Il mercante di Venezia Riccardo Calimani
Mondadori Euro 18,50
A Venezia è stato inventato il ghetto. Nel 1956 la Serenissima decide di rinchiudere i propri ebrei – nel vero senso della parola, con muri e cancelli – in un quartiere che appena lambisce la città e dove forse un tempo c’era una fonderia, un “geto”. Da allora, il ghetto di Venezia ha quello strano privilegio che tocca ai luoghi tanto reali quanto simbolici. Cinquecento anni di storia, anno più anno meno, sono ormai passati fra quelle calli e lo spazio inaspettatamente ampio del campo del ghetto nuovo (la piazza più grande di tutta la città lagunare, naturalmente dopo San Marco), e non si può dire che le case e le voci e la vita non siano cambiate, in quello spazio di città. Però il ghetto resta sempre quello, come l’acqua che passa lenta per i canali. E da allora, questo luogo è diventato il simbolo, il modello d’ogni reclusione – più o meno incivile.
All’epoca in cui gli ebrei di Venezia dovettero concentrarsi da quelle parti, erano una comunità vivace e multiforme che veniva più o meno dai quattro angoli del mondo: dalla Spagna così come dalla Germania, dalla Turchia ma anche dalle terre ben più limitrofe dell’Italia vaticana. Erano una comunità demograficamente e culturalmente molto vivace, non sempre ligia ai precetti religiosi ma in compenso aperta, con intuito e fantasia, alle novità e alle sollecitazioni che giungevano dal mondo esterno.
E se l’evento traumatico che l’invenzione del ghetto rappresenta ha, da allora in poi, allertato studiosi e narratori, il periodo precedente, quello che segna la vigilia della reclusione, è decisamente meno esplorato. Più oscuro per molti versi, ma non certo meno complesso, meno carico di feconde contraddizioni.
Ci pensa ora Riccardo Caimani che, dopo anni di esplorazione “critica”, cioè storiografica in senso lato, della vicenda ebraica entro i confini della Serenissima, ha ora deciso di lanciarsi nel mondo della fiction, dedicandole un corposo romanzo. “Il mercante di Venezia” non è infatti l’ennesima biografia del mai abbastanza compreso Shylock. E’ invece la storia di Moses Conegliano che arriva a Venezia in un giorno di nebbia insidiosa del 1508. Ha una famiglia “allargata”, una moglie che è ormai soltanto un ricordo e un’altra che lo accompagnerà nella nuova vita veneziana. Attraverso questa figura, Caimani conduce il lettore dritto dentro la Venezia di quegli anni, a un tempo illuminati e oscuri. Densi di una cultura nuova e di vecchie paure. E’ una città nervosa ma anche dolcissima, quella in cui Moses Conegliano si racconta. Un poco specchio di questo personaggio, saggio e paziente eppure inquieto a modo suo.
Calimani descrive con puntualità gli scontri religiosi, i disordini, ma anche i contatti fra mondo ebraico e ambiente circostante, che vanno ben al di là di un’astratta e occasionale affinità culturale. Il mercante di Venezia è un romanzo fitto di eventi e colpi di scena. Ma è soprattutto un affresco della città, delle sue contraddizioni e delle sue ansie, alla vigilia di quella lunga stagione del ghetto che ancora sta davanti ai nostri occhi.
Elena Loewenthal
Tuttolibri – La Stampa