Illusioni ottiche: "ambiguità" e "rigidità" israeliane sono il prodotto della disinformazione
Testata: Avvenire Data: 12 giugno 2008 Pagina: 14 Autore: Barbara Uglietti Titolo: «Attacco a Gaza, Olmert sceglie di «non decidere»»
Israele dice no alla tregua con Hamas, pur sostenendo la mediazione egiziana. Questi i fatti secondo Barbara Uglietti, su AVVENIRE del 12 giugno 2008, la quale sostanzialmente accusa il governo Olmert di ambiguità: "Israele chiede un perfezionamento dell’accordo, pur senza spiegare su quali punti". Alla fine dell'articolo, però, le richieste israeliane sono precisate: "Israele chiede che un accordo comprenda la fine degli attacchi, la fine del contrabbando di armi, e progressi sul caso di Gilad Shalit, il giovane caporale israeliano da due anni ostaggio nella Striscia". Dall'accusa di ambiguità si passa allora a quella di "rigidità", facendo eco ad Hamas, che: "chiede la liberazione di 450 detenuti palestinesi. Ma se Israele continua a dire che i detenuti che accetta di scarcerare sono 70, quelli di Hamas ripetono che Shalit non viene rilasciato a causa delle rigidità israeliane". Particolare omesso: Israele rifiuta di liberare i detenuti con le "mani sporche di sangue", quelli che hanno ucciso e che potrebbero tornare a farlo.
Ecco il testo completo:
Olmert ha deciso di non decidere. Ieri il primo ministro israeliano ha riunito il Consiglio di Difesa per stabilire se sia meglio accettare la proposta di tregua con Hamas mediata dall’Egitto oppure lanciare una forte offensiva militare nella Striscia di Gaza, ma al termine della lunga discussione, nonostante la maggioranza dei 12 ministri propendessero per un intervento massiccio, Olmert ha preferito glissare, indicando, con una strategica dose di ambiguità, un generico sostegno agli sforzi messi in atto dal Cairo per il cessate il fuoco. Nessun sì alla tregua, dunque (il portavoce del governo, Mark Regev ha detto che Israele chiede un perfezionamento dell’accordo, pur senza spiegare su quali punti); e nessuna offensiva. I ministri hanno comunque annunciato di aver dato ordine ai militari di prepararsi a un eventuale operazione militare in caso di fallimento dei negoziati. In realtà, come hanno spiegato fonti del governo, Olmert, per adesso, in considerazione della sua posizione di fragilità dopo lo scandalo Talansky (proprio ieri il premier, messo sotto pressione dagli alleati, ha dato il via libera alle primarie interne al suo partito, Kadima, che potrebbero svolgersi in settembre, sperando prima di allora di riuscire a scagionarsi dalle accuse di corruzione che gli costerebbero la poltrona), punterebbe a una tregua “informale”, che non comporti l’accettazione (politicamente pesante) della proposta egiziana, ma che gli consenta di riportare un po’ di calma nel sud di Israele, bersagliato dai Qassam palestinesi. Ci sarebbe poi, segnalava ieri Haaretz, anche una “terza opzione”, ovvero l’esercizio di una continua pressione su Hamas, pure con il ritorno agli omicidi mirati, fino a spingere la leadership del gruppo islamico ad accettare le condizioni di Israele. Ma è una soluzione lunga e rischiosa, e che, finora, non ha portato risultati. Il portavoce del gruppo islamico, Sami Abu Zuhri, ha bollato quello di Olmert come un «annuncio non serio, perché l’occupante continua le sue aggressioni quotidiane e pone condizioni che ostacolano ogni cessate il fuoco». Da qualunque parti la si guardi, il «sì» alla tregua tanto atteso (dai palestinesi come dai mediatori egiziani) resta un miraggio. E le due parti sono ferme sulle rispettive posizioni. Israele chiede che un accordo comprenda la fine degli attacchi, la fine del contrabbando di armi, e progressi sul caso di Gilad Shalit, il giovane caporale israeliano da due anni ostaggio nella Striscia. Hamas chiede la liberazione di 450 detenuti palestinesi. Ma se Israele continua a dire che i detenuti che accetta di scarcerare sono 70, quelli di Hamas ripetono che Shalit non viene rilasciato a causa delle rigidità israeliane.
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