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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Il club degli odiatori di Israele fallisce il boicottaggio 17/06/2008
C’è un club, diffuso in tutto il mondo, al quale non costa nulla iscriversi. Al contrario, senza tirare fuori un soldo, se ne possono ottenere ottimi vantaggi. Ne fanno parte professori universitari, scrittori, giornalisti, premi Nobel, non importa la categoria alla quale si appartiene, tutti sono benvenuti. E’ il club degli < odiatori di Israele >, non ha confini nè pregiudizi sulla natura dei suoi iscritti, è sufficiente che odino lo Stato ebraico, il resto non conta, possono persino essere ebrei. Anzi, in quest’ultimo caso, sono doppiamente benvenuti, vengono esibiti quasi fossero una decorazione al merito. Se poi sono israeliani, allora è l’apoteosi. Scatta il circo mediatico internazionale e partono gli inviti, poter esibire un israeliano in un convegno-processo contro Israele suscita il fremito più alto fra gli iscritti al club. E’ davvero un peccato che il  numero degli iscritti israeliani sia terribilmente basso, per cui sono poche le richieste che vengono soddisfatte. Alla loro assenza provvedono però gli infaticabili odiatori locali, i quali, resi ancor più entusiasti dai finanziamenti che ottengono con estrema facilità da banche e istituzioni varie, disseminano lungo l’intero territorio nazionale una miriade di convegni nei quali espongono al pubblico giudizio i < misfatti dello Stato sionista >. Incontri quasi sempre di pura propaganda, nascosta dietro altre etichette,  come quelli organizzati in occasione del boicottaggio della Fiera del Libro di Torino, nei quali qualcosa però si è inceppato nel meccanismo di solito ben oliato e garantito dai  nomi dell’accademia nazionale. Sarà stata quella parola, boicottaggio, saranno state le dichiarazioni fuori di testa di politici o in cerca di visibilità, ma per una volta il club ha dovuto redigere un bollettino di sconfitta. Quel corteo, che nelle intenzioni degli odiatori avrebbe dovuto richiamare le masse, ha visto la partecipazione di sole 1.500 persone,  che, per di più, hanno dovuto subire l’onta dell’assenza dei leader, , hanno dichiarato < per precedenti impegni >. Dovevano partire per Torino treni speciali, pulmann gremiti anche da centri minori, erano annunciati arrivi anche dall’estero, e invece... niente. Il numero delle bandiere bianche e azzurre con la stella di Davide vendute allo stand di Israele sono state il triplo dei manifestanti. I poveri allievi, traditi dai loro cattivi maestri, non hanno potuto far altro che prenderne atto. Eppure le premesse c’erano tutte, tante da preoccupare questure e prefetture. Ma di fronte ad alcune prese di posizione coraggiose, c’è stato il silenzio degli editori italiani, che non hanno sentito il dovere morale di difendere gli autori israeliani presenti nei loro cataloghi, indifferenti agli insulti che questi ricevevano dagli odiatori, che si erano inventati una inesistente che sarebbero stati costretti a sottoscrivere dal governo israeliano per poter venire alla Fiera del Libro. Accusa ridicola, per chiunque abbia mai letto anche un solo libro di qualche autore israeliano. Non si è levata nessuna voce in loro difesa, un segnale preoccupante, che rivela quanto il timore di possibili contestazioni abbia paralizzato chi invece avrebbe dovuto sentire come propria la battaglia in difesa della libertà di cultura. Hanno reagito con più coraggio e senso di responsabilità i duecentomila e più vistatori della Fiera, che non si sono fatti intimorire dal boicottaggio e dalle minacce violente degli odiatori. Hanno dimostrato la loro solidarietà, rendendo lo stand d’Israele il più frequentato di tutti, letteralemnte preso d’assalto dall’apertura alle 10 del mattino fino a tarda sera, per tutti  i cinque giorni. Non sarà facile dimenticare con quale affetto veniva guardata l’enorme bandiera d’Israele ( 8 metri x 7) che sovrastava lo stand, visibile ovunque. Un plauso va al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha voluto, per la prima volta nella storia della Fiera, essere presente all’inaugurazione, dichiarando, senza alcuna ambiguità, che era lì per esprimere la sua solidarietà al paese ospite, un esempio di altissimo valore morale per la carica che ricopre. Ci saranno defezioni nel club, dopo la sconfitta torinese ? Me lo auguro, ma l’esperienza  insegna a dubitarne. L’odio antico si riproduce senza bisogno di inseminazione, i cattivi maestri produrranno cattivi allievi, che diventeranno a loro volta cattivi maestri. Per vincere la guerra non basta vincere una battaglia.

 Quasi negli stessi giorni, non a Torino ma a Gerusalemme, un altro presidente, quello americano, salutava i sessant’anni dello Stato ebraico con un discorso alla Knesset. George W. Bush si è rivolto a Israele con parole che rimarranno nella storia delle relazioni fra i due paesi. Se fossi un insegnante lo leggerei a miei studenti, lo discuterei con loro. Capirebbero quanto le parole della politica possono anche essere nobili. E oneste.


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