di Maometto, la cultura tormentata dell’islam con il suo tentativo bloccato dogmaticamente di intercettare la modernità nel secolo dei falasifa aristotelici. Disprezzare è la parola, non criticare, non considerare e vagliare con rigore storico, no, disprezzare. Perfino Oriana Fallaci, che si faceva perdonare i suoi errori perché li accoppiava a focose, smisurate, generose passioni, cadde in quest’equivoco di credere che la guerra in Iraq contro Saddam fosse sbagliata, e che il centro della guerra di civiltà dovesse essere il rigetto culturale, storico, ideologico dell’intera tradizione islamica. Sono sempre più convinto che lo spartiacque di questi anni è proprio l’Iraq, con tutto il giudizio sull’amministrazione Bush. Saranno stati rozzi, e non lo concedo; avranno sbagliato la tattica di controguerriglia e le analisi previsionali, e questo solo in parte lo si può anche concedere; ma la verità è che hanno tenuto in pugno il mondo in un momento di grande pericolo e hanno posto con due guerre sacrosante la questione politica serissima dell’identità dell’occidente. Si può far finta di niente, inarcare il sopracciglio o alzare le spalle, ma se abbiamo contenuto la minaccia terrorista dopo l’11 settembre, se abbiamo elevato un limes a difesa della nostra libertà e del nostro modo di vita, non è per le chiacchiere antislamiche della borghesia intellettuale liberal, ma per l’eroismo politico e strategico dei conservatori americani, di quella classe dirigente che ha chiesto e ottenuto il consenso per la guerra al nemico, senza nemmeno pensare un momento alla possibilità di disprezzarlo come fa il fighettume letterario di alta gamma.
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