Premetto innanzitutto che ricevo e leggo la vostra newsletter da tempo e, sia pure indirettamente, ci conosciamo, ragion per cui la mia non vuole essere ASSOLUTAMENTE una critica, nè una dissidenza, ma semplicemente un'osservazione di una persona malgrado tutto forse ancora troppo ignorante o disinformata. Mantengo però il vizio oscuro della lettura, e recentemente ho avuto tra le mani il lunghissimo, e, lo ammetto, trascinante romanzo di Jonathan Littel.
Ora, per quanto la drammaticità storica della trama, il punto di vista e la personalità complessa dell'io narrante e le scene spesso moralmente e fisicamente cruente, non l'ho trovato affatto antisemita, nè intriso di revisionismo.
E' un romanzo difficile da accettare, forse proprio per la nitidezza quasi allucinata degli eventi. Ma vale la pena di leggerlo.... Vedrete che Le Benevole, alla fine, non perdonano.
lettera firmata
http://lastanzadeilibri.blogspot.com/2007/01/le-benevole.html
Occorre distribuire le etichette di antisemita o di revisionista con oculatezza, così come nessun libro deve essere sottosposto a censura, di qualsiasi genere. sarà il giudizio dei lettori a contare. è indubbio che il libro di Littell contiene argomenti che contribuiscono a renderlo una lettura intrigante, ma questo non lo esime dalla critica. Il pezzo di Deborah Fait partiva, oltre che dal libro, dalla lunga intervista che Littell ha dato ad Haaretz, nella quale ha espresso chiaramente il suo pensiero, senza più il filtro narrativo del romanzo. nell'intervista si è capito bene come la pensa, ed i suoi pensieri, chiamiamoli così, ci consenta di definirli ripugnanti. Littell è abile, ha confezionato un best seller, ma questo non è sufficiente per definirlo una < decent person >. qualifica che non nulla a che vedere con i meriti letterari, ma che entra in gioco quando si esprime un giudizio non sullo scrittore ma sull'uomo. Che è e resta un mascalzone. come altri, anche grandissimi scrittori, valga un nome solo: Céline.
cordiali saluti.
IC redazione