sabato 21 settembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
20.06.2008 Gheddafi come un personaggio di Salgari: così lo vede Igor Man
dimenticati gli aerei civili abbattutti

Testata: La Stampa
Data: 20 giugno 2008
Pagina: 30
Autore: Igor Man
Titolo: «La mamma (beduina) di Gheddafi»

"Il Colonnello ebbe un gesto aristocratico, la mano levata quasi a cogliere una delle infinite stelle che saccheggiano il cielo sirtico", con questa ispirata prosa, che non risparmia al lettore i detti della mamma beduina, Igor Man descrive Gheddafi sulla STAMPA del 20 giugno 2008.

Un tiranno e uno sponsor del terrorismo trasformato in personaggio salgariano.

Ecco il testo completo:


A Taurgia, nel cuore del deserto severo chiamato Sirte, il Vecchio Cronista lungamente parlò con Gheddafi, or è dieci anni. L’ho incontrato otto volte, almeno, ma quella sera ascoltai al-Qaid, la Guida della Jamahiria libica, parlare del futuro del mondo, un futuro, disse, «strettamente legato al divenire dell’Africa». In quel tempo le barche scassate colme di disgraziati guardavano all’Italia come alla Terra Promessa, dieci anni fa all’incirca, le carrette del mare non avevano conquistato le prime pagine dei giornali. Ma il Colonnello dalle sette vite e dalle settecento uniformi vedeva lontano e chiaro: quando gli dissi che Boumédienne in una intervista alla Stampa aveva ammonito «i vicini occidentali» a pianificare l’immigrazione degli africani poveri, pena il disordine («vi invaderanno e sarà il caos»), il Colonnello affermò che la Jamahiria libica avrebbe vegliato sul futuro dei «fratelli africani», vittime della corruzione di leader complici delle multinazionali, affinché stroncassero ogni rigurgito postcolonialista.
La Libia è un gigante economico, tuttavia rimane un nano politico; di più: il «moralismo coranico» del Colonnello irrita paesi islamici come l’Arabia Saudita e la stessa Nigeria, i mullah iraniani in uno coi generaloni del Sudan. Troppe delusioni hanno costretto Gheddafi a ripiegare sul suo piccolo paese esageratamente ricco che del colonialismo fascista ha conservato assai scarsa voglia di lavorare. E accade che, per esorcizzare la noia che spesso lo possiede, il Colonnello si inventi questo o quel «giocattolo». Dieci anni fa, a Taurgia, fra un bicchiere e l’altro di latte di cammella appena munto (è ottimo) il Colonnello mi raccontò che sua madre per farlo star buono, quand’era piccino, gli diceva: «Guarda che ti getto in mare». I beduini, spiegò Gheddafi, diffidano del mare, il mare è traditore: «Ruba chi ruba nella tenda e chi viene dal mare». E qui il Colonnello ebbe un gesto aristocratico, la mano levata quasi a cogliere una delle infinite stelle che saccheggiano il cielo sirtico.
Verosimilmente il Colonnello ha individuato nella crisi dei barconi della morte un «giocattolo» scaccianoia. È accaduto che negli ultimi dieci anni la migrazione clandestina sia diventata incessante e invero pericolosa per un paese minuscolo qual è la ricchissima Libia. Il Colonnello patisce l’immigrazione clandestina sempre più difficile da arginare: da qui il tentativo di coinvolgere l’Italia, facile bersaglio emotivo. Affamato com’è di manodopera, Gheddafi lascia che egiziani, sudanesi eccetera varchino in massa la porosa frontiera desertica della Jamahiria, epperò non riesce a smaltire il surplus della migrazione africana in Libia. E allora ecco bell’e pronta la valvola di sfogo: l’Italia. Che dovrebbe pagare il pegno colonialista grazie a una recente intesa (?) fra Roma e Tripoli sfumata causa elezioni anticipate. Fra qualche settimana il nostro premier dovrebbe recarsi a Tripoli per riaprire «la trattativa».
Negli ultimi dieci anni i barconi assassini han fatto esattamente 12.180 morti. Annegati. Sono un terribile peso sulla nostra coscienza di paese democratico e per di più cattolico, ma quelle povere anime non possono diventar strumento di ricatto. Non è soltanto l’Italia in difficoltà di fronte alla migrazione interafricana. Ne prenda atto chi di dovere. Un conto è il rubinetto che regola con reciproca soddisfazione il flusso energetico, altro conto è il rubinetto dei migratori clandestini. Chiunque lo manovri si ricordi della mamma (beduina) di Gheddafi.

Per inviare una e-mail alla redazione della Stampa cliccare sul link sottostante


lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT