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Una lettera inviata a Avvenire: letto l´articolo della Vs. Uglietti riterrei opportuno andare un attimino piú a fondo, precisando in che cosa consiste questo “periodo di sospensione degli scontri” buttato in faccia ad Israele dalle organizzazioni terroristiche di stanza a Gaza e dai servizi segreti egiziani. Anzitutto non si tratta di un piano di tregua vero e proprio, nel senso che viene inteso con il termine “tahadhiya” che non ha alcun effetto vincolante per quanto riguarda il codice islamico. Sta proprio in questo significato irrilevante del termine, la chiave interpretativa della questione e si chiarisce il fatto per cui Israele stia procedendo con assoluta cautela (non titubanza). Vediamone il contenuto, precisando che questo “piano” non è stato ancora redatto in forma ufficiale (inutile in quanto non si tratta di un accordo di tregua):
a) Sospensione degli scontri. Il piano sancisce un “periodo di calma” nella Striscia di Gaza e successivamente esteso alla West-Bank. Israele dovrebbe sospendere tutte le operazioni militari, in parole povere sospendere l´attivitá di prevenzione di attacchi terroristici. In vari comunicati i rappresentanti delle varie fazioni terroristiche palestinesi -le quali hanno partecipato agli incontri tenutesi al Cairo- hanno dichiarato che “non esiteranno a rispondere duramente nel caso di un´aggressione sionista”. Obbiettivo di questo piano è ottenere un periodo di calma che consenta a alle organizzazioni terroristiche di riprendere fiato e di riorganizzarsi, sembra del tutto chiaro o sbaglio? E ad Israele viene imposto l´obbligo di collaborare. Di fatto non si capisce bene in che maniera venga concepita la progressiva estensione di questo piano di sospensione degli scontri alla West-Bank. Stando alle dichiarazioni minacciose dei capoccioni terroristi, Israele dovrebbe sospendere le attivitá di counter-terrorism di propria iniziativa sia nella Striscia che nella West-Bank. È certamente uno strano modo di presentare una iniziativa, sottilmente subdolo. Come dire “ti do l´opportunitá di ucciderti da solo e se non lo fai tu lo faccio io”. Davvero astuto come concetto, talmente fine che quasi penso che a formularlo rubando ore di sonno siano stati proprio gli egiziani (ops…)
b) Riapertura di tutti i valichi di frontiera, primo fra tutti quello di Rafah. Amministrazione assoluta dei valichi, accettando in linea di massima la supervisione da parte di ispettori dell´ Unione Europea, a patto che questi arrivino dall´ Egitto e non da Israele (andiamo insomma proprio bene…). Con ció si stabilisce che Israele non potrá effettuare nessun controllo su ció che entra nella Striscia di Gaza; insomma via libera all´importazione di tutto ció che servirá per la ripresa degli attacchi terroristici, anzi no: per l´avvio di una guerra in grande stile ed il piú cruenta possibile. Anche in questo caso Israele avrebbe l´obbligo di collaborare, poco importa se in quel di Gaza arriveranno autotreni e navi cariche di missili etc. etc. Ah, dimenticavo che agli ispettori europei non è stato specificato in che modo dovranno esercitare la supervisione; intanto che arrivino pure che poi le regole salteranno fuori da sole.
c) Piano A e B dovranno essere attuati simultaneamente. Per quanto riguarda la questione del povero caporale Shalit Hamas riversa la responsabilitá su Israele e intanto cerca di catturare altri israeliani, militari o civili poco importa. Il contrabbando e la produzione di armi non vengono nemmeno considerati da Hamas. Mahmoud al-Zahar ha a piú riprese ribadito che Hamas non è in grado di ostacolare contabbandieri e fabbricanti di armi, scagionando cosí di fatto la propria organizzazione terroristica ed a dargli man forte ci ha pensato Omar Suleiman, capo dei servizi segreti egiziani. Da non sottovalutare poi il tragico fatto che gli attacchi terroristici ai danni di Israele hanno subito una notevole impennata dal gennaio di quest´anno, sia in termini quantitativi che qualitativi (nel senso di potenza devastante e di raggio d´azione)
Questo è in sintesi il quadro della situazione. Israele dovrebbe in sostanza legittimare il diritto dei poveri palestinesi di distruggerla, o meglio: Israele dovrebbe rinunciare al proprio diritto di esistere. La cornice di questo quadro infausto è il termine coniato dagli arabi ed esclusivamente riferito al conflitto israelo-palestinese: tahadhiya. Non ha alcun valore, sono solo parole campate in aria, un assegno bancario scoperto ha piú importanza. E di questo gli arabi ne sono piú che consapevoli. Non ha nulla a che vedere con una vera e propria tregua, lo sanno Hamas & Co, Abu Mazen, gli egiziani ed il resto del mondo arabo, lo sa pure Israele e sarebbe ora che entrasse chiaramente in testa pure all´opinione pubblica occidentale. Non ha alcun senso dichiarare che “Israele agisce con strategica ambiguitá”. Se presentiamo i fatti come stanno in realtá ci rendiamo conto che ad essere perfidamente ambigua è la controparte e cioè i rappresentanti del popolo palestinese. E a suggerire il modo con cui perfezionare tale ambiguitá nient´altro che i servizi segreti di un Paese arabo che con Israele ha siglato un trattato di pace e che ne ha riconosciuto la Sovranitá 30 anni fa: l´ Egitto.
Cordiali ossequi.
lettera firmata
PS: mi sono avvalso della consultazione dell´ archivio del CSS (Centro Studi Speciali) di Tel Aviv, in particolar modo del Bollettino nr. hudna_050508e reperibile sul sito del Centro www.terrorism-info.org.il |
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