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La Stampa Rassegna Stampa
16.06.2000 Le sfide di Bush: trovare Osama Bin Laden, convincere Gordon Brown a non abbandonare l'Iraq
cronache di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 16 giugno 2000
Pagina: 0
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Voglio Osama prima di andare in pensione - L’ospite bacchetta Brown “Non ritiratevi dall’Iraq”»

Da La STAMPA del 16 giugno 2008,  un articolo sulla caccia a Osama Bin Laden:

George W. Bush vuole mettere le mani su Osama bin Laden prima di lasciare la Casa Bianca e segue da vicino la caccia all’uomo dell’intelligence, ricevendo dettagliati aggiornamenti ogni giovedì mattina nello Studio Ovale dal capo della Cia Mike Hayden. Alla fine della presidenza mancano poco più di sei mesi e Bush nelle tappe dell’ultimo viaggio europeo ha parlato spesso della pensione in arrivo, sempre facendo ricorso all’humour. Nel castello di Brdo ha detto che progetta viaggi da turista «nell’angolo di paradiso sloveno», a Villa Madama ha discusso con Silvio Berlusconi l’ipotesi di recarsi in Italia per cicli di conferenze sulla democrazia nella nascitura «Università del pensiero liberale» e nel Salone delle Feste dell’Eliseo ha scherzato sul fatto che gli eccessivi plausi ricevuti da Nicolas Sarzoky «assomigliano al mio necrologio». Sarcasmo e autoironia hanno tradito il nervosismo di un presidente arrivato al termine del secondo mandato con la preoccupazione di sapere come sarà ricordato dai posteri: se per essere riuscito a rendere l’America più sicura dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 oppure per aver invaso l’Iraq nel 2003 con la motivazione delle armi di distruzione di massa rivelatasi poi infondata.
Il «Times» di Londra aggiunge ora un tassello allo stato d’animo di George W. Bush svelando che dietro l’humour ci sarebbe la tensione di chi vuole mettere ad ogni costo le mani su Osama bin Laden prima di andare in pensione, al fine di entrare negli annali come il Presidente che ha messo ko l’ideatore del blitz dell’11 settembre in cui morirono quasi tremila persone. A confermare la determinazione del Presidente a voler chiudere il match con Obama entro il 20 gennaio 2009 - quando si insedierà il successore alla Casa Bianca - sarebbe l’accordo siglato Washington e Londra per impiegare le migliori unità speciali anti-terrorismo in una caccia all’uomo congiunta che si svolge nelle aree tribali del Pakistan dove si presume si trovino tanto il leader di Al Qaeda che il vice egiziano, l’ideologo della Jihad islamica Ayman al-Zawahiri.
A guidare le operazioni sarebbero i reparti della Delta Force americana e i Royal Marines britannici del «Special Boat Service», affiancati dal «Special Reconnaissance Regiment» ovvero i «commandos globali» di Sua Maestà, appositamente creati nel 2005 nell’accademia di Sandhurst per dare la caccia ad Al Qaeda e di base nell’impenetrabile quartier generale delle forze speciali Hereford. La ricostruzione del «Times», che cita concordanti fonti di intelligence dei due Paesi, è minuziosa: il governo Islamabad ha dato luce verde alle operazioni sul territorio nazionale ponendo fine al divieto tanto a lungo difeso; agenti speciali britannici e americani perlustrano senza sosta le zone dove si annidano miliziani e fiancheggiatori di Al Qaeda; lo schema operativo prevede incursori e vedette sul territorio che appena individuano possibili obiettivi chiamano in azione i droni Predator e Reaper per lanciare missili Hellfire in grado di colpire l’obiettivo da molte miglia di distanza con un margine di errore inferiore a trenta metri. A manovrare i droni sono i piloti dell’Us Air Force da basi militari sulla Costa Occidentale degli Stati Uniti mentre sul territorio pakistano i più abili sono i Royal Marines, che hanno alle spalle quella conoscenza dell’impervio territorio ex coloniale che manca agli americani.
Lo scenario della serrata caccia al leader di Al Qaeda è assai ampio: il Waziristan del Nord, l’area tribale di Bajaur nel Nord-Ovest del Pakistan e popolose città come Quetta sono oggetto di «missioni di riconoscimento» di numero e intensità tali da far ricordare quanto avvenne contro le guerriglie filo-vietcong in Laos e Cambogia ai tempi della guerra in Vietnam. Finora i risultati sono stati assai scarsi: se è vero che negli ultimi mesi i droni del Pentagono hanno più volte lanciato missili in Pakistan, gli errori hanno superato i successi come dimostra quanto avvenuto la scorsa settimana vicino a Peshawar quando un missile Hellfire lanciato contro un presunto gruppo di miliziani di Al Qaeda ha ucciso undici soldati pakistani causando le dure proteste di Islamabad. A ciò bisogna aggiungere le recenti indiscrezioni sulla fuga di Bin Laden, avvenuta forse per tempo sulle pendici del K2 al fine di evadere il prevedibile ultimo tentativo di Bush di consegnare alla giustizia «vivo o morto» il terrorista sul cui capo pende una taglia da 25 milioni di dollari.
A confermare che George W. sta mettendo sotto pressione l’intelligence per chiudere la pratica-Osama è stato Stephen Hadley, consigliere per la sicurezza nazionale, parlando sull’Air Force One in volo da Parigi a Londra. «Il direttore della Cia Mike Hayden viene nello Studio Ovale ogni giovedì mattina per aggiornare il Presidente sulle operazioni che si stanno svolgendo nell’ambito del tentativo iniziato dopo l’11 settembre per prendere Bin Laden - ha detto Hadley - e in ogni singola occasione chiede notizie su Osama e Al Zawahiri». E poiché giovedì scorso Bush era a Roma deve aver ricevuto il briefing di Hyden a Villa Taverna, forse con un collegamento tv protetto dagli Usa.

Un altra cornaca di Molinari, sulle divergenge tra Bush e Brown sull'Iraq:

«Niente scadenze definitive per il ritiro dall’Iraq». George W. Bush arriva a Downing Street facendosi portatore di un esplicito monito nei confronti del premier britannico Gordon Brown, che sarebbe in procinto di annunciare la fine della missione delle truppe che furono inviate dal predecessore Tony Blair nel 2003.
Le indiscrezioni sulle presunte intenzioni di Brown rimbalzano da giorni fra Londra e Washington, c’è chi le attribuisce al desiderio del premier di rimediare al brusco calo di popolarità registrato negli ultimi mesi e chi le spiega con le crescenti tensioni inter-sciite che fanno temere una mini guerra civile nel Sud, dove si trovano i rimanenti reparti britannici. Quale che sia la ragione, George W. Bush ha affidato a un’intervista al quotidiano «The Observer» la propria opinione in proposito: «Credo che Gordon Brown, proprio come me, ascolterà i comandi delle truppe sul campo per assicurarsi che i sacrifici compiuti finora non vengano vanificati da riduzioni che potrebbero non essere opportune in questo momento. Ne parleremo assieme». Se Londra pensa di ritirare gli ultimi 4.200 soldati dall’Iraq la Casa Bianca non si oppone in linea di principio, ciò che Bush sottolinea è l’opposizione a un «calendario definitivo». «Il desiderio di ridurre la presenza è legittimo, anche noi lo abbiamo, ma deve essere basato sul successo», precisa Bush, facendo capire di essere stato informato da Londra che le truppe scenderanno da 4200 a 3500 uomini, secondo i piani concordati fra i comandi.
Le parole del capo della Casa Bianca hanno creato frizioni con Downing Street subito dopo l’atterraggio dell’Air Force One a Londra. Entrambi i portavoce hanno reagito gettando acqua sul fuoco nel pomeriggio mentre il presidente era con la moglie Laura nel castello di Windsor per un tè offerto della Regina Elisabetta e il principe Filippo. «Nessuno ha intenzione di stabilire calendari arbitrari per il ritiro», ha precisato l’ufficio di Brown. «Non stiamo dicendo nulla di diverso da quanto detto in passato», ha sottolineato il consigliere per la sicurezza nazionale, Stephen Hadley.
Bush e Brown hanno affrontato la questione durante la cena di lavoro a Downing Street e vi torneranno nei colloqui di questa mattina, tentando di concordare un linguaggio comune prima della conclusione della visita. Ma a conferma delle tensioni ci sono le fibrillazioni britanniche per il rischio che la tappa londinese diventi la più delicata dell’ultimo tour europeo di Bush. È Hadley che le ravviva quando dice: «Bush non è venuto solo in Gran Bretagna ma, sorpresa sorpresa, anche in Francia, Germania e Italia, e parla con Merkel, Berlusconi, Sarkozy e Brown». Insomma, l’Europa è cambiata, i leader interlocutori di Bush sono diventati numerosi e il legame privilegiato con Londra potrebbe scoprire di avere dei concorrenti se Brown farà una fuga in avanti sul ritiro dall’Iraq.
Il monito americano a Downing Street si spiega anche con quanto sta avvenendo a Baghdad, dove tarda ancora l’accordo con il governo Al Maliki sullo status delle basi americane che resteranno dopo il ritiro del grosso delle truppe.
Le frizioni fra Bush e Brown sul ritiro delle truppe nulla tolgono alle forti convergenze sugli altri temi dei colloqui: le nuove sanzioni contro il nucleare iraniano, l’agenda dell’imminente summit del G8 in Giappone e la cooperazione d’intelligence nella caccia a Osama Bin Laden.

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